La storia dell’uomo che ha vissuto per 27 anni da solo nei boschi
È uscito negli Stati Uniti un libro che racconta la vita incredibile di Christopher Knight, che a vent'anni entrò in un bosco del Maine e ne uscì in arresto a 47
Un giorno del 1986 Christopher Knight, che allora aveva vent’anni e per lavoro installava sistemi di sicurezza nel Maine, lasciò tutto ed entrò in un bosco, portando con sé un po’ di cibo, qualche vestito e qualche attrezzo da campeggio. Non aveva detto niente alla sua famiglia, e aveva lasciato le chiavi della sua auto nel cruscotto. Uscì da quel bosco soltanto dopo 27 anni, passati a vivere in completo isolamento, sopravvivendo compiendo centinaia di furti nelle abitazioni usate come case per le vacanze che c’erano nel bosco. La storia di Knight è stata raccontata per la prima volta nel libro The Strange in the woods, uscito pochi giorni fa negli Stati Uniti: lo ha scritto Michael Finkel, l’unico giornalista con cui Knight ha accettato di parlare, tra le decine che gli hanno chiesto un intervista. Finkel ha anche raccontato la storia di Knight in un lungo articolo sul Guardian.
Knight cominciò il suo eremitaggio guidando la sua auto verso sud, passando qualche giorno a mangiare in fast food e dormendo in motel economici, e poi cominciò a risalire la costa Est degli Stati Uniti, tornando verso il Maine. Non aveva detto niente alla sua famiglia, né al suo datore di lavoro, né ai suoi colleghi. Non aveva amici, ha raccontato, e per tutta la vita aveva preferito stare solo, piuttosto che in compagnia. Ritornato in Maine, passò davanti alla casa della sua famiglia, ma non si fermò, proseguendo verso il Moosehead Lake, il più grande dello stato, a poche decine di chilometri dal Canada. Guidò senza una vera meta, prendendo strade sempre più piccole, e fermandosi solo quando finì la benzina. Lasciò le chiavi dell’auto nel cruscotto, e cominciò a camminare nel bosco, senza una cartina né una bussola, solo con uno zaino e una tenda.
Knight non ha mai saputo spiegare perché decise di lasciare tutto e sparire nei boschi. Il suo non fu un eremitaggio per motivi religiosi, né lo fece per protesta contro la società contemporanea o per cercare un qualche tipo di ispirazione artistica. Durante la sua permanenza nei boschi non scattò fotografie, non scrisse diari né poesie. Non era ricco ed era stato educato al risparmio, ma abbandonò l’auto senza pensarci troppo: «Non mi serviva a niente. Non avevo benzina ed ero miglia e miglia dalla stazione di servizio più vicina». Per quanto ne sa, la macchina è ancora dove l’ha lasciata. «Non posso spiegare le mie azioni. Non avevo piani quando me ne sono andato, non pensavo a niente. L’ho semplicemente fatto».
Una volta nel bosco, anche senza bussola e cartina, Knight sapeva che stava dirigendosi verso sud: ha raccontato che si sentiva trascinato in quella direzione, «è istintivo tra gli animali tornare nel loro territorio, e il mio, dove ero nato e cresciuto, era da quella parte». La zona del Moosehead Lake è caratterizzata da una serie di valli glaciali orientate sull’asse nord-sud, separate da basse dorsali montuose. Tra una dorsale e l’altra ci sono, d’estate, vasti acquitrini, che Knight cominciò ad attraversare, perdendo presto l’orientamento. Si fermava per una settimana in un posto, e poi continuava a spostarsi a sud.
Il problema era il cibo. Knight sapeva cacciare e pescare, ma non si era portato dietro nessuno strumento per farlo. Contava di raccogliere il cibo, ma nelle valli del Maine non ci sono alberi da frutto e non sempre ci sono bacche sugli arbusti. Dopo giorni passati razionando il cibo che aveva con sé raggiunse una strada asfaltata e trovò una pernice che era stata investita da un’auto. Non aveva però niente per accendere un fuoco, e la mangiò cruda. Incontrò diverse case, ma inizialmente non voleva chiedere aiuto o rubare, perché voleva essere autonomo. Dopo dieci giorni di fame, però, smise di farsi problemi, e rubò qualche patata e qualche verdura dagli orti di un paio di case. Continuò a camminare verso sud, rubando il cibo qua e là: una volta dormì in una baita, ma passò la notte con la paura di essere scoperto, e non lo fece più. Dopo un po’ arrivò in una zona che gli sembrava famigliare, e dove le temperature erano più alte: si scoprì poi che era a una cinquantina di chilometri dalla casa della sua infanzia.
Knight era molto abile nelle cose pratiche, e gli piaceva perfezionare soluzioni ingegnose per crearsi dei ripari, per camminare senza lasciare tracce, per immagazzinare acqua potabile. Dopo diversi esperimenti, trovò un buon posto dove sistemarsi: una zona del bosco con dei massi che nascondevano una piccola radura. Ma il cibo continuava ad essere difficile da trovare. Knight si rese conto però che le molte baite nel bosco, utilizzate soprattutto come case per le vacanze da gente che viveva in città, non avevano praticamente nessun sistema di sicurezza. Erano quasi sempre vuote, e le finestre erano spesso lasciate aperte. Da quel momento, per i successivi 27 anni, Knight avrebbe commesso centinaia di furti, rubando non solo cibo, ma videogiochi, televisioni, canoe, e moltissimi altri oggetti.
Per farli, Knight osservò attentamente le abitudini e gli spostamenti delle persone che vivevano nelle case o che ci passavano solo le vacanze o i weekend. Capì che il momento migliore per entrare nelle baite erano le notti dei giorni infrasettimanali, soprattutto quando il tempo era brutto. Non camminava mai sulle strade e sui sentieri, non rubava mai nei weekend. All’inizio cominciò ad agire nelle notti di luna piena, per vedere meglio, ma quando sospettò che la polizia fosse sulle sue tracce cominciò a muoversi nelle notti senza luna. Cambiava sempre le modalità dei furti, per lasciare meno indizi possibile. E preferiva farlo dopo essersi tagliato la barba e indossando abiti puliti, nel caso – remoto – in cui si fosse imbattuto in qualcuno. Rubava da un centinaio di case, e quando gli servivano oggetti più ingombranti – come una bombola del gas o un nuovo materasso – prendeva in prestito una delle tante canoe ormeggiate sul lago. Capì che era meglio non rubarle, perché il proprietario avrebbe chiamato la polizia.
Si spostava sul lago in canoa, tenendosi vicino alla costa. Arrivava vicino alla casa che aveva scelto e a volte aspettava ore, per assicurarsi che non ci fosse nessuno. Non rischiò mai entrando in case quando gli inquilini erano all’interno. A volte le case erano lasciate aperte, altre volte trovava all’interno le chiavi di scorta e le lasciava in un posto nascosto lì vicino. Per scassinare le porte e le finestre usava alcuni attrezzi che aveva rubato, e prima di andarsene cercava di rimettere tutto a posto, anche richiudendo dietro di sé la serratura della porte. Molte persone che vivevano nelle case si accorsero in fretta dei furti, e cominciarono a lasciare fuori dalle porte del cibo, o addirittura dei fogli su cui potesse scrivere quello di cui aveva bisogno. Knight però non ne approfittò mai, per paura di cadere in una trappola.
Qualcuno installò dei sistemi di sicurezza nella propria casa, ma Knight sapeva come disattivarli per via del suo precedente lavoro. Un poliziotto ha raccontato che «il livello di disciplina che mostrava era oltre quello che chiunque di noi potesse anche solo remotamente immaginare. Il tempo e la fatica per esplorare la zona, il talento con le serrature, la capacità di entrare e uscire senza essere scoperto». Knight ha raccontato che nonostante le centinaia di furti, ogni volta era molto preoccupato di essere beccato, e di sentirsi sempre a disagio, consapevole di stare facendo una cosa sbagliata. Prima di andarsene da una baita controllava sempre se la bombola del gas del barbecue era piena: in quel caso la sostituiva con una vuota, se riusciva a trovarla, e se la portava via. Poi caricava tutto sulla canoa, la riportava nel posto dove l’aveva presa, ci spargeva sopra un po’ di aghi di pino perché sembrasse inutilizzata e tornava al suo rifugio.
A Finkel, Knight ha raccontato che non è in grado di descrivere l’esperienza di stare così tanto tempo da solo. «È complicato. La solitudine aggiunge valore alle cose preziose. Non posso ricredermi su questo. La solitudine ha aumentato la mia percezione. Ma c’è una cosa strana: quando ho applicato a me stesso la mia percezione aumentata, ho perso la mia identità. Non c’era un pubblico, nessuno per cui esibirsi. Non c’era bisogno di definirmi. Sono diventato irrilevante. (…) I miei desideri se ne sono andati. Non volevo niente. Non avevo nemmeno un nome. Per metterla in modo romantico, ero completamente libero». Non si sentì neanche solo, ha spiegato, perché amava la solitudine.
Nel 2013, dopo 27 anni passati nei boschi intorno al Moosehead Lake, Knight è stato arrestato. Stava rubando del cibo nelle case dove si svolgeva un campo estivo. Fu accusato di furto con scasso, e portato in prigione. Quando si scoprì la sua storia, moltissime persone gli scrissero, una donna gli chiese perfino di sposarla, e circa 500 giornalisti gli chiesero un’intervista. Lui ha parlato solo con Finkel, che provò a tirargli fuori delle massime filosofiche o dei consigli di vita imparati durante il suo lunghissimo eremitaggio. A Knight però non interessava questo genere di cose. Quando Finkel gli chiese se avesse imparato qualcosa di importante, rimanendo da solo per tutti quegli anni, lui rispose soltanto: «Dormite abbastanza».