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  • Venerdì 1 dicembre 2017

C’è una grave crisi politica in Honduras

Le elezioni si sono tenute cinque giorni fa ma devono ancora arrivare i risultati, e lo sfidante di sinistra accusa il presidente uscente di brogli: intanto ci sono proteste e scontri

Una protesta a Tegucigalpa. (AP Photo/Rodrigo Abd)
Una protesta a Tegucigalpa. (AP Photo/Rodrigo Abd)

Giovedì ci sono stati duri scontri a Tegucigalpa, la capitale dell’Honduras, tra la polizia e i manifestanti che stanno protestando contro il presidente uscente Juan Orlando Hernandez, accusato di brogli alle elezioni presidenziali che si sono tenute domenica scorsa. Nel paese è in corso una grave crisi politica: non è ancora stato annunciato un vincitore delle elezioni, e lo sfidante Salvador Nasralla ha detto che non accetterà i risultati quando saranno comunicati dalla commissione elettorale, accusando Hernandez di voler «rubare la nostra vittoria». Lo scrutinio è ancora in corso e i due candidati sono a percentuali molto ravvicinate: ma ci sono un migliaio di urne piene di schede che presentano “incongruenze”, e venerdì comincerà un conteggio speciale che presumibilmente aumenterà le tensioni in corso.

Hernandez è il leader del Partito Nazionale, conservatore, e si è candidato a un secondo mandato nonostante la Costituzione lo proibisca, grazie a una deroga appositamente concessa da una Corte Suprema che aveva nominato lui stesso. Hernandez ha stretti legami con il settore dei media, accusati di averlo favorito nella loro copertura della campagna elettorale. Nasralla invece è un ex giornalista sportivo e dirigente di Pepsi, ora a capo di una coalizione di sinistra chiamata “Alleanza di opposizione contro la dittatura” guidata da Libre, partito emerso dopo il colpo di stato militare del 2009 che rimosse il presidente Manuel Zelaya, ora principale stratega dietro la coalizione di Nasralla.

I primi risultati arrivati dopo le elezioni di domenica davano Nasralla in ampio vantaggio, di quasi il cinque per cento, tanto che i suoi sostenitori avevano già cominciato a festeggiare per le strade. Lo scrutinio è stato però a quel punto sospeso dalla commissione elettorale, un organo considerato molto vicino a Hernandez, senza alcun apparente motivo. È ripreso un giorno e mezzo dopo, con la distanza tra i due candidati che ha iniziato ad assottigliarsi. Hernandez nel frattempo non aveva ammesso la sconfitta, sostenendo che il margine si sarebbe ridotto quando fossero stati scrutinati i voti delle zone rurali, che però erano arrivati insieme agli altri perché trasmessi elettronicamente alla chiusura dei seggi.

Mercoledì Nasralla ha firmato, con l’aiuto dell’Organizzazione degli Stati americani, un patto con Hernandez con il quale i due candidati si sono impegnati a rispettare il risultato elettorale. Poco dopo però lo scrutinio si è di nuovo interrotto per un presunto sovraccarico dei computer, e Nasralla ha disatteso il patto, accusando l’avversario di brogli.

Giovedì il presidente della commissione elettorale David Matamoros Batson ha annunciato che sono stati scrutinati i voti di 17.097 urne sulle 18.128 totali, per un totale del 94,81 per cento dei voti: Hernandez è avanti con il 42,92 per cento, mentre Nasralla è al 41,42 per cento (ci sono anche altri candidati minori). Tra i due ci sono 46.586 voti di differenza. Matamoros Batson ha però detto che ci sono 1.031 urne – pari al 5,69 per cento dei voti – che presentano “incongruenze”, e che quindi saranno oggetto di un conteggio manuale speciale che si svolgerà venerdì sotto l’osservazione dei rappresentanti dei partiti. Ci vorranno un paio di giorni, al termine dei quali – quando saranno stati scrutinati il 100 per cento dei voti – sarà annunciato il vincitore, che però potrebbe non essere riconosciuto dal candidato sconfitto.

Le proteste dei giorni scorsi si sono tenute proprio nei pressi dell’edificio dove si stanno contando i voti a Tegucigalpa: lo scrutinio è anche stato sospeso temporaneamente perché in una stanza è arrivato un lacrimogeno. Negli scontri con la polizia ci sono stati diversi feriti, e gli agenti hanno sparato ad alcuni manifestanti.