Chi denunciò Giulio Regeni in Egitto

Un leader del sindacato indipendente dei venditori di strada ha detto di averlo segnalato al ministero degli Interni perché «faceva domande strane»

(ANSANEWZULU / Stefano Ronchini)
(ANSANEWZULU / Stefano Ronchini)

Mercoledì la versione araba dello Huffington Post ha pubblicato un’intervista a Mohamed Abdallah, uno dei leader del sindacato indipendente egiziano dei venditori di strada, che in passato era stato legato al caso dell’uccisione di Giulio Regeni. Nell’intervista, che è stata ripresa in Italia dall’Espresso e poi da diversi altri siti di news, Abdallah ha detto di avere denunciato Regeni al ministero degli Interni egiziano, perché «faceva domande strane e stava con gli ambulanti per le strade, interrogandoli su questioni che riguardano la sicurezza nazionale». Nonostante sia passato quasi un anno dall’uccisione di Regeni al Cairo, non si sa ancora con chiarezza come siano andate le cose, anche se l’ipotesi più accreditata è che Regeni sia stato torturato e poi ucciso dalle forze di sicurezza egiziane a causa delle sue ricerche sui sindacati indipendenti. Regeni sarebbe stato denunciato proprio da Abdallah, che aveva già ammesso il suo coinvolgimento diversi mesi fa a un giornale egiziano.

Abdallah ha detto allo Huffington Post, riferendosi a Regeni: «Sì, l’ho denunciato e l’ho consegnato agli Interni e ogni buon egiziano, al mio posto, avrebbe fatto lo stesso. Siamo noi che collaboriamo con il ministero degli Interni. Sono loro che si occupano di noi ed è automatica la nostra appartenenza a loro. Quando un poliziotto viene a festeggiare con noi a un nostro matrimonio, mi dà più prestigio nella mia zona». Abdallah ha raccontato di avere incontrato Regeni sei volte e di avere parlato con lui al telefono in diverse occasioni: «L’ultima volta che l’ho sentito al telefono è stato il 22 gennaio, ho registrato la chiamata e l’ho spedita agli Interni». Regeni è scomparso tre giorni dopo: stava andando a una festa di compleanno di un amico organizzata vicino a piazza Tahrir, la piazza più importante del Cairo. Secondo un’inchiesta di Reuters pubblicata il 21 aprile scorso, Regeni è stato prelevato dalla polizia egiziana vicino alla fermata della metro Nasser: è stato portato a una stazione di polizia ed è stato tenuto lì per mezz’ora e poi trasferito in una struttura vicina gestita dalla Sicurezza nazionale. Il suo corpo è stato ritrovato nove giorni dopo, il 3 febbraio, sul lato di una strada del Cairo.

Fin dalle prime ricostruzioni si era ipotizzato che l’attività accademica di Regeni potesse essere legata alla sua morte. Regeni era un dottorando dell’Università di Cambridge che si trovava al Cairo per fare delle ricerche sui sindacati indipendenti dei venditori di strada, un tema politico molto delicato in Egitto. Da diverso tempo il regime di Abdel Fattah al Sisi cercava di limitare la presenza dei venditori di strada, una delle categorie che per prime si unirono alle proteste del 2011 contro Hosni Mubarak e che appoggiarono l’elezione di Mohammed Morsi, il presidente esponente dei Fratelli Musulmani destituito nel 2013 da un colpo di stato organizzato proprio da al Sisi. Il regime aveva anche infiltrato tra i venditori di strada dei suoi informatori, per captare qualsiasi volontà rivoluzionaria. Uno di loro era Mohamed Abdallah.

Regeni cominciò a studiare i venditori di strada adottando un approccio conosciuto come “ricerca partecipata”, un metodo che prevedeva che trascorresse molto tempo per strada. Sembra che sia stato questo metodo a procurargli dei guai. Prima di scomparire, nel gennaio 2016, Regeni era già stato indagato dalle autorità egiziane. Per esempio l’11 dicembre 2015 Regeni aveva partecipato a un incontro pubblico e autorizzato sui sindacati indipendenti. Accaddero due cose: la prima è che Regeni fu impressionato dagli argomenti e dall’energia emersi dalla riunione, e ci scrisse sopra un articolo con frasi abbastanza forti; la seconda è che durante l’incontro a un certo punto gli si avvicinò una donna con il velo, e lo fotografò. Regeni non era tra gli oratori e l’episodio lo mise in agitazione, raccontarono alcuni amici. Poco dopo Regeni ebbe un incontro con Abdallah in cui gli parlò di un finanziamento di 10mila sterline che aveva ricevuto da una fondazione britannica che si occupa di progetti di sviluppo. Era una somma di denaro che Regeni avrebbe potuto usare come sostegno per le ricerche del suo dottorato e come aiuto per le persone che stava studiando. Abdallah si convinse che Regeni in realtà era una persona che voleva finanziare o aizzare movimenti antigovernativi e decise di denunciarlo.