Il nuovo accordo dell’OPEC, spiegato

Prevede grossi tagli alla produzione di petrolio per far rialzare i prezzi e hanno aderito anche paesi, come la Russia, che non fanno parte dell'organizzazione

di Nayla Razzouk, Angelina Rascouet e Golnar Motevalli – Bloomberg

Da destra a sinistra, il segretario generale dell'OPEC Mohammed Barkindo, il presidente dell'organizzazione Mohammed bin Saleh al-Sada e il presidente del consiglio di amministrazione dell'OPEC durante l'incontro di Vienna del gruppo, il 30 novembre 2016 (HERBERT NEUBAUER/AFP/Getty Images)
Da destra a sinistra, il segretario generale dell'OPEC Mohammed Barkindo, il presidente dell'organizzazione Mohammed bin Saleh al-Sada e il presidente del consiglio di amministrazione dell'OPEC durante l'incontro di Vienna del gruppo, il 30 novembre 2016 (HERBERT NEUBAUER/AFP/Getty Images)

Concordando per la prima volta in otto anni una riduzione della produzione petrolifera l’OPEC – l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio – ha spiazzato gli scettici e fatto aumentare nettamente il prezzo del greggio. L’accordo, che ha l’obiettivo di esaurire le scorte petrolifere globali arrivate a livelli altissimi, è stato raggiunto superando il disaccordo tra i tre maggiori paesi produttori del gruppo – Arabia Saudita, Iran e Iraq – mettendo fine all’esperimento di libero mercato iniziato nel 2014. L’intesa è stata più ampia del previsto, dal momento che si estende anche al di fuori dell’OPEC. L’aspetto più notevole dell’accordo è che anche la Russia ha accettato tagli senza precedenti alla sua produzione petrolifera.

Gli effetti sul settore energetico mondiale sono stati immediati: i prezzi petroliferi di riferimento sono aumentati del 10 per cento a New York e in tutto il mondo il valore delle azioni delle società energetiche e quello delle monete dai grandi esportatori è cresciuto notevolmente. La durata di questa tendenza dipenderà da quanto i paesi membri dell’OPEC rispetteranno l’accordo: in casi analoghi in passato non sempre è successo. «Questo dovrebbe essere un segnale forte per gli scettici che sostenevano che l’OPEC fosse morta», ha detto Amrita Sen, analista petrolifero capo della società di consulenza e ricerca Energy Aspects.

A partire da gennaio l’OPEC ridurrà la produzione di petrolio di circa 1,2 milioni di barili al giorno, realizzando così il piano che era stato delineato ad Algeri a settembre e che prevedeva di ridurre la produzione a 32,5 milioni di barili. L’accordo non include la Nigeria e la Libia, ma per la prima volta dagli anni Novanta include nelle quote di riduzione anche l’Iraq. Mercoledì alle 11:44 di Singapore i futures del West Texas Intermediate, un tipo di petrolio usato come riferimento per i prezzi, sono aumentati dello 0,3 per cento arrivando a valere 49,61 dollari al barile, dopo che avevano già guadagnato il 9,3 per cento, l’aumento più grande in un solo giorno dal 12 febbraio scorso.

Dopo due settimane di trattative spesso tese, l’accordo finale dei maggiori produttori dell’OPEC sembra indicare una crescente posizione di dominio nei vertici del gruppo da parte dell’Iran. L’accordo permette all’Iran di aumentare la sua produzione a circa 3,8 milioni di barili al giorno ed è una vittoria per un paese che da tempo cerca di ottenere un trattamento speciale durante la fase di ripresa dopo la rimozione delle sanzioni. L’Arabia Saudita aveva proposto in precedenza di limitare la produzione dell’Iran, di cui è concorrente nella regione, a 3,707 milioni di barili al giorno, hanno detto alcuni delegati che hanno partecipato alla riunione dell’OPEC .

