C’è stata una grande truffa contro Spotify?

Un'inchiesta sostiene che delle persone in Bulgaria potrebbero aver guadagnato 1 milione di dollari con delle playlist finte, senza violare nessuna legge

(JONATHAN NACKSTRAND/AFP/Getty Images)
(JONATHAN NACKSTRAND/AFP/Getty Images)

Una documentata inchiesta del sito Music Business Worldwide, specializzato in notizie sull’industria discografica, ha ipotizzato che una truffa messa in piedi da una o più persone in Bulgaria abbia prodotto guadagni fino a un milione di dollari sulla piattaforma di streaming Spotify, utilizzando delle playlist finte e forse senza infrangere alcuna legge né regolamento del servizio.

Music Business Worldwide dice di aver raccolto informazioni e prove tra diverse fonti a conoscenza del caso, e in particolare un dirigente di un’etichetta discografica che ha scoperto il caso nel settembre del 2017. Due diverse playlist, chiamate “Soulful Music” e “Music From The Heart”, sono arrivate lo scorso 23 settembre tra le prime posizioni delle classifiche delle playlist nel mondo e negli Stati Uniti: la prima al 35esimo posto in quelle globali, e all’11esimo tra quelle statunitensi; la seconda all’84esimo e al 22esimo. La classifica della popolarità delle playlist non è pubblica, ma è diffusa settimanalmente da Spotify agli addetti ai lavori: Music Business Worldwide dice di aver visto queste classifiche, che confermano il posizionamento delle due playlist. Entrambe contenevano codici identificativi che le riconducevano allo stesso autore, in Bulgaria, che con ogni probabilità deteneva i diritti d’autore sulle canzoni.

Le due playlist erano di quelle messe insieme da “terze parti”, e cioè non direttamente da Spotify ma da qualche altro individuo o società. Nel mondo dei servizi di streaming, per le etichette discografiche è molto importante e redditizio – relativamente ai risicati guadagni consentiti dagli streaming – posizionare i propri artisti nelle playlist più popolari, che sono uno dei mezzi principali con cui gli ascoltatori riproducono le canzoni. Le etichette non hanno il controllo sulle playlist di Spotify o su quelle di altre persone, anche se hanno molti modi per “spingere” i propri artisti: ma proprio per garantirsi più riproduzioni possibili confezionano settimanalmente playlist con le proprie canzoni. “Soulful Music” e “Music From The Heart” sono arrivate in quella settimana di settembre più in alto di tutte le playlist compilate dalle principali case discografiche.

Ma entrambe le playlist contenevano canzoni di artisti sui quali esistono poche o nessuna informazioni su internet. Per di più, la maggior parte delle canzoni delle due playlist superavano di poco i 30 secondi, che sono la soglia minima per la quale Spotify considera una canzone “ascoltata”, e per le quali viene quindi corrisposta una piccola percentuale alle etichette: non ci sono cifre ufficiali, ma le stime parlano di circa 0,004 dollari per riproduzione. “Soulful Music”, quella su cui si è concentrata l’analisi di Music Business Worldwide, era composta da 467 canzoni, molte di più di quelle delle playlist che normalmente diventano popolari, e allora era seguita soltanto da 1.797 persone, molte meno delle altre.

Uno screenshot della playlist, ottenuto da Music Business Worldwide. (Music Business Worldwide)

Una fonte di Music Business Worldwide ha detto che dai dati sugli ascolti di Spotify risulta che ogni canzone della playlist fosse ascoltata in media da 1.200 persone ogni mese. Anche in questo caso, si parla di numeri molto bassi, che possono spiegare il successo della playlist nelle classifiche soltanto in un modo, dice Music Business Worldwide: una o più persone in Bulgaria hanno creato circa 1.200 account fasulli di Spotify per riprodurre di continuo quelle centinaia di canzoni. Quegli account, per fare sì che la playlist finisse così in alto in classifica, dovevano necessariamente essere a pagamento, dice Music Business Worldwide: significa che per l’operazione sono stati spesi circa 12mila dollari al mese, visto che l’abbonamento mensile a Spotify costa 9,99 dollari (anche se ci sono sconti, tipo per gli account condivisi in famiglia). Deve aver richiesto anche molto tempo, visto che servono 1.200 account email diversi.

La durata media delle canzoni di “Soulful Music” era di 43 secondi, anche se le prime della playlist erano più lunghe, probabilmente per mascherare la durata delle altre. Facendo i conti, Music Business Worldwide ha calcolato che ognuno dei 1.200 account poteva riprodurre circa 60.000 canzoni al mese, per un totale di 72 milioni di riproduzioni. Nel caso in cui chi ha organizzato la truffa abbia usato un bot per passare da una canzone all’altra dopo 30 secondi, gli ascolti totali salirebbero a 103 milioni. Che moltiplicati per gli 0,004 dollari per riproduzione, equivalgono a un guadagno mensile di circa 415mila dollari. Ma di playlist ce n’era almeno un’altra, per quanto ne sappiamo, con numeri e risultati simili.

Dopo il successo raggiunto a settembre dalle due playlist, un dirigente di un’etichetta ha segnalato l’anomalia a Spotify, che ha rimosso la maggior parte delle canzoni delle playlist a ottobre. Oggi la playlist esiste ancora, anche se non ha più raggiunto i vertici delle classifiche e contiene molte meno canzoni. Il sistema andava avanti da circa 4 mesi, ha detto una fonte a Music Business Worldwide, che per questo ha calcolato che il ricavo totale deve essere stato superiore al milione di dollari.

Music Business Worldwide è stata cauta nel definire “truffa” l’operazione, perché teoricamente non violava nessun regolamento di Spotify. Un dirigente di un’etichetta ha però commentato il caso dicendo che quei soldi facevano parte di un totale che Spotify corrisponde alle etichette, e che sono andati a una o più persone che non lavorano davvero nella musica. E potrebbero esserci altri casi di cui non sappiamo niente. Spotify ha commentato il caso molto genericamente, dopo una richiesta di Music Business Worldwide, dicendo che prende seriamente le accuse di truffa sulla sua piattaforma.