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  • Lunedì 17 dicembre 2018

Il disegno come non lo avete mai visto

Come racconta la mostra al Museo del Novecento di Milano, che ne espone 100 provenienti dalla Collezione Ramo: colorati, tridimensionali e timbrati

Il disegno è solitamente considerato un’arte minore, grigia e un po’ noiosa rispetto alla pittura su tela e alla scultura: viene associato soprattutto ai bozzetti preparatori e agli studi alla base dei capolavori veri, le opere d’arte definitive e a colori. È un’idea stereotipata che nasce dalla scarsa valorizzazione di questa forma artistica a scuola, nei musei – dove qualche sparuta carta è relegata nelle teche agli angoli delle stanze – e dal mercato dell’arte che, a causa della povertà del materiale e della difficoltà nel conservarlo, ha favorito tecniche più redditizie.

In realtà il disegno non è per forza fatto di linee di grigia grafite: indica qualsiasi tecnica su carta e può quindi essere strabordante di colori, applicazioni e ritagli, oltre che tridimensionale. Non è necessariamente a servizio di altre opere ma può essere un’opera a sé, pensata per venire esposta; in altri casi, grazie alla rapidità dell’esecuzione e all’accessibilità della carta, i disegni sono i lavori più spontanei, immediati e anche divertenti dell’artista, che li faceva per sé e non per il pubblico e che rivelano moltissimo della sua evoluzione, del suo gusto, dei suoi dubbi e delle sue fantasie. Insomma, il disegno è qualcosa di molto più vasto e variegato di quello che immaginiamo abitualmente ed è fondamentale e onnipresente nella scena artistica del Novecento italiano. Raccontare questo mondo è l’obiettivo di una mostra ospitata a Milano al Museo del Novecento fino al 24 febbraio, e che si intitola Chi ha paura del disegno?

La mostra espone 106 degli oltre 600 disegni che compongono la Collezione Ramo, messa insieme dall’imprenditore milanese Giuseppe “Pino” Rabolini. Rabolini, morto lo scorso agosto, è stato un appassionato di disegno e ha dedicato gli ultimi anni della vita a raccogliere una collezione che ne testimoniasse l’importanza nell’Italia del Novecento. Mentre gli altri Paesi si sono ritrovati al centro del mondo dell’arte per periodi limitati di tempo – come per esempio la Spagna con Picasso e il cubismo o gli Stati Uniti con la Pop Art – l’Italia ha espresso, grazie al disegno, una produzione artistica di qualità altissima e costante. Questo perché è la prima e più importante materia che veniva insegnata agli artisti una volta entrati all’Accademia: in molti continuarono a praticarla una volta usciti, anche quando si erano specializzati in altre e più profittevoli espressioni artistiche.

Dal 2013 Rabolini si fece aiutare da Irina Zucca Alessandrelli, storica dell’arte con esperienza nei musei americani e collaboratrice di lunga data della pagina Arteconomy24 su Il Sole 24Ore, che univa le competenze artistiche con la conoscenza del mercato, dei suoi costi e dei suoi meccanismi. Rabolini e Zucca Alessandrelli stilarono una lista di 110 artisti rappresentativi del disegno italiano e si diedero l’obiettivo di acquisire almeno un’opera di ognuno: da allora Zucca Alessandrelli ha visitato aste, rintracciato nipoti e parenti degli artisti e contattato collezionisti privati, concentrandosi non solo sui periodi più rappresentativi di ogni artista ma anche su quelli giovanili o tardi, che ne mostrano l’evoluzione e i primi sviluppi. Ne è uscita una collezione strutturata come un piccolo museo con un intento divulgativo, indipendentemente dal gusto personale di Rabolini e dai valori di mercato, e focalizzato sull’importanza storica delle opere.

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Questa prima mostra, curata da Zucca Alessandrelli, vuole avvicinare le persone al mondo del disegno in modo diretto e anche giocoso, a partire dall’allestimento ideato da Annaluce Canali ed Enrico Camontelli: è fatto di pannelli fucsia, gialli e blu, tre colori primari che mescolati danno il grigio, il colore della grafite e della struttura metallica che li sostiene.

È organizzata in quattro sezioni tematiche, dove il criterio principale è l’associazione visiva: non è incentrato su determinati movimenti, ma invita il lettore a partire dal disegno, a osservarlo e trovare associazioni e interpretazioni personali. La sezione Astrattismi? per esempio raccoglie opere di Bruno Munari, artista poliedrico molto conosciuto anche per i libri per bambini; Manlio Rho, pittore di spicco dell’astrattismo; Alberto Burri, conosciuto per i suoi sacchi e cellotex, qui rappresentato da una combustione a spirale su carta, ed Enrico Castellani, noto per le sue tele tridimensionali, qui rappresentato da una carta a rilievo blu e gialla. In Figurazioni? si trovano due opere del futurista Umberto Boccioni, che ne mostrano l’evoluzione artistica in momenti diversi a partire dal volto di donna protagonista della locandina della mostra, definita da Rabolini “la Gioconda della Collezione”; quelle di Domenico Gnoli, eccellente disegnatore che sembra riprendere nelle sue chine la cinquecentesca modalità a reticolo; e un rarissimo disegno di Jannis Kounellis, pittore e scultore dell’Arte povera.

La terza parte, Parole + Immagini =?, è la più divertente e sorprendente, e mostra le tante forme che può assumere il disegno: c’è una cambiale di Vincenzo Agnetti, una pagina di giornale della Stampa ricalcata da Alighiero Boetti, un foglio ricoperto di timbri di Mirella Bentivoglio, una matrice per assegni, usati come certificati di autenticità e consegnati a mano ad amici e conoscenti da Piero Manzoni, e un libro ricamato da Maria Lai. L’ultima sezione è dedicata agli scultori, che in molti casi hanno portato avanti il disegno in parallelo con l’attività scultorea, realizzando opere indipendenti e originali: come per esempio Adolfo Wildt, Medardo Rosso e Fausto Melotti.

Lo spirito giocoso della mostra si ritrova anche nel video in stop motion e paper animation di Virgilio Villoresi dedicato alle sue opere preferite della Collezione Ramo.

La Collezione Ramo ha anche messo a disposizione delle scuole laboratori gratuiti di due ore, per visitare la mostra e provare a ricreare i disegni che sono piaciuti di più con gli strumenti messi a disposizione dal museo. Nei weekend i laboratori sono aperti anche alle famiglie e agli adulti.