Gli aspetti economici dell’accordo sono «incredibilmente affascinanti», ha detto Jeff Currie, responsabile globale della ricerca sulle materie prime di Goldman Sachs Group, durante un’intervista a Bloomberg Television. Secondo Currie l’obiettivo principale dei tagli è «la normalizzazione delle scorte». Nel settore americano dello shale oil l’accordo dell’OPEC ha generato un enorme rialzo delle azioni: Whiting Petroleum Corp. è cresciuta del 32 per cento – l’aumento più alto ottenuto dalla società in un giorno solo da 13 anni a questa parte – mentre Continental Resources, la società fondata dal consigliere di Donald Trump Harold Hamm, ha registrato un aumento del 25 per cento, il più alto dal 2008.

La produzione petrolifera dell’Arabia Saudita, che quest’anno è aumentata a un livello record, verrà ridotta di 486mila barili al giorno, arrivando a 10,058 milioni di barili giornalieri, dice un documento dell’OPEC. L’Iraq, il secondo maggiore produttore all’interno dell’OPEC, ha accettato di tagliare la produzione giornaliera di 210mila barili rispetto ai livelli di ottobre. In precedenza l’Iraq aveva insistito per ottenere un trattamento speciale, vista l’importanza della sua offensiva contro lo Stato Islamico. Il documento dell’OPEC mostra anche che gli Emirati Arabi Uniti e il Kuwait ridurranno la loro produzione rispettivamente di 139mila e 131mila barili al giorno. La Russia, che non fa parte dell’OPEC e la cui produzione è arrivata a livelli senza precedenti dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, ridurrà la produzione di 300mila barili al giorno «compatibilmente con le sue capacità tecniche», ha detto il ministro dell’Energia russo Alexander Novak a Mosca.

«Quanto annunciato finora è ottimista, ma gennaio è ancora lontano», ha detto Giovanni Staunovo, analista di UBS Group, aggiungendo che «a dicembre ci sarà ancora una produzione record, che però i mercati potrebbero ignorare. Sembra che la Russia diminuirà la produzione: se succedesse davvero anche questa sarebbe una cosa positiva». In passato la Russia, che è il più grande produttore di petrolio al di fuori dell’OPEC, si era opposta alle richieste di diminuire la sua produzione, insistendo sul fatto che avrebbe preso in considerazione soltanto un congelamento della produzione. La settimana prossima l’OPEC ha in programma alcune discussioni a Doha con i paesi produttori che non fanno parte del gruppo.

La forza dell’accordo dipenderà dal fatto che tutte le parti coinvolte rispettino gli impegni presi. Tradizionalmente l’Arabia Saudita e i suoi alleati nel Golfo, gli Emirati Arabi Uniti e il Kuwait, hanno sempre messo in pratica i tagli alla produzione concordati, ma altri paesi non hanno fatto altrettanto, soprattutto quando il prezzo del petrolio è stato basso. Il diffondersi di dubbi all’interno del mercato potrebbe mettere nuovamente sotto pressione i prezzi. Gli ultimi due anni sono stati difficili per l’OPEC: stando all’Energy Information Administration statunitense – un’agenzia americana che si occupa della raccolta e diffusione di dati sull’energia – quest’anno i paesi del gruppo guadagneranno 341 miliardi di dollari dalle esportazioni di petrolio, meno rispetto ai 753 miliardi del 2014 – prima che il prezzo del petrolio crollasse – e anche rispetto al record di 920 miliardi nel 2012.

La prossima riunione dell’OPEC si terrà il 25 maggio 2017, quando il gruppo intende prolungare i tagli di altri sei mesi, ha detto ai giornalisti a Vienna il ministro dell’Energia del Qatar Mohammed Al Sada. L’Indonesia ha chiesto una sospensione del suo stato di paese membro dell’OPEC, che non influirà sulla portata dei tagli alla produzione petrolifera del gruppo, ha detto un delegato.

© 2016 – Bloomberg