Nella vita di uno studente, settembre non smette quasi mai di essere un mese di studio. Per i più giovani ricomincia la scuola, per altri ci sono gli esami di recupero, per gli universitari ci sono gli esami. Quello dei migliori metodi di studio è un tema verso il quale esistono molti pregiudizi e comprensibili diffidenze: ognuno ha le proprie strategie, sviluppate e perfezionate col tempo, e in pochi sono disposti a cambiarle perché leggono da qualche parte che non sono produttive o che potrebbero essere migliorate. Soprattutto negli ultimi anni però sono stati pubblicati libri e studi scientifici sull’argomento, e tutti concordano sul fatto che alcuni dei metodi di studio più diffusi non siano efficaci come pensiamo.
Si può pensare che per studenti diversi funzionino metodi diversi, ma John Dunlovsky, un ricercatore della Kent State University che ha analizzato circa 1.000 ricerche sull’apprendimento e ha pubblicato uno degli studi più completi sulla questione, sostiene che ci sono alcune strategie che sono efficaci per tutti. Le abbiamo raccolte, almeno a titolo informativo: anche se è probabile che molti continueranno con le proprie, indipendentemente da quello che dice la scienza. In bocca al lupo, in ogni caso.
Non leggere molte volte le stesse cose
Uno dei metodi di studio più utilizzati dagli studenti è rileggere diverse volte gli appunti o i libri di testo, sperando di ricordarsi sempre più cose di lettura in lettura. Nonostante possa sembrare un metodo sicuro e rassicurante per prepararsi a un esame, secondo diversi studi non è efficace. Henry Roediger e Mark McDaniel, due psicologi della Washington University che si sono occupati per molti anni di apprendimento e memoria, hanno usato come campione gli studenti della loro università, e hanno concluso che nella maggior parte dei casi chi rilegge una seconda o una terza volta un testo non aggiunge conoscenze a quelle accumulate dopo la prima lettura. Secondo i due ricercatori: «Quando si rilegge per la seconda volta qualcosa lo si fa pensando “questo lo so, questo lo so”. Perciò, in sostanza, non stