Cosa vuol dire “blandire”

Lo usiamo soprattutto come sinonimo di lusingare, ma significa anche trattare con dolcezza una persona bisognosa di affetto

Blandire vuol dire innanzitutto “accarezzare” o “lambire”, ma con questo significato il verbo suona a un orecchio moderno come antico o fortemente letterario. Lo usò in questo senso Giuseppe Parini nel suo capolavoro, il poema satirico Il giorno:

e l’aura estiva del cadente rivo
e dei clivi odorosi a lui blandisce
le vaghe membra

(Il meriggio, vv. 278-280).

L’aria estiva, allietata da un fiume che scorre e dalle odorose colline (clivi) di un ridente paesaggio, accarezza, in questo passo, le belle (vaghe) membra del Piacere, il protagonista dell’episodio versificato dal poeta (e abate) lombardo.

È intriso di letteratura anche un secondo significato di blandire, “mitigare”, “lenire”, “temperare”, meno antico del precedente, e si può allora voler blandire un affanno, un dolore o una qualunque altra forma di sofferenza o disagio. È assai prossimo a quelli appena elencati il significato che avvicina blandire a confortare, oppure a vezzeggiare. Come quando si blandisce, parlandole amorevolmente o trattandola con dolcezza, una persona bisognosa di aiuto, di affetto, di sostegno morale, e magari si accompagnano le proprie parole o azioni con una carezza, per l’appunto, o una moina o un gesto analogo.

Oggi, se pensiamo a blandire, ci viene da accostarlo piuttosto a un terzo significato, sempre letterario ma di una letterarietà più tenue rispetto a quella dei due illustrati; è lo stesso significato di lusingare, che ne è un sinonimo quasi perfetto, e può evolvere in direzione del significato di ammansire. Adulare o allettare non sarebbero sostituti ottimali del nostro verbo: blandire qualcuno, oppure il suo animo, è elogiarlo usando toni, modi, parole carezzevoli, quasi a volerlo solo sfiorare per non oltrepassare la misura, per non apparire falso o importuno. Anche in questo caso si potrebbe arricchire il quadro con l’aggiunta di una sfumatura di senso: blandire una passione (o una pulsione, un sentimento, un desiderio, ecc.) vuol dire assecondarla, solleticarla o favorirla. Vi indulgiamo con delicatezza, evitando (inutilmente) di resisterle e puntando a conviverci. Blandire si rivela qui, dunque, un moderato invito a godere.

L’origine di blandire è il latino tardo omonimo, derivato di un verbo deponente (blandiri) che aveva già sviluppato (“lenire” e simili a parte) gli stessi significati italiani prima spiegati. Alla base c’è l’aggettivo blandus, che oscillò fra i significati di “lusinghiero” e “insinuante”, “seduttivo” e “suasivo”, “invitante” e “piacevole”, “dolce” e “attraente”. L’italiano blando li avrebbe ripresi un po’ tutti, anche se la stragrande maggioranza dei parlanti e degli scriventi attuali lo collega piuttosto, come abbiamo visto per blandire, all’idea di una moderatezza, una leggerezza, una mitezza, una contenutezza di modi, sostanze, proprietà dell’oggetto ritenuto tale: un medicinale blando; una blanda punizione; un intervento, un rimedio blando; usare maniere blande.

Alla vigilia del Festival “Parole in cammino” che si è tenuto ad aprile a Siena, il suo direttore Massimo Arcangeli – linguista e critico letterario – ha raccontato pubblicamente le difficoltà che hanno i suoi studenti dell’università di Cagliari con molte parole della lingua italiana appena un po’ più rare ed elaborate, riflettendo su come queste difficoltà si estendano oggi a molti, in un impoverimento generale della capacità di uso della lingua. Il Post ha quindi proposto ad Arcangeli di prendere quella lista di parole usata nei suoi corsi, e spiegarne in breve il significato e più estesamente la storia e le implicazioni.

Il nuovo libro di Massimo Arcangeli, “La solitudine del punto esclamativo“, è uscito il primo giugno per il Saggiatore.

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