I refusi casuali nel DNA sono i primi responsabili dei tumori

Almeno secondo un nuovo studio dei ricercatori che nel 2015 fecero molto discutere con la loro ricerca sul cancro e la sfortuna

Una rappresentazione del genoma umano esposta presso l'American Museum of Natural History di New York, Stati Uniti (Mario Tama/Getty Images)
Una rappresentazione del genoma umano esposta presso l'American Museum of Natural History di New York, Stati Uniti (Mario Tama/Getty Images)

Nel 2015 i ricercatori Bert Vogelstein e Cristian Tomasetti della Johns Hopkins University pubblicarono su Science uno studio che fece molto discutere, nel quale si sosteneva un ruolo preponderante del caso nello sviluppo dei tumori; senza cause riconducibili direttamente ai propri stili di vita o alle condizioni ambientali in cui si vive. La ricerca era molto elaborata e basata su dati statistici, ma fu fraintesa e semplificata troppo dai giornali, che la ridussero a: “il cancro si prende per sfortuna e basta”. A distanza di due anni Volgestein e Tomasetti hanno pubblicato una nuova ricerca, sempre su Science, che estende il loro precedente studio, con nuovi dubbi e riserve all’interno della comunità scientifica. Il timore è che i risultati del loro nuovo lavoro possano essere fraintesi come avvenne nel 2015, portando a sottovalutare aspetti fondamentali per la prevenzione dei tumori.

In termini generali, il cancro è prima di tutto una malattia di tipo genetico: un mix di mutazioni che avvengono nei processi di trascrizione del DNA (quando le cellule si moltiplicano) che portano le cellule a comportarsi diversamente da come dovrebbero. Il nuovo studio di Volgestein e Tomasetti classifica 32 tipi diversi di tumori in tre possibili cause: nel 66 per cento dei casi le mutazioni che portano al cancro si sviluppano casualmente durante la divisione cellulare nell’organismo durante il corso di una vita, il 29 per cento sono riconducibili a cause ambientali e il restante 5 per cento a fattori ereditari. Il nuovo studio non ha però elementi tali da chiarire alcuni aspetti controversi della precedente ricerca e probabilmente susciterà nuove polemiche.

Tomasetti è un matematico, mentre Vogelstein è un genetista che si occupa da molti anni dello studio dei tumori: l’approccio del loro studio è quindi di tipo statistico, basato sulla grande quantità di informazioni sui pazienti trattati per varie tipologie di cancro negli Stati Uniti. Nel loro primo studio i due ricercatori si dedicarono in particolar modo alle staminali, le cellule che hanno la capacità di specializzarsi e di assumere diverse funzioni a seconda dell’organo che le produce, tra le principali indiziate per la formazione di molti tipi di tumore. Con le loro analisi statistiche, notarono che più cellule staminali sono presenti e più si replicano velocemente in un organo, più aumenta il rischio che si sviluppi un tumore nel tessuto interessato dalla crescita. Lo studio del 2015 portava diversi elementi clinici e statistici a sostegno della tesi di Volgestein e Tomasetti, ma fu comunque criticato perché dava troppa enfasi al concetto di casualità, mettendo in secondo piano l’importanza delle buone pratiche per prevenire i tumori, che passano soprattutto dall’avere una vita sana e una dieta varia.

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Nel loro nuovo studio, Volgestein e Tomasetti hanno deciso di estendere la ricerca oltre gli Stati Uniti, per trovare conferme o smentite delle conclusioni cui erano arrivati due anni fa. Si sono occupati di 17 tipi diversi di tumore, dai più diffusi come il cancro al colon ad altri più rari, e per i quali sono disponibili dati da circa 69 paesi in giro per il mondo. Applicando i medesimi criteri usati nel 2015, i ricercatori hanno ottenuto praticamente gli stessi risultati per quanto riguarda il presunto legame tra cancro e staminali nei tessuti. La nuova ricerca ha anche preso in considerazione il cancro al seno e quello alla prostata, non presenti nello studio di due anni fa, criticato per questa mancanza.

Volgestein e Tomasetti hanno poi utilizzato i dati per verificare l’influenza delle condizioni ambientali, dell’ereditarietà e degli errori che avvengono casualmente nella trascrizione del DNA. Sempre attraverso modelli statistici, hanno concluso che in alcuni tumori al polmone i fattori ambientali sono responsabili del 65 per cento di tutte le mutazioni, mentre solo il 35 per cento è dovuto a errori casuali di trascrizione del DNA nelle cellule. In altri tipi di tumore, però, i dati statistici sembrano suggerire una storia diversa: quelli alla prostata o che interessano le ossa sono riconducibili a fattori nel 95 per cento dovuti a errori di copia del DNA.

Come due anni fa, i ricercatori respingono le critiche sulla loro ricerca legate al fatto che potrebbe fare sottovalutare l’importanza della prevenzione: e anche se fosse così, questo non sarebbe un motivo per nascondere il risultato di uno studio scientifico. Volgestein ha ricordato che lo studio del 2015 non ha mai inteso mettere in discussione cause note del cancro, come il fumo o un’esposizione al sole senza le necessarie protezioni. Gli studi condotti negli ultimi anni da altri ricercatori hanno ormai portato prove solide sul fatto che si possano prevenire il 42 per cento dei tumori. L’obiettivo di studi come quello di Volgestein e Tomasetti è evitare che i pazienti si sentano in colpa per avere un tumore. Il nuovo studio sta comunque suscitando molte reazioni e se ne parlerà ancora a lungo. L’ampio dibattito sollevato dal loro precedente lavoro è stato da stimolo per nuove ricerche e per lo studio pubblicato questa settimana, ammettono anche i più scettici, riconoscendo l’importanza del confronto su temi così complessi e importanti.