È tornata la vecchia storia della multa alle slot machine

Cosa c'è di vero – poco – nei video che sono tornati a circolare su Facebook su una presunta multa mai pagata da 98 miliardi di euro

(Britta Pedersen/dpa)
(Britta Pedersen/dpa)

Negli ultimi mesi è tornata a circolare una vecchia storia falsa che risale a cinque anni fa, secondo cui il governo avrebbe fatto uno sconto alle società del gioco d’azzardo, a cui sarebbe stata comminata una gigantesca multa. Secondo chi ha fatto circolare di nuovo la notizia, che in genere oggi si trova su Facebook sotto forma di un breve testo e uno spezzone video di qualche tempo fa, il governo (non è chiaro quale) avrebbe condonato gran parte di una multa da 98 miliardi ricevuta dalle società concessionarie di slot machine. In genere la notizia è accompagnata anche da avvisi come “che bisogno c’è di pagare la tassa x, se quei soldi potevano prenderli dalle slot machine”. Ovviamente le cose non stanno così.

Questa storia comincia nel 2004, quando il governo di Silvio Berlusconi approvò un’ulteriore liberalizzazione del settore del gioco d’azzardo, permettendo la diffusione di un nuovo tipo di slot machine. Per assicurare la regolarità delle giocate e per misurare con precisione il volume d’affari su cui i concessionari di slot avrebbero dovuto pagare le tasse, era previsto che ognuna di queste macchine fosse collegata alla centrale della società di controllo SoGei. Dieci società che si occupano di gioco d’azzardo decisero di entrare nel settore, acquistando e installando slot machine in tutto il paese: per i primi due anni di attività, tra il 2005 e il 2007, nessuna slot machine venne però collegata alla rete.

Le slot non trasmettevano dati a SoGei e quindi, nel disinteresse generale delle autorità di controllo e del governo, le società che le possedevano si limitavano a pagare imposte forfettarie, visto che – con le macchinette scollegate dalla rete – il fisco non poteva sapere quanto denaro circolasse attraverso le slot. La giustificazione adottata ufficialmente era che lo scollegamento si doveva a cause di “forza maggiore”. Nel 2007 la Corte di Conti incaricò la Guardia di finanza di indagare sulla questione e il problema venne fuori. Dopo la sua indagine, la Guardia di finanza stilò un rapporto in cui concludeva che non c’era alcuna causa di “forza maggiore” a impedire il collegamento e che quindi, a norma di legge, le dieci società concessionarie avrebbero dovuto pagare per ogni slot machine la multa prevista dal contratto in caso di scollegamento dalla rete: oltre a una cifra forfait, la multa prevedeva 50 euro per ogni slot machine per ogni ora di mancato collegamento alla rete. Il totale complessivo della multa avrebbe dovuto essere quindi di 98 miliardi: più o meno l’intero fatturato del settore accumulato in due anni.

Le società del gioco d’azzardo, però, non sono mai state condannate a versare questa cifra. La Corte dei Conti, infatti, ha rilevato nella sua sentenza del 2012 che il problema era molto più ampio di come appariva: le slot machine non erano state semplicemente scollegate dalla rete per ottenere guadagni in nero. L’intero sistema di controlli aveva fallito e per ben due anni tutte le autorità preposte avevano ignorato la situazione, permettendo alle società del gioco d’azzardo di operare le loro slot machine scollegate e senza compiere alcun intervento. Per questo motivo, dopo una lunghissima battaglia legale, nel 2012 la Corte ha stabilito che le società erano tenute soltanto a risarcire circa 2,5 miliardi di euro, cioè l’ammontare delle imposte non pagate nel periodo di scollegamento calcolato per difetto (come ammesso dalla stessa Corte).

In altre parole, non sono stati i governi a fare sconti sulla multa da 98 miliardi. Sono stati gli stessi giudici, in completa autonomia, a decidere di utilizzare criteri differenti per stabilire l’entità del danno, soprattutto perché nella vicenda ci sono grandi responsabilità delle autorità di controllo che per ben due anni hanno accettato una situazione chiaramente irregolare e di cui erano perfettamente a conoscenza (nella sentenza vengono infatti condannati anche dei dirigenti delle autorità di controllo).

L’intervento dei governi è arrivato solo successivamente. Nel 2013 il governo Letta si trovava sotto una forte pressione da parte dei partiti della sua maggioranza e dell’opinione pubblica per eliminare almeno parzialmente l’imposta sulla prima casa, l’IMU, una misura che produceva un gettito fino a 4 miliardi di euro l’anno. Per trovare il denaro sufficiente il governo utilizzò diverse misure di emergenza, tra cui un’offerta alle società del gioco d’azzardo: uno sconto del 75 per cento sull’importo da pagare comminato dalla Corte dei Conti in cambio del pagamento immediato e della rinuncia a ulteriori azioni legali. La cifra da pagare, quindi, sarebbe scesa da 2,5 miliardi di euro a poco meno di 700 milioni. Come ricorda Fanpage, che ha ricostruito tutta la vicenda, soltanto sei concessionari su 10 avevano accettato l’offerta. Le altre quattro evidentemente non l’avevano ritenuta così conveniente e sono ancora in attesa dell’appello.

La storia quindi ha un fondo di verità, ma viene riportata in maniera completamente sbagliata. Le società del gioco d’azzardo non sono mai state condannate a pagare 98 miliardi, una cifra che peraltro non sarebbero mai state in grado di pagare: l’intero fatturato annuale del settore è inferiore ai 60 miliardi. Gli stessi giudici hanno condannato le società a pagare 2,5 miliardi e il governo Letta, per abolire l’IMU, ha offerto loro uno sconto in cambio del pagamento immediato della sanzione.

Questa storia falsa rischia di togliere spazio al vero problema del gioco d’azzardo nel nostro paese: un settore diventato oramai enorme e con un elevato costo sociale. Ci sono più di 400 mila slot machine nel nostro paese, cioè circa una ogni 155 abitanti, contro una ogni 261 abitanti in Germania e una ogni 372 negli Stati Uniti. Lo Stato guadagna dal gioco d’azzardo circa 4 miliardi di euro l’anno e per questo è difficile intervenire per limitarlo. Questo denaro, però, è una specie di tassa regressiva che colpisce i più poveri e i meno istruiti, cioè quelli che sono più inclini al gioco d’azzardo, che può anche causare l’insorgere di vere e proprie patologie, come la ludopatia. Nel corso del 2016 il governo Renzi elaborò una proposta di legge per ridurre il numero di slot machine in circolazione, ma il progetto alla fine fu abbandonato.