Sono arrivati i risultati finali delle elezioni in Iraq: la coalizione vincente di Muqtada al Sadr ha ottenuto 54 seggi

Moqtada al Sadr, durante una conferenza stampa a Najaf, nel sud dell'Iraq il 30 giugno. (AP Photo/Karim Kadim)
Moqtada al Sadr, durante una conferenza stampa a Najaf, nel sud dell'Iraq il 30 giugno. (AP Photo/Karim Kadim)

Poco meno di una settimana dopo il voto, sono arrivati i risultati finali delle elezioni politiche tenute in Iraq domenica scorsa: la coalizione guidata dal controverso religioso sciita Muqtada al Sadr, vincitrice delle elezioni, ha ottenuto 54 seggi nel nuovo parlamento. Che Sadr avesse vinto le elezioni lo si sapeva da diversi giorni, ma non si sapeva quanti seggi avesse ottenuto la sua coalizione, formata da musulmani sciiti, comunisti laici e attivisti anti-corruzione.

La seconda forza politica è la coalizione sciita Fatah, guidata da Hadi al Amiri, leader di una potente milizia legata all’Iran che ha preso parte alla guerra contro lo Stato Islamico. Fatah ha ottenuto 47 seggi. Nasr, la coalizione del primo ministro uscente Haidar al Abadi, schierata sia con gli americani che con l’Iran, è arrivata terza con 42 seggi. Più staccate ci sono Dawlat al Qanun, guidata dall’ex primo ministro iracheno Nuri al Maliki, che ha ottenuto 26 seggi, e il Partito Democratico del Kurdistan, che ne ha ottenuti 25.

Sadr è comunque molto lontano dalla maggioranza, visto che il parlamento iracheno ha 329 seggi. Le trattative per formare un nuovo governo, che dovrà necessariamente essere sostenuto da un’alleanza di forze diverse, dovranno essere completate entro 90 giorni. Nonostante lo scarso risultato, si parla di Abadi come possibile nome in grado di ottenere sufficienti consensi.

Sadr non potrà diventare nuovo primo ministro dell’Iraq, visto che non era formalmente candidato, ma potrà avere un ruolo importante nell’indicare un nome. È considerato una avversario degli Stati Uniti, anche se non è chiaro cosa deciderà per le forze americane ancora impiegate in Iraq: nonostante abbia più volte parlato della necessità di liberarsi delle influenze esterne, i suoi discorsi sulla presenza degli Stati Uniti sono stati spesso piuttosto vaghi e mai direttamente favorevoli a un ritiro completo delle truppe americane.