Salvini non è colpa di Salvini

Ma di alleati politici, magistrati e giornali che non gli vanno contro perché temono di perdere qualcosa, scrive Luigi Ferrarella

(BARBARA GINDL/AFP/Getty Images)
(BARBARA GINDL/AFP/Getty Images)

Sul Corriere della Sera di oggi, Luigi Ferrarella ha scritto un duro articolo contro quelli che ritiene responsabili di non opporsi a sufficienza al ministro dell’Interno Matteo Salvini, diventato in breve tempo il membro più incisivo e popolare del governo Conte a fronte di spregiudicatezza e forzature soprattutto sui migranti. Ferrarella spiega che molti di quelli che stanno intorno a Salvini – fra alleati politici, magistrati e giornalisti – sono restii a criticarlo perché temono di perdere qualcosa: chi i voti e il consenso e chi i lettori, per esempio.

Il Consiglio dei ministri sostituito da un solo politico che su Facebook ne sequestra le determinazioni, persone private della libertà senza base legale e soltanto su imposizione di un vicepremier anche ai suoi gregari alleati, e «strappi» istituzionali continuamente allargati a forza di scavalcare il premier, sbeffeggiare il presidente della Camera, sfidare il capo dello Stato, minacciare i magistrati, insultare gli avversari: il problema ormai non è più Matteo Salvini, è chi non tira una riga sotto le ribalderie del ministro dell’Interno.

E anzi poco manca che cortesemente gli chieda pure il permesso di «almeno» respirare dopo averlo in questi giorni già sommessamente pregato di far sbarcare dalla nave Diciotti «almeno» i minorenni e i malati, cautamente invitato a fare altrettanto «almeno» con le donne violentate nei centri libici e con gli eritrei palesi profughi di guerra, e possibilmente invitato «almeno» a considerare le persone come tali anziché come strumenti di pressione sull’Europa inadempiente e egoista.

A non arrestare lo slabbramento delle regole lungo progressivi slittamenti è questa illusione della «riduzione del danno»: praticata molto per quieto vivere di fronte al carro dei vincitori, e un po’ per succube timore di un boomerang che accresca i consensi al preventivo vittimismo del Viminale.

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