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  • Giovedì 5 gennaio 2017

Le proteste in Messico per l’aumento della benzina

I manifestanti hanno bloccato autostrade, distributori e saccheggiato diversi negozi contro la decisione del governo di aumentare i prezzi del 20 per cento

(AP Photo/Erick Herrera)
(AP Photo/Erick Herrera)

Negli ultimi giorni in Messico migliaia di manifestanti hanno bloccato gli accessi alle autostrade, saccheggiato negozi e imposto la chiusura ad alcuni distributori di benzina, in segno di protesta contro la decisione del governo di aumentare sensibilmente il prezzo del carburante. La polizia è intervenuta e ha eseguito circa 250 arresti, per altrettante persone accusate di atti vandalici di vario tipo. Da inizio anno, la benzina ha subito un aumento di più del 20 per cento, arrivando a costare 15,99 pesos (0,7 euro) al litro, una cifra piuttosto alta per il costo della vita nel paese. In precedenza il prezzo era più basso e legato ai numerosi sussidi previsti dal governo per l’acquisto della benzina, che negli ultimi anni sono stati la causa di molte storture e hanno incentivato l’acquisito di veicoli di grande cilindrata e più inquinanti da parte della popolazione più ricca.

L’aumento del prezzo della benzina è stato annunciato lo scorso primo gennaio, aggiungendo ulteriori disagi per gli automobilisti, che dovevano fare i conti già da qualche settimana con la carenza di benzina ai distributori, a causa di alcuni problemi tecnici incontrati da Pemex, l’azienda petrolifera pubblica messicana. Le proteste sono aumentate e si sono diffuse in buona parte del paese, con i blocchi delle autostrade che hanno riguardato soprattutto la grande area urbana di Città del Messico. Il blocco ha avuto conseguenze anche sul trasporto locale con la sospensione di buona parte delle linee urbane, cosa che ha complicato ulteriormente gli spostamenti in città, già difficili normalmente a causa dei grandi volumi di traffico.

Le principali violenze, con danneggiamenti di distributori e furti in alcuni negozi, sono state registrate a Città del Messico, ma la situazione è stata definita critica dalle autorità in almeno altri tre stati messicani. La società G500, che ha in gestione circa 1.800 distributori, non ha escluso che possa rendersi necessaria la chiusura di tutte le sue stazioni di servizio per motivi di sicurezza.

Il gasolinazo, come è stato chiamato l’aumento della benzina, secondo il governo è stato necessario per mettere in ordine i conti dello stato e assicurarsi di avere coperture economiche sufficienti. I prezzi ai distributori potranno variare da stato a stato del Messico, e saranno decisi su base giornaliera dal governo. Il ministro dell’Ambiente, Rafael Pacchiano, ha difeso gli aumenti dicendo che non era possibile proseguire con il vecchio sistema dei sussidi, aggiungendo che questi avevano soprattutto favorito i proprietari di veicoli di grande cilindrata, con ripercussioni ambientali e per i livelli di inquinamento dell’aria.

Gli aumenti dei prezzi sono inoltre una conseguenza delle nuove politiche adottate dal presidente Enrique Peña Nieto, tese a rendere più concorrenziale il settore e a ridurre la dipendenza da Pemex, non in grado di soddisfare la domanda del paese. Peña Nieto aveva promesso che i nuovi provvedimenti avrebbero portato a una riduzione dei prezzi per l’energia, ma le cose sono per ora andate diversamente e i proprietari di auto hanno solo percepito gli svantaggi, probabilmente inevitabili nel breve periodo, che hanno un impatto diretto sulle loro finanze.