Forse volete sapere chi è questo Sfera Ebbasta

Forse lo avete visto su dei cartelloni giganti, o avete sentito del suo gran successo tra gli adolescenti: siamo qui per aiutarvi

Lo scorso 19 gennaio è uscito Rockstar, l’ultimo disco di Sfera Ebbasta, rapper milanese di 25 anni che da un po’ più di un anno ha uno di quei successi tipici dei fenomeni nati su internet: tanto onnipresente e celebre in alcune bolle, prima fra tutti quella degli adolescenti, tanto sconosciuto a moltissime altre. Chi appartiene a queste ultime potrebbe essersi chiesto in questi giorni chi sia quel tipo pieno di tatuaggi, gli incisivi placcati d’oro e i capelli rossi che è comparso su enormi cartelloni nella metropolitana di Milano. Probabilmente è arrivato il momento di scoprirlo: nelle prime 24 ore di uscita le canzoni di Rockstar hanno messo insieme oltre 8 milioni di ascolti in streaming; due sono finite nella Top 100 della classifica globale di Spotify, una cosa che non era ancora successa a nessun artista italiano.

Sfera Ebbasta, insieme a Ghali, è il più importante e seguito cantante italiano di trap, quel genere di rap nato ad Atlanta negli anni Novanta e che da qualche anno è diventato un fenomeno ascoltato da milioni di persone e popolare soprattutto tra gli adolescenti in tutto il mondo. A differenza di quanto accaduto a molte altre tendenze musicali americane, la trap è stata importata in Italia con gran successo ed è diventata nel giro di poco tempo – si potrebbe dire tra il 2016 e il 2017 – uno dei generi più ascoltati, ma forse il più ascoltato, dagli adolescenti.

Chi è Sfera Ebbasta
Sfera Ebbasta si chiama Gionata Boschetti ed è originario di Cinisello Balsamo, a nord di Milano. Cominciò a pubblicare i suoi video su YouTube nel 2011 ma si fece notare soltanto più tardi, quando iniziò la sua collaborazione con Charlie Charles, un altrettanto giovane produttore che è diventato negli ultimi anni una delle persone più importanti e di successo nel rap italiano.

Il primo disco in studio di Sfera Ebbasta uscì nel 2015 e si chiamava XDVR: si fece notare nel giro di appassionati e dai critici più attenti, ma allora la trap italiana era agli inizi ed ebbe un successo più contenuto. Le cose cominciarono a cambiare con Sfera Ebbasta, il suo disco del 2016, che fu distribuito da Universal (e quindi da una major, una casa discografica grossa). Sfera Ebbasta iniziò ad andare in televisione e in radio, a fare un tour in Italia e il disco diventò d’oro, cioè vendette più di 25mila copie (in realtà, nel suo caso come in molti altri, contano soprattutto gli ascolti in streaming). Nel 2017 ha collaborato con Gué Pequeno, uno dei più affermati rapper italiani, per la canzone “Lamborghini”, e ha fatto uscire i singoli “Dexter” e “Tran Tran”, che hanno anticipato Rockstar, il suo nuovo disco.

Guida minima alla trap
Per capire Sfera Ebbasta bisogna dire qualcosa sulla trap. Originariamente, negli anni Novanta, era un termine che indicava soprattutto un’area semantica, più che un genere musicale: trap house era infatti il modo in cui si chiamavano le case di spaccio nei sobborghi di Atlanta, in Georgia. Il termine trap all’inizio indicava in generale canzoni rap che nascevano e parlavano di quei luoghi e di quel mondo. Con il tempo, negli anni Duemila, cominciò a essere associato con dei suoni particolari e con uno stile musicale: quel rap che faceva un ampio uso di Autotune (il programma per processare digitalmente la voce), di ritmiche caratterizzate da bassi molto potenti e dal suono del charleston della batteria, spesso eseguite sulla drum machine Roland TR-808, che in passato aveva già definito il suono degli anni Ottanta.

Negli anni più recenti, la trap si è mischiata sempre di più al pop e alla musica elettronica, ed è diventata il sottogenere di rap più popolare di tutti, grazie ad artisti come Young Jeezy e Gucci Mane (prima), e Young Thug, i Migos e Lil Uzi Vert poi. Oggi è un fenomeno talmente di massa che influenza anche rapper famosissimi e che si sono affermati prima, da Drake a Kanye West. Quavo, uno dei Migos, ha peraltro collaborato al disco di Sfera Ebbasta, nella canzone “Cupido”.

Oltre a essere molto riconoscibile dal punto di vista musicale, e da frasi ricorrenti come “skrrrr”, la trap si è definita in modo piuttosto preciso anche per i testi e per l’estetica a essa associati, che sono spesso comuni tra quella americana e quella italiana. Alla base ci sono infatti i temi della droga, delle donne, dell’ostentazione del successo e della ricchezza: che sono molto simili a quelli del rap delle origini, che a partire dalla metà degli anni Duemila erano stati sostituiti da altri più elaborati e complessi. Ma a differenza del gangsta rap, quello degli anni Novanta, di Tupac, N.W.A. e 50 Cent, una rilevante fetta di trap contemporanea ha reinterpretato questi temi in chiave spesso ironica: all’aggressività si è sostituita una certa spensieratezza cazzara. Se una volta quei temi rispecchiavano i contesti sociali dai quali provenivano i rapper che li cantavano, oggi hanno perso in buona parte il carattere di denuncia sociale.

La trap in Italia
I capelli rossi, i tatuaggi, gli anelli, i vestiti firmati, gli occhiali da sole con la montatura bianca, le bandane, sono tutti elementi della trap americana importati anche in quella italiana, che oltre a Sfera Ebbasta e Ghali ha tra i suoi esponenti principali Tedua, la Dark Polo Gang, Izi e Rkomi (questi ultimi due in realtà fanno un genere più tradizionale). Un’altra cosa comune è la provocazione contro le generazioni più vecchie, anche dal punto di vista musicale: Sfera Ebbasta fece parlare di sé quando disse di non conoscere i Sangue Misto (storico gruppo rap italiano di Neffa, Deda e DJ Gruff), così come l’americano Lil Yachty disse di non conoscere cinque canzoni di Tupac.

Per questo i cantanti di trap sono spesso criticati e derisi dai puristi del rap, ma anche più in generale da chi non condivide l’esibizionismo e le provocazioni alla base del genere (a partire dal paragone con le rockstar), che però sono tra i principali motivi del successo del genere tra gli adolescenti. Il divario generazionale si basa anche sul fatto che il mezzo principale di promozione personale degli artisti trap, insieme a YouTube, è Instagram e in particolare le Storie: Sfera Ebbasta ha 1,1 milioni di follower, per capirci.

In certi casi, come in quello della romana Dark Polo Gang, ci sono stati artisti che hanno esibito talmente tanto i cliché che circondano il genere, dalla passione per i vestiti firmati a quella per l’erba, che hanno praticamente costruito il successo sull’equivoco “ci sono o ci fanno”. In altri, tipo quello di Rkomi, l’attenzione e la promozione di sé è passata soprattutto attraverso la musica. Ghali, oltre che per il suo talento, ha avuto successo perché aveva una storia da raccontare, e perché l’ha confezionata in modo più comprensibile anche per chi arrivava da contesti diversi. Sfera Ebbasta è invece un po’ di tutte le cose, perché ha unito alla curata e prepotente costruzione dell’immagine un’innegabile attenzione per l’aspetto musicale (grazie al lavoro di Charlie Charles), con il risultato che è considerato da molti il più internazionale tra gli esponenti della trap in Italia.