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  • Domenica 27 novembre 2016

Il kebab ha colonizzato l’Europa 50 anni fa

Cominciò tutto in una tavola calda a Londra nel 1966, prima ancora che dalla Germania si espandesse in tutto l'Occidente

Un panino kebab confezionato nel fastfood "Mustafa Gemuese Kebab" di Berlino. (Robert Schlesinger/picture-alliance/dpa/AP Images)
Un panino kebab confezionato nel fastfood "Mustafa Gemuese Kebab" di Berlino. (Robert Schlesinger/picture-alliance/dpa/AP Images)

Secondo una ricostruzione del Guardian, sono passati cinquant’anni da quando il kebab ha fatto la sua prima comparsa in Europa: una delle teorie che circolano intorno a questa datazione sostiene che il kebab, che ha origini turche, sarebbe stato cucinato per la prima volta a Londra nel 1966, prima ancora della sua maggiore espansione europea a partire dalla Germania.

In Turchia il kebab si mangia da secoli servito su un piatto, in cui viene disposto come un cumulo di fette di carne accompagnate da riso e verdure. È sconosciuto invece il momento in cui alcuni immigrati turchi ebbero l’intuizione di diffonderlo in Europa declinandolo sotto forma di panini o piadine rigonfi di brandelli di carne, verdure e altri possibili contorni.

Secondo una teoria ripresa dal Guardian, la prima tavola calda nella quale veniva servito il kebab sarebbe stata aperta nel 1966 a Stoke Newington, nel nord est di Londra. Secondo altre versioni il primato spetterebbe a uno o l’altro di due turchi emigrati a Berlino all’inizio degli anni Settanta: Mehmet Aygün o Kadir Norman, arrivati in Germania rispettivamente nel 1971 e nel 1972. I due sono morti qualche anno fa ed entrambi sono stati ricordati in articoli nei quali venivano definiti sia l’uno che l’altro come “il padre del kebab”. È a Berlino e in Germania, comunque, che con la grande dimensione dell’immigrazione dalla Turchia il kebab venne adottato come fast food prevalente e colonizzò la gastronomia locale prima di estendersi agli altri paesi europei.

Da quel periodo, comunque, il kebab ebbe una grande diffusione in tutto il continente europeo e poi negli Stati Uniti. Sulle insegne dei locali che lo vendono è indicato sia come kebab che kebap: il significato è sempre “carne arrostita”, ma nel primo caso si tratta della parola in turco, nel secondo della traslitterazione dall’arabo. La parola turca döner, che si trova spesso prima di kebab, vuole dire semplicemente “kebab che gira” e indica la tipica modalità di cottura allo spiedo. La carne è solitamente di agnello, manzo o pollo, e mai di maiale. Viene tagliata a grosse fette, infilzata in uno spiedo e fatta cuocere ruotando lo spiedo vicino a una fonte di calore (si dice che l’origine di questa modalità di cottura risalga al Medioevo, quando i soldati persiani usavano le loro spade per grigliare la carne sul fuoco che allestivano nei loro accampamenti). Alla sommità del cono di carne vengono inserite della parti grasse che sciogliendosi evitano che la carne si secchi. Prima di essere infilzata, la carne viene solitamente marinata con intingoli vari fatti con aceto, erbe e spezie come origano, peperoncino, cumino e altri.

I panini vengono poi composti nei modi più vari, aggiungendo salse e verdure alla carne che viene rimossa dallo spiedo con una specie di rasoio.

Nella sua versione panino o “piadina” il kebab viene mangiato praticamente in tutto il mondo, anche come soluzione economica alla fame notturna o in orari non dei pasti. In Italia negli ultimi tempi il suo consumo è un po’ calato, anche perché consumare cibo di strada è diventata una moda abbastanza diffusa e in questo settore si trovano adesso molte alternative competitive. In ogni caso, l’industria del kebab continua a essere economicamente interessante: in Europa, secondo il Guardian, lavorano nel settore più di duecentomila persone, con un giro di affari annuale che si avvicinerebbe ai tre miliardi e mezzo.

Gli spiedi che si vedono nei ristoranti italiani sono spesso prodotti congelati, importati da Olanda e Germania, dove le comunità turche sono da anni numerose. Alcuni ristoratori, invece, lo producono artigianalmente. In Italia il kebab è presente ovunque, sopratutto al nord. A Torino e Milano hanno aperto i primi ristoranti che fanno kebab in una versione più raffinata, mischiando alla tradizione turca quella italiana e utilizzando prodotti di qualità, sia per le carni che per il pane e i condimenti. In un articolo di Vanity Fair del 2014, Luca Iaccarino, autore di Cibo di strada, il meglio dello street food in Italia, elenca alcuni ristoranti nei quali mangiare un buon kebab: a Milano ci sono Mariù, la prima kebabberia gastronomica in Viale Sabotino, e Nùn in via Spallanzani; a Torino c’è Demir Kebap, che serve carni di razza piemontese in Piazza Adriano; poi c’è l’Hamburgheria di Eataly, che nel menù propone il Kebabun, una rilettura italiana del kebab con arrosto di razza piemontese, e si può mangiare a Roma, Torino, Milano, Parma, Verona, Bergamo e Settimo Torinese.

Per distinguere un kebab artigianale da uno industriale bisogna fare caso all’aspetto del cono di carne. Se si presenta come un blocco unico si tratta di un prodotto industriale: probabilmente sarà stato sottoposto a più controlli rispetto a uno spiedo artigianale  del quale si riesce invece a distinguere ogni fetta di carne sovrapposta  ma avrà un gusto più artefatto del secondo, simile invece a un arrosto.