Il sindaco di Riace è stato arrestato

Domenico Lucano, elogiato da molti per il suo modello di accoglienza dei migranti, è agli arresti domiciliari per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina

Il sindaco di Riace Domenico Lucano,1 settembre 2018 (ANSA/CESARE ABBATE/)
Il sindaco di Riace Domenico Lucano,1 settembre 2018 (ANSA/CESARE ABBATE/)

Il sindaco di Riace Domenico Lucano, il cui modello di accoglienza dei migranti è stato spesso raccontato come un’eccezione positiva in Italia, è stato arrestato dalla Guardia di Finanza. Repubblica dice che le accuse contro Lucano sono favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e illeciti nell’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti. Per Lucano è stata emessa un’ordinanza di custodia cautelare dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Locri: il sindaco si trova dunque agli arresti domiciliari. Per la sua compagna, Tesfahun Lemlem, è stato invece stabilito il divieto di dimora. L’ordinanza di custodia non riguarda la gestione dei fondi dati al comune per la gestione dei richiedenti asilo, anche se l’indagine iniziale aveva quell’obiettivo.

L’operazione in cui Lucano è stato coinvolto si chiama “Xenia” e la misura cautelare, si dice nel comunicato stampa della procura della Repubblica del tribunale di Locri, «rappresenta l’epilogo di approfondite indagini (…) svolte in merito alla gestione dei finanziamenti erogati dal ministero dell’Interno e dalla prefettura di Reggio Calabria al comune di Riace per l’accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo politico». In corso di indagine è emerso che Lucano, si dice nel comunicato, avrebbe organizzato dei “matrimoni di convenienza” tra cittadini italiani e donne straniere per consentire la permanenza di queste ultime sul territorio: sono state infatti raccolte delle prove che hanno permesso di dimostrare come il sindaco e la compagna «avessero architettato degli espedienti criminosi, tanto semplici quanto efficaci, volti ad aggirare la disciplina prevista dalle norme nazionali per ottenere l’ingresso in Italia».

Nel comunicato si riportano anche alcune intercettazioni che coinvolgono Lucano. Il sindaco, si dice poi, avrebbe affidato direttamente e senza gara di appalto – come invece previsto dal Codice dei contratti pubblici – il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti di Riace a due cooperative sociali, Ecoriace e L’Aquilone, che non avrebbero però i requisiti di legge richiesti per fornire quel servizio.

Nell’ultima pagina del comunicato si fanno comunque delle precisazioni importanti: l’inchiesta della Guardia di Finanza aveva l’obiettivo di verificare l’utilizzo dei fondi dati al comune per la gestione dell’accoglienza e ha portato a scoprire «diffuse e gravi irregolarità» sulla gestione di questi soldi pubblici. Il GIP, dopo un anno d’indagine, ha però negato la sussistenza di quelle contestazioni contro Lucano «rilevando che, ferme restando le valutazioni espresse in ordine alla tutt’altro che trasparente gestione, da parte del Comune di Riace e dei vari enti attuatori, delle risorse erogate per l’esecuzione dei progetti SPRAR e CAS, ed acclarato quindi che tutti i protagonisti dell’attività investigativa conformavano i propri comportamenti ad estrema superficialità, il diffuso malcostume emerso nel corso delle indagini non si è tradotto in alcuna delle ipotesi delittuose ipotizzate». Il GIP non ha insomma emesso alcuna misura cautelare nei confronti di Lucano sulle contestazioni che hanno a che fare con l’utilizzo dei fondi per la gestione dell’accoglienza dei migranti.

Nel comunicato si dice infine che la Procura procederà nei prossimi giorni ad approfondire «ogni opportuno aspetto per presentare l’eventuale, apposito ricorso presso il Tribunale della Libertà di Reggio Calabria, fermo restando che dalle indagini è comunque emersa una pluralità di situazioni che, nell’immediatezza, impone la trasmissione degli atti alla Procura regionale della Corte dei Conti ai fini dell’accertamento del connesso danno erariale». Il tribunale della libertà, oggi chiamato tribunale del riesame, controlla la legittimità e il merito dei provvedimenti restrittivi della libertà personale.

L’esperienza di Riace, in Calabria, è stata raccontata negli scorsi mesi da diversi giornali internazionali e nazionali. A Riace, che era un paese ormai semideserto, nelle case abbandonate del centro oggi vivono stabilmente centinaia di rifugiati in una specie di sistema di accoglienza diffuso. Per avviare il progetto Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), ricorda il Sole 24 Ore, «sono stati utilizzati immobili abbandonati, costruiti tra agli anni ‘30 e ’60, recuperati con fondi dell’Unione europea e progetti della Regione Calabria». Attorno ai richiedenti sono nati anche posti di lavoro che hanno riqualificato il paese: botteghe artigiane e ristoranti hanno riaperto, sono stati avviati asili, scuole multilingue, orti biologici; le case sono state ristrutturate ed è stato rifatto, tra le altre cose, tutto l’impianto di illuminazione del paese.

Negli ultimi tempi però c’è stato uno scontro con il ministero degli Interni, che per due anni ha bloccato i finanziamenti destinati ai progetti di accoglienza di Riace sulla base di problemi rilevati dalla prefettura nella rendicontazione dei finanziamenti stessi, e quindi all’uso dei fondi dello Stato: alcuni giornali, mesi fa, hanno parlato di spese non giustificate, di rimborsi non chiari e di affidamenti diretti del sindaco a enti gestori senza gara pubblica. Circa un anno fa contro Lucano – che aveva iniziato uno sciopero della fame e che si era scontrato direttamente con l’attuale ministro dell’interno Matteo Salvini – era partita un’indagine della magistratura per «anomalie nel funzionamento del sistema». Lucano era stato iscritto nel registro degli indagati con le ipotesi di concussione e truffa: in quell’occasione, la procura gli contestava il sistema dei bonus e delle borse lavoro, due strumenti con cui a Riace si utilizzavano in modo diverso i 35 euro giornalieri concessi dallo Stato per la gestione dei richiedenti asilo. Sulla questione del blocco dei finanziamenti erano intervenuti vari personaggi pubblici, compreso Roberto Saviano che aveva chiesto che il modello Riace tornasse a essere sostenuto.

Alla fine di agosto Lucano aveva detto che le varie mobilitazioni erano andate a buon fine: «Pare che qualcuno al ministero dell’Interno si sia reso conto che non solo devono ripristinare i finanziamenti, ma anche restituire i crediti pregressi. Da Roma ci hanno detto che la situazione si sta normalizzando, perché i rilievi sulla rendicontazione dei finanziamenti, fatti dalla prefettura, si sono rivelati infondati. Il processo è in itinere, ma a quanto pare dovranno restituirci anche i fondi che nel 2017 ci hanno negato». Dal ministero degli Interni però avevano fatto sapere che il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione stava semplicemente valutando le note trasmesse dal sindaco, e che era «un passaggio necessario, dopo l’accertamento di molte, gravi e diffuse criticità per spese che non risulterebbero ammissibili».