La storia di un professore di Milano assolto dalle accuse di molestie sessuali

L'ha raccontata Luigi Ferrarella sul Corriere: secondo i giudici è stato oggetto di «una suggestione collettiva»

(GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images)
(GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images)

Luigi Ferrarella ha raccontato sul Corriere della Sera la storia di Maurizio Minora, un professore di una scuola media di Milano che nel 2014 fu accusato di molestie sessuali e che poi ha passato 19 giorni nel carcere di San Vittore – «nel raggio degli arrestati per reati sessuali» – e 11 mesi agli arresti domiciliari. Minora insegnava arte ed era stato accusato da quattro studentesse di aver toccato il loro sedere e accarezzato le loro cosce. Si era sempre detto innocente. Ora è stato assolto con formula piena perché il fatto non sussiste, e perché secondo i giudici Minora è stato oggetto di una «suggestione collettiva» basata su «voci incontrollate e destituite di ogni fondamento» e sul fatto che, come è scritto nella sentenza, Minora avesse «un atteggiamento fisico e affettuoso sia con i maschi sia con le femmine».

Commentando la sentenza sul Corriere della Sera, Minora – che ora è in pensione – ha spiegato di aver passato un periodo molto difficile, e di avere evitato per diverso tempo relazioni con le donne: «avevo il terrore di ritrovarmi solo in ascensore con una donna, se vedevo arrivare una ragazza sul mio marciapiede, cambiavo strada. Ero stravolto».

Quasi quasi, alla fine, il meno restano i 19 giorni a San Vittore nel raggio degli arrestati per reati sessuali, e i successivi altri 11 mesi ai domiciliari fino allo scadere della custodia cautelare: il meno, in confronto all’accusa di aver approfittato della propria condizione di docente di arte alla scuola media Manzoni di Milano per toccare il fondoschiena, accarezzare le cosce o sfiorare l’inguine di 4 alunne di I e III media.

Una «violenza sessuale» dalla quale il Tribunale ha assolto «con formula piena perché il fatto non sussiste» il professor Maurizio Minora, ritenendolo vittima di una «suggestione collettiva»: innestatasi da un lato sulla sua dichiarata propensione a «un atteggiamento fisico e affettuoso sia con i maschi sia con le femmine» (come pacche sulle spalle o sculacciate per farli rientrare in classe), e dall’altro su «voci incontrollate e destituite di ogni fondamento» che di bisbiglio in bisbiglio lo volevano gay, poi pedofilo, poi già denunciato in passato, poi persino violentatore del proprio figlio, o egli stesso abusato da piccolo. La Procura della Repubblica, che aveva chiesto la condanna a 2 anni e 6 mesi, non ha impugnato l’assoluzione, e nemmeno la Procura Generale. L’assoluzione è dunque definitiva, al pari che per l’insegnante di sostegno Ripalta Izzi, per la quale erano stati chiesti 2 anni nell’ipotesi avesse saputo delle molestie ma non le avesse impedite.

(Continua a leggere sul sito del Corriere della Sera)