Quante persone servono per cambiare il mondo (più o meno)

Un recente studio pubblicato su "Science" dice che basta il 25 per cento dei membri di un gruppo per far cambiare idea agli altri: decidete voi se è confortante o spaventoso

(LOUISA GOULIAMAKI/AFP/Getty Images)
(LOUISA GOULIAMAKI/AFP/Getty Images)

L’8 giugno è stato pubblicato su Science uno studio che ha provato a capire quante persone servono per far sì che una nuova convenzione sociale prenda piede in un determinato gruppo. Il risultato è che se il 25 per cento dei membri di un gruppo ha un’idea, quell’idea può diventare di tutti o quasi tutti. Il titolo della ricerca è “Experimental evidence for tipping points in social convention” ed è stata fatta da professori e ricercatori della University of London e dell’università della Pennsylvania.

hanno preso 194 persone e hanno creato 10 gruppi online in cui farle interagire. I gruppi erano composti da un numero di persone compreso tra 20 e 30 (c’erano dei collaboratori oltre ai volontari) e ogni gruppo aveva un obiettivo: guardare la foto di un oggetto e concordare quale fosse il giusto nome per quell’oggetto. Per arrivare a trovare il nome che mettesse tutti d’accordo i membri del gruppo interagivano a coppie: un utente parlava con un altro, che a sua volta avrebbe poi parlato con un altro ancora (e così via). In caso di uguali risposte tra i membri di uno stesso gruppo era prevista una piccola ricompensa in denaro.

Dopo aver ripetuto la cosa un po’ di volte, notando che i partecipanti non ci mettevano molto a accordarsi su un certo nome, i ricercatori hanno introdotto nel gruppo dei nuovi membri, dei “complici”. Persone che avevano l’unico obiettivo di impegnarsi affinché il nome deciso dal gruppo fosse sostituito con un altro. Da qui è arrivato il risultato: se i complici erano meno del 25 per cento dei membri del gruppo, il nome non cambiava; se i complici componevano almeno il 25 per cento del gruppo, riuscivano a imporre quello che volevano.

L’esperimento è stato pensato e organizzato da Damon Centola, professore dell’università di Pennsylvania. Ha spiegato a Scientific American che è stato strano notare come fino a quando i “complici” erano meno del 24 per cento dei membri di un gruppo non c’era nessuna percezione del fatto che una nuova idea si potesse imporre e che il 25 per cento è “il punto di non ritorno“.

Centola ha ammesso che lo studio non tiene conto di molte variabili, la prima delle quali è ovviamente la consistenza e l’importanza dell’idea o della convenzione da sovvertire. Ha però stimato, in base a un modello matematico, che il 25 per cento possa essere il “punto di non ritorno” anche nel caso di gruppi di 100mila persone. Ha anche aggiunto che secondo lui i luoghi di lavoro sono quelli in cui è più semplice che un 25 per cento unito imponga il cambiamento, perché negli uffici «le persone pasano la maggior parte del loro tempo cercando di coordinarsi, e si tende a fare quello che fanno gli altri per mostrarsi parte di un gruppo». L’altro luogo in cui il 25 per cento può essere particolarmente efficace è internet, ha detto Centola, secondo cui lo studio può contribuire a cambiare quello che definisce l’approccio economico al cambiamento sociale, basato cioè sull’idea che la percentuale necessaria per il cambiamento sia il 51 per cento.