In alcune zone del Myanmar sono stati bloccati gli aiuti umanitari dell’ONU per i civili

(AP Photo/Bernat Armangue)
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In alcune zone del Myanmar sono stati bloccati tutti gli aiuti umanitari ai civili e i rifornimenti di cibo, acqua e medicine provenienti da organizzazioni delle Nazioni Unite. Le distribuzioni sono state interrotte in particolare nello stato nord-occidentale del Rakhine dove quasi 400 persone sono morte nei violenti scontri tra ribelli della minoranza musulmana rohingya e militari, che vanno avanti dal 25 agosto. Il coordinatore residente dell’Onu in Birmania per gli aiuti umanitari ha detto al Guardian che le consegne sono state sospese «perché la situazione della sicurezza e le restrizioni di visita sul campo imposte dal governo» hanno reso impossibile «l’assistenza«, suggerendo dunque che le autorità non avrebbero permesso alle Nazioni Unite di operare. L’ONU, ha poi detto, «è in stretto contatto con le autorità per assicurare che le operazioni umanitarie possano riprendere il più presto possibile». Circa sessanta grandi organizzazioni non governative, tra cui Oxfam e Save the Children, hanno protestato contro il governo che ha limitato l’accesso all’area del conflitto.

I rohingya appartengono a una delle minoranze più perseguitate al mondo. Sono musulmani e vivono per lo più nello stato del Rakhine: sono poco più di un milione, in un paese dove la stragrande maggioranza delle persone è buddista. Gran parte delle discriminazioni a cui sono sottoposti i rohingya sono legali e realizzate dal governo in maniera ufficiale. Dal 25 agosto in questa zona vanno avanti scontri molto violenti. I morti sono almeno 399, quasi tutti rohingya (soltanto 29 sono soldati dell’esercito regolare). Secondo l’International Organization for Migration (IOM) i rifugiati arrivati in Bangladesh dal 25 agosto sono almeno 18mila. Molti dei villaggi dei rohingya sono stati bruciati.