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  • Venerdì 7 settembre 2018

Perché si riparla della storia di J.D. Salinger e Joyce Maynard

Erano gli anni Settanta – lei 18 anni, lui 53 – e Salinger la invitò a trasferirsi da lui dopo aver letto un suo articolo

Joyce Maynard a San Francisco nel 1999
(Getty Images DAN CALLISTER Online USA Inc)
Joyce Maynard a San Francisco nel 1999 (Getty Images DAN CALLISTER Online USA Inc)

Negli Stati Uniti si è tornato a parlare di una storia che riguarda la vita privata dello scrittore J.D. Salinger, famoso soprattutto per Il giovane Holden. È una storia raccontata anche nel documentario su di lui girato da Shane Salerno e uscito nel 2013, ma è generalmente poco conosciuta. Se ne riparla per via della pubblicazione sul New York Times di un articolo firmato da Joyce Maynard, giornalista e scrittrice statunitense 64enne che da adolescente, negli anni Settanta, ebbe una storia con Salinger: all’epoca lei aveva 18 anni, lui 53.

Dopo aver fatto carriera come giornalista, Maynard raccontò la loro relazione in At Home in the World, uscito nel 1997. Fu molto criticata e accusata di aver sedotto e sfruttato un grande scrittore per far carriera. Sullo stesso New York Times l’opinionista Maureen Dowd la definì “una predatrice” e “una sanguisuga” e la paragonò a Monica Lewinsky, “la sanguisuga della generazione X”. L’accusa si alimentava anche con la vendita all’asta, voluta da Maynard, di 14 lettere che Salinger le aveva scritto tra il 1972 e il 1973.

L’inizio della storia di Maynard e Salinger sembra la sceneggiatura di un film romantico. Si conobbero nel 1972 grazie a un saggio di lei uscito sul New York Times Magazine, l’inserto domenicale del New York Times. Maynard, che viveva a Durham, in New Hampshire, era sempre stata brava a scrivere, a scuola aveva vinto cinque volte il premio letterario, collaborava regolarmente con la rivista per adolescenti Seventeen e nel 1971 si era iscritta all’università di Yale. Aveva anche inviato qualche testo al New York Times Magazine, che la contattò chiedendole di concentrarli in un articolo: uscì con il titolo “An 18-Year-Old Looks Back On Life” sul numero del 23 aprile del 1972. Era accompagnato da una sua foto in blue jeans, sorridente, coi capelli un po’ scompigliati e senza trucco.

Poco dopo ricevette una lettera scritta da Salinger –  Il giovane Holden era uscito nel 1951 e lui era uno scrittore affermato e venerato – che si complimentava per l’articolo e le offriva amicizia e consigli. Iniziarono a tenersi in contatto e dopo altre lettere e telefonate Salinger le chiese, stando al racconto di Maynard, «di lasciare l’università, andare a vivere con lui (avere figli, collaborare a opere teatrali che avremmo messo in scena insieme nel West End di Londra) ed essere (lo penso davvero) sua compagna per tutta la vita».

E così fece. Lasciò Yale, tagliò i ponti con gli amici e si trasferì – «con una valigia piena di minigonne e dischi che mi era proibito ascoltare» – nella casa di Salinger a Cornish, sempre in New Hampshire, dove scrisse il suo primo libro, il memoir Looking Back: A Chronicle of Growing Up Old in the Sixties. Sette mesi dopo, durante una gita insieme in California, Salinger «mi mise in mano 50 dollari e mi disse di tornare in New Hampshire, portare via tutte le mie cose da casa sua e scomparire».

La copertina di At Home in the World, nell’edizione ristampata nel 2013

Maynard comprò una casa a Hillsborough, sempre in New Hampshire, e nel 1973 riuscì a pubblicare il libro che aveva scritto stando da Salinger. Due anni dopo entrò nella redazione del New York Times, che lasciò nel 1977 per sposarsi; continuò a scrivere per giornali e riviste e si fece conoscere per la rubrica “Domestic Affairs” dedicata alla vita in famiglia, al matrimonio e ai rapporti tra padri e figli. Ebbe tre figli e poi divorziò, nel 1989. Non parlò quasi mai della sua storia con Salinger, nemmeno con suo marito.

Quando sua figlia raggiunse la stessa età che aveva lei quando conobbe Salinger, si mise a leggere le lettere che le aveva mandato: si rese conto di quanto fosse piccola e ingenua e immaginò che accadesse la stessa cosa a sua figlia. Per questo, dice, decise di parlarne. Da allora ha sopportato non solo le critiche ma anche il fatto di essere continuamente associata a Salinger e presentata come la sua “fidanzatina adolescente”. Quando presenta un libro, per esempio, c’è sempre qualcuno che finisce per farle una domanda su di lui e su suoi eventuali manoscritti perduti e zeppi di inediti.

Maynard ha deciso di raccontare di nuovo la sua storia sul New York Times visto il nuovo clima favorevole creato dal movimento #metoo, augurandosi che la sua storia venga vista sotto una nuova luce. Se è impossibile, come lo è per qualsiasi rapporto, distribuire in modo cristallino e definitivo torti e ragioni, sentimenti e opportunismi, è innegabile che il modo in cui venne accolto il suo libro fu impietoso e completamente schierato nel dipingere un’adolescente come un’approfittatrice, senza tener conto delle responsabilità di «un uomo potente e più vecchio», come lo ha definito oggi lei.

Maynard ha scritto anche delle numerose lettere ricevute dopo l’uscita del libro: quelle delle donne di qualsiasi età che avevano avuto un’esperienza simile alla sua, e quelle di sue coetanee che «tanto tempo fa avevano ricevuto, a circa 18 anni, una lettera affascinante, magica addirittura, scritta in una voce che ricordava quella di Holden Caulfield, ma firmata con un nome più familiare e con parole che avrei potuto recitare a memoria, da quanto le conoscevo bene. Almeno una di loro si scriveva con Salinger esattamente nell’inverno in cui io vivevo con lui, e facevo così tanta attenzione a non disturbarlo mentre scriveva».