Nei porti italiani Salvini non vuole nemmeno le navi militari

Ha detto che anche le navi militari impegnate in missioni internazionali devono smettere di portare migranti in Italia: il ministero della Difesa però dice che non sono affari suoi

(AP Photo/Emilio Morenatti)
(AP Photo/Emilio Morenatti)

Domenica il ministro dell’Interno Matteo Salvini e il ministero della Difesa si sono scontrati sul futuro delle missioni militari internazionali nel Mediterraneo. Salvini ha detto che, dopo aver fermato le navi delle ONG, ora bisogna «bloccare in Italia l’arrivo delle navi militari internazionali che partecipano alle operazioni di pattugliamento nel Mediterraneo». Proprio domenica una nave militare irlandese, che partecipa alla missione europea Sophia, ha portato a Messina 106 migranti salvati a largo delle coste di Malta. Il ministero della Difesa – guidato da Elisabetta Trenta, indicata dal Movimento 5 Stelle – gli ha risposto con una nota in cui ricorda che le missioni militari non sono di competenza del ministero dell’Interno, e che in ogni caso è una questione seria che va «coordinata» a livello governativo «altrimenti l’Italia non ottiene nulla oltre qualche titolo sui giornali».

Nel pomeriggio di domenica è intervenuto sul caso anche il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, anche lui del Movimento 5 Stelle: «Abbiamo accolto a Messina 106 migranti salvati da nave Eunavformed. Ce lo impone folle accordo europeo Sophia con cui Renzi ha svenduto interessi Italia. Rispettiamo la regola, ma ora va cambiata. Quello migratorio non può più essere solo un problema italiano, sennò rischia la Ue». L’intervento di Toninelli ha in parte messo a tacere l’ennesimo scontro all’interno del governo causato dall’attivismo del ministro dell’Interno Salvini: ma non è detto che l’incidente si sia concluso.

Giovedì, infatti, Salvini è atteso a Innsbruck per la riunione dei ministri dell’Interno europei, dove ha già in agenda diverse questioni da affrontare. In particolare, dovrà trattare con i ministri dell’Interno di Germania e Austria, i cui paesi potrebbero aumentare i controlli alle frontiere causando un effetto domino che può arrivare fino al passo del Brennero, al confine tra Austria e Italia. Se, come Salvini ha annunciato domenica, tra gli argomenti trattati introdurrà anche quello delle missioni militari nel Mediterraneo, in Italia lo aspetteranno probabilmente nuovi scontri interni al governo.

La missione Sophia, infatti, non solo non è di competenza del ministero dell’Interno, ma è anche una ragione di orgoglio per le forze militari italiane, come ha puntualizzato il comunicato diffuso dal ministero domenica. A questo proposito, il Corriere della Sera ha ricordato: «Al momento di [varare l’operazione Sophia], il nostro Paese ha posto come condizione quella di ottenerne la guida poiché si tratta di un’operazione strategica per il controllo del Mediterraneo, ma anche perché consente di trattare in sede Onu e Nato tutto ciò che avviene in questo spazio di mare, compreso il monitoraggio dei traffici illeciti di petrolio. Dunque, un ruolo di prestigio che adesso potrebbe essere perso, se davvero il governo guidato dal presidente Giuseppe Conte deciderà di chiamarsi fuori come è stato annunciato dal titolare del Viminale Matteo Salvini».

Il comandante della missione è un italiano, l’ammiraglio Enrico Credendino, così come sono italiani uno dei due vice-comandanti e la nave ammiraglia dell’operazione, la San Giorgio. Di fatto, Sophia è una vasta operazione europea, ma coordinata da militari italiani. Nel corso degli anni 26 paesi dell’Unione hanno inviato navi o altro materiale: tutti tranne Danimarca e Slovacchia. Gli scopi ufficiali dell’operazione sono addestramento della guardia costiera libica, lotta al traffico di migranti e di petrolio dalla Libia e mantenimento dell’embargo di armi al paese.

Nonostante i salvataggi in mare non siano un obiettivo della missione, le navi militari si sono spesso trovate nel Mediterraneo centrale, lungo la rotta percorsa dai barconi dei trafficanti e dalle navi delle ONG e mercantili che hanno effettuato operazioni di salvataggio. Per questa ragione, spesso, le navi dell’operazione Sophia tornano nei porti italiani con decine di migranti a bordo, come è avvenuto domenica. Non è quello però il ruolo principale svolto dalle unità militari di Sophia: secondo gli ultimi dati disponibili, solo il dieci per cento di tutti i migranti soccorsi è stato aiutato da navi dell’operazione Sophia, e di questo dieci per cento solo una minima parte è stato soccorso da navi non italiane (nei primi sei mesi del 2017, le navi militari straniere di Sophia soccorsero appena 770 migranti su 91 mila).

Secondo Salvini è proprio questa conseguenza non voluta della missione, per quanto trascurabile, che andrebbe ridiscussa. Gli accordi che hanno portato all’implementazione di Sophia, così come quelli che hanno permesso di realizzare Themis, l’altra operazione in corso nel Mediterraneo che invece è organizzata da FRONTEX e ha il compito di proteggere le frontiere marittime di Italia e altri paesi mediterranei, prevedono che i migranti salvati vengano portati nei porti italiani; una concessione a cui, secondo Salvini, i governi del passato si sarebbero dovuti opporre e che lui ha promesso di ridiscutere (ricordate la storia degli “80 euro in cambio dei migranti“?). Non è chiaro al momento cosa accadrebbe se venissero messe in discussione le basi delle operazioni militari congiunte nel Mediterraneo, ma sembra probabile che, se tra le condizioni venisse posta quella di portare nei propri porti i migranti salvati di fronte all’Italia, non sarebbero più così numerosi i paesi disposti a partecipare all’operazione.