Abbiamo scoperto 7 nuovi mondi

Ci sono sette nuovi mondi in un unico sistema solare: hanno dimensioni simili alla Terra e alcuni sono in una “zona abitabile”, adatta alla vita e potenzialmente con acqua liquida sulla loro superficie

di Emanuele Menietti – @emenietti

Un'elaborazione grafica degli esopianeti nei pressi di TRAPPIST-1 (ESO)
Un'elaborazione grafica degli esopianeti nei pressi di TRAPPIST-1 (ESO)

Un gruppo di astronomi ha scoperto un nuovo sistema solare formato da sette pianeti con dimensioni paragonabili a quelle della Terra, tre dei quali si trovano in una zona abitabile e che potrebbero quindi ospitare forme di vita. La notizie è stata pubblicata su Nature [pdf] e annunciata oggi dalla NASA nel corso di un’attesa conferenza stampa: è una delle scoperte più importanti degli ultimi anni per quanto riguarda le ricerche sugli esopianeti, cioè i pianeti che si trovano al di fuori del nostro sistema solare. Il nuovo gruppo planetario ha il numero più alto di pianeti con dimensioni paragonabili alla Terra mai scoperto finora, e allo stesso tempo il maggior numero di mondi con un’alta probabilità di avere acqua liquida sulla superficie – come laghi e oceani – che potrebbe avere sostenuto la formazione della vita.

Michaël Gillon dello STAR Institute dell’Università di Liegi, Belgio, ha guidato la ricerca di un ampio gruppo di astronomi, che ha lavorato analizzando le osservazioni e i dati raccolti da diversi telescopi come il Very Large Telescope dell’Osservatorio Europeo Australe (ESO) a La Silla (Cile) e lo Spitzer Space Telescope della NASA, in orbita intorno alla Terra per evitare i disturbi e le distorsioni che si hanno osservando il cielo dal suolo attraverso l’atmosfera. I sette pianeti (ma non si esclude che siano di più) orbitano intorno a una stella piccola e più fredda rispetto al Sole – una “nana rossa” – che si chiama TRAPPIST-1 e che si trova a 40 anni luce dalla Terra (significa che un segnale luminoso emesso dalla stella impiega approssimativamente 40 anni per raggiungerci). Come avviene nel caso di queste osservazioni, i pianeti sono stati chiamati con il nome della loro stella di riferimento, seguiti da una lettera in ordine alfabetico dal più vicino al più lontano; si chiamano quindi: TRAPPIST-1b, TRAPPIST-1c e così via fino a TRAPPIST-1h.

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La presenza dei pianeti è stata rilevata con un sistema molto diffuso e perfezionato negli ultimi anni, attraverso un’osservazione indiretta. Semplificando molto: si osserva una stella e si rilevano i suoi periodici cambiamenti nella luminosità, che si verificano quando un pianeta passa loro davanti (rispetto al punto di osservazione dalla Terra). Sulla base dei cambiamenti della luce e di altri parametri, gli astronomi possono poi ricostruire molte informazioni sui pianeti determinandone le dimensioni, la composizione e la distanza dalla stella di riferimento.

Con questa tecnica, Gillon e colleghi hanno determinato che almeno 6 pianeti sui 7 rilevati sono comparabili con la Terra non solo per quanto riguarda la loro dimensione, ma anche per la temperatura sulla loro superficie. Inoltre, i dati suggeriscono che i sei pianeti più vicini alla stella siano rocciosi, come il nostro.

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TRAPPIST-1 ha una massa che è pari all’8 per cento di quella del Sole, con dimensioni paragonabili a quelle del pianeta Giove, il più grande del nostro sistema solare (il suo diametro è circa 11 volte quello della Terra). Nel cielo notturno terrestre, la stella è visibile (non a occhio nudo) nella costellazione dell’Acquario. La stella deve il suo nome al telescopio belga Transiting Planets and Planetesimals Small Telescope, sempre a La Silla, utilizzato per la sua osservazione: lo strumento invece si chiama così in onore dell’ordine monastico dei trappisti, noti tra le altre cose per essere produttori di alcuni tipi di birra in Belgio. La stella è inoltre una vecchia conoscenza di Gillon e colleghi, che già nel 2015 avevano rilevato la presenza di almeno tre esopianeti nella sua orbita.

Le orbite dei sette pianeti intorno a TRAPPIST-1 sono relativamente strette rispetto a quella della Terra: inferiori persino all’orbita di Mercurio, il pianeta più prossimo al Sole. Essendo una stella meno calda della nostra, la minore distanza non comporta che il clima sia torrido e insostenibile per la vita su tutti e sette i pianeti. Secondo i modelli elaborati dai ricercatori, TRAPPIST-1c, d ed f ricevono più o meno una quantità di energia paragonabile a quella ricevuta rispettivamente da Venere, Terra e Marte grazie al Sole. Potenzialmente tutti e sette potrebbero avere acqua allo stato liquido sulla loro superficie, anche se TRAPPIST-1b, c e d sono forse troppo caldi per averne grandi quantità diffuse in diverse aree. Lo studio è più prudente su TRAPPIST-1h, il più distante di tutti, per il quale si ipotizza un clima troppo freddo per mantenere acqua allo stato liquido in superficie. I tre pianeti con i requisiti più in ordine per essere abitabili sono TRAPPIST-1e, f e g.

La ricerca pubblicata su Nature e annunciata da NASA ed ESO è molto importante perché conferma come, con gli attuali strumenti, sia possibile identificare e analizzare pianeti lontani e che potrebbero ospitare la vita per come la conosciamo. Nei prossimi anni telescopi ancora più potenti, come l’European Extremely Large Telescope dell’ESO e l’atteso James Webb Space Telescope di NASA, Agenzia Spaziale Europea e Agenzia Spaziale Canadese, renderanno ancora più semplice l’osservazione di mondi lontani che eventualmente – MOLTO eventualmente – ospitano la vita.

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