• Italia
  • Mercoledì 23 novembre 2016

La storia dell’evasione in elicottero da Rebibbia

Trent'anni fa oggi ci fu una delle più spettacolari fughe dal carcere della storia italiana, nel cielo di Roma

Una foto del carcere di Rebibbia scattata nel 1984. (Ap Photo/Massimo Sambucetti)
Una foto del carcere di Rebibbia scattata nel 1984. (Ap Photo/Massimo Sambucetti)

Una delle evasioni più spettacolari nella storia delle carceri italiane avvenne trent’anni fa, il 23 novembre 1986, nel carcere di Rebibbia a Roma. Durante l’ora d’aria, tre persone detenute cercarono di salire su un elicottero atterrato nel campo sportivo del carcere; uno venne fermato, mentre gli altri due riuscirono a scappare. Erano André Bellaiché, un francese di origini tunisine, e Gianluigi Esposito, romano legato ai movimenti dell’estrema destra della capitale.

L’evasione, poi, fu solo una parte della storia unica di Bellaiché e della Gang des postiches, una banda di criminali, ladri di banche e sequestratori attiva a Parigi tra il 1981 e il 1986, di cui Bellaiché fece parte. Tra i membri del gruppo, chiamato des postiches per via dei travestimenti che usavano durante le loro azioni, ci fu anche Jean-Claude Myszka, altro protagonista dell’evasione. Lui e Bellaiché erano molto amici: per descrivere Myszka, soprannominato il “biondino”, la stampa dell’epoca raccontò questo episodio risalente a pochi mesi prima dell’evasione. Durante una rapina in una banca di Parigi, la polizia catturò un componente del gruppo. Myszka stava scappando ma sentì le urla del compagno ammanettato e tornò indietro, sparando raffiche di mitra che gli permisero di liberarlo, e uccise un ispettore della gendarmeria.

Nel 1986 Bellaiché si trovava a Roma, ricercato dalla polizia francese e latitante. Una sera conobbe Rosa Fagioli, una ritrattista romana, in piazza Navona. Si misero insieme, comprarono un appartamento nel quartiere romano Centocelle con i soldi delle rapine di Bellaiché e lo intestarono a Fagioli. Bellaiché venne arrestato nell’agosto dello stesso anno perché non si era fermato a un posto di blocco: la polizia trovò molte carte d’identità false nella sua auto. Bellaiché rischiava l’estradizione in Francia, dove temeva di ricevere una condanna molto grave. Si mise in contatto con i suoi compagni e insieme organizzarono la fuga.

Myszka e un altro membro del gruppo, Patrick André Gaye, arrivarono a Roma pochi giorni dopo e vennero ospitati da Fagioli nella casa di Centocelle. A ottobre noleggiarono un elicottero per un volo di ricognizione, sottoponendosi a tutti i controlli antispionaggio previsti in caso di voli sopra la città: i noleggiatori fotocopiarono i loro documenti e le numerose foto che scattarono nel corso di quel volo.
Il 23 novembre Myszka e Gaye sequestrarono il pilota dell’eliambulanza dell’ospedale San Camillo, costringendolo ad alzarsi in volo e ad atterrare nel campo sportivo del carcere di Rebibbia durante l’ora d’aria. Lì erano pronti Bellaiché, Esposito e Luciano Cipollari, il detenuto che all’ultimo non riuscì a salire sull’elicottero. In un’intervista a Panorama una decina d’anni dopo, Esposito raccontò di averglielo impedito lui prendendolo a calci perché mollasse la presa. Esposito si giustificò dicendo che a Cipollari restavano da scontare solo due anni e se fosse evaso avrebbe rischiato una condanna molto più grave.

Il volo durò poco: per paura che la polizia li individuasse, l’elicottero atterrò in un campo sportivo poco lontano dal carcere, dove era in corso una partita di calcio tra le due squadre del quartiere. Nel libro La scuola cattolica di Edoardo Albinati c’è un capitolo in cui l’autore racconta che Gianluigi Esposito era un suo compagno di scuola, e di aver incontrato un testimone dell’atterraggio, il geometra Alfredo Rocchi. Rocchi, che all’epoca aveva tredici anni e stava giocando la partita, racconta di aver visto qualcuno sporgersi dall’elicottero con in mano un mitra e fare segno di andarsene. L’elicottero si posò in mezzo al campo sollevando un polverone dal quale uscirono Esposito e gli altri, armati. I quattro rubarono poi due macchine e raggiunsero una Golf con targa di Parigi che avevano parcheggiato vicino al quartiere Centocelle, dove Fagioli li aspettava.

La fuga proseguì verso la Francia, ma il gruppo commise una serie di errori grazie ai quali le polizie italiana e francese riuscirono a trovarli dopo venti giorni in una villetta di Yerres, a venticinque chilometri da Parigi. L’errore principale fu fuggire da Roma con un’auto rubata al proprietario, che diede una descrizione molto dettagliata di Myszka e Gaye. Mettendo insieme gli identikit, le fotocopie fatte ai documenti durante il volo di prova e le cose trovate nell’appartamento di Fagioli e sotto i sedili della Golf abbandonata, la polizia riuscì a ricostruire il percorso seguito dal gruppo fino alla villetta di Yerres. La mattina del 13 dicembre gli uomini del RAID, un reparto speciale della gendarmeria francese, arrestarono Bellaiché, Esposito, Myszka e Gaye, circondandoli nella villetta mentre dormivano con le pistole sotto al cuscino. Nella casa furono trovate dieci grosse pistole, due fucili mitragliatori, cinque bombe a mano, 200 grammi di tritolo e 1.400 cartucce di vario calibro, oltre a venti chili d’oro e un miliardo in banconote italiane e francesi.

I quattro furono tutti arrestati e condannati. Gray è tuttora incarcerato. Myszka fu liberato nel 1999 e nuovamente condannato nel 2001 per il furto di un’auto. Si suicidò nel 2003 nella casa della madre ad Aubervilliers, in Francia. Esposito venne trovato morto a Firenze nel 2006, probabilmente per overdose: lì si nascondeva sotto il falso nome di Davide D’Olivia, nato a Los Angeles. Bellaiché fu condannato a sette anni di carcere: sia per furto, che per la storia dell’evasione. La sua appartenenza alla gang des postiches, invece, non fu mai provata: Bellaiché infatti non ammise mai di fronte ai giudici di aver fatto parte del gruppo, sebbene abbia scritto un libro uscito nel 2011 dal titolo Ma vie sans postiche, traducibile in italiano con La mia vita senza camuffamenti.