Pablo Neruda potrebbe essere morto per avvelenamento e non per un tumore

(AP Photo/Michel Lipchitz)
(AP Photo/Michel Lipchitz)

Un gruppo di scienziati internazionali che dal 2013 indaga sulla morte di Pablo Neruda, poeta, politico e premio Nobel per la letteratura cileno, ritiene che non sia morto per un tumore alla prostata, come riportato sul suo certificato di morte. Neruda morì nel 1973, a 69 anni, pochi giorni dopo il colpo di stato di Augusto Pinochet; aveva un tumore alla prostata ma la sua morte, avvenuta in ospedale, fu improvvisa e imprevista secondo alcune testimonianze.

La riesumazione del cadavere di Neruda è stata ordinata nel 2013 dal giudice Mario Carroza, dopo le dichiarazioni dell’ex autista di Neruda Manuel Araya a un giornale messicano. Araya disse che Neruda gli telefonò dall’ospedale nel quale era ricoverato dicendo di aver subito un’iniezione nello stomaco mentre dormiva. I resti del corpo di Neruda sono quindi stati esaminati da centri di medicina legale di quattro diversi paesi. Gli scienziati che li hanno analizzati concordano sul fatto che Neruda non sia morto di un tumore alla prostata: quando morì era obeso, mentre i malati di cancro allo stadio terminale solitamente subiscono forti perdite di peso.

Sono poi stati trovati dei resti di batteri che potrebbero essere stati coltivati in laboratorio: verranno analizzati e si avranno i risultati entro un anno, per verificare se siano penetrati nel cadavere di Neruda dopo la sepoltura, se siano dovuti al processo di decomposizione o siano stati invece iniettati nel corpo del poeta ancora in vita.

I familiari di Neruda hanno opinioni differenti sulle ipotesi di avvelenamento, alcuni le ritengono sensazionalistiche, altri sono convinti che siano fondate: in generale, i sostenitori della teoria dell’avvelenamento credono che il poeta sia stato ucciso in quanto oppositore del regime militare che si era da poco instaurato in Cile. Neruda avrebbe potuto infatti lasciare il paese e farsi curare per il suo tumore altrove, ma sarebbe stato comunque molto influente anche in esilio.