Berlusconi su Trump, il referendum e il futuro

L'intervista al Corriere della Sera, con toni da statista e analista politico

ANSA/CIRO FUSCO
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Silvio Berlusconi ha dato a Francesco Verderami un’intervista pubblicata sabato sul Corriere della Sera, lunga e dai toni molto equilibrati e “istituzionali”: analizzando la vittoria di Trump senza mostrarne grandi simpatie, prendendo le distanze dalla destra, spiegando le ragioni tecniche e di analisi del quadro sociale e politico per cui sta predicando la vittoria del No al referendum costituzionale, riflettendo sul futuro successivo come uno che intenda farne politicamente parte.

Presidente Berlusconi, perché secondo lei negli Stati Uniti ha vinto Trump: è stato un voto contro l’establishment rappresentato dalla Clinton? Un giudizio negativo sulla presidenza Obama? Una reazione al processo di globalizzazione, indicato come causa dell’impoverimento degli americani?
«Sono convinto che Hillary Clinton abbia pagato il suo essere un elemento di continuità con gli otto anni di Obama e dell’establishment di Washington. Obama ha commesso molti errori, specie in politica internazionale. Dall’incoraggiamento delle cosiddette primavere arabe, all’inefficace contrasto all’integralismo islamico, fino alle controproducenti tensioni con la Russia. Ha indebolito la posizione dell’America e ha reso il mondo un luogo più instabile e pericoloso. Anche sul piano interno non credo che gli americani, soprattutto la classe media, abbiano avuto vantaggi da una politica tendenzialmente statalista».
Il suo amico George W. Bush ha fatto sapere di aver votato scheda bianca alle Presidenziali. Come giudica questa sua scelta?
«Capisco e rispetto le sue ragioni. Ma, conoscendolo, credo che — se servirà e gli sarà richiesto — si metterà ugualmente, con la generosità che gli è propria, a disposizione del suo Paese e del nuovo presidente».

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