La donna cristiana accusata di blasfemia in Pakistan non è stata rilasciata nonostante l’assoluzione

Una manifestazione di piazza contro Asia Bibi organizzata il 19 ottobre 2018 a Lahore, Pakistan (ARIF ALI/AFP/Getty Images)
Una manifestazione di piazza contro Asia Bibi organizzata il 19 ottobre 2018 a Lahore, Pakistan (ARIF ALI/AFP/Getty Images)

Asia Bibi, la donna cristiana accusata di blasfemia al centro di un caso di cronaca giudiziaria molto seguito, si trova ancora in carcere nonostante la sua condanna a morte sia stata annullata dalla Corte Suprema del Pakistan. Tecnicamente, Asia Bibi non è stata ancora liberata perché il carcere in cui si trova non ha ricevuto i documenti necessari dalla Corte Suprema, ma intanto la questione si è complicata. Dopo l’assoluzione, decisa mercoledì 31 ottobre, per tre giorni ci sono state grosse manifestazioni di protesta degli islamisti ultraconservatori. Venerdì il governo di Imran Khan ha dunque raggiunto un accordo molto controverso con i manifestanti: prevede il divieto per Asia Bibi di lasciare il paese e la non opposizione del governo alla richiesta di revisione dell’assoluzione stabilita dalla Corte Suprema.

Nel frattempo, l’avvocato della donna ha lasciato il Pakistan per salvaguardare la sua incolumità e il marito, in un videomessaggio, ha chiesto al presidente USA Donald Trump, alla prima ministra del Regno Unito Theresa May e al primo ministro canadese Justin Trudeau di «fare del loro meglio» per aiutarli. Wilson Chowdry, presidente dell’Associazione dei cristiani pakistani del Regno Unito, ha detto che se Asia Bibi lascerà il paese «ogni membro della sua famiglia, ogni persona a lei associata, sarà uccisa».

Nel 2010 Bibi era stata accusata di avere insultato il profeta Maometto durante un litigio con alcuni vicini di casa avvenuto l’anno precedente. Bibi ha sempre sostenuto la propria innocenza in questi otto anni, trascorsi per lo più in isolamento. Lo scorso mercoledì, i magistrati avevano deciso che Bibi poteva essere liberata subito dalla prigione di Sheikupura, nei pressi di Lahore, perché l’accusa aveva fallito nel dimostrare “oltre ogni ragionevole dubbio” la sua colpevolezza.