L’Egitto ha condannato a morte 75 membri dei Fratelli Musulmani

In un processo definito "ridicolo" da alcuni osservatori internazionali, centinaia di persone sono state incolpate per le violenze di piazza dell'agosto 2013

(Tarek Wajeh/picture-alliance/dpa/AP Images)
(Tarek Wajeh/picture-alliance/dpa/AP Images)

Stamattina un tribunale egiziano ha condannato a morte 75 membri dei Fratelli Musulmani, un movimento islamista molto potente nel mondo arabo e che da cinque anni in Egitto è considerato fuorilegge. Tutti i 75 membri sono accusati di aver preso parte alle violenze del cosiddetto Massacro di piazza Rabi’a al Adawiyya, avvenuto il 14 agosto 2013, durante il quale le forze di sicurezza egiziane soppressero con la violenza le manifestazioni di solidarietà per l’ex presidente egiziano Mohamed Morsi, vicino ai Fratelli Musulmani, che era appena stato rimosso dal suo incarico. In tutto sono coinvolte nel processo 739 persone, la maggior parte delle quali manifestava a favore di Morsi.

Il tribunale egiziano ha attribuito parte della colpa delle violenze anche ai membri dei Fratelli Musulmani che si trovavano in piazza: le persone condannate sono accusate di vari reati, fra cui omicidio e «istigazione a infrangere la legge».

47 persone hanno ricevuto una sentenza di ergastolo, mentre 347 persone sono state condannate a 15 anni di carcere. Più di duecento, infine, hanno ricevuto condanne di pochi anni.

Diverse associazioni internazionali che si occupano di diritti umani hanno messo in dubbio la regolarità del processo. Secondo Nadia Bounaim, la responsabile della sezione nordafricana di Amnesty International, «il fatto che nessun poliziotto sia stato accusato di avere ucciso almeno una delle 900 persone durante quelle proteste mostra quanto sia ridicolo questo processo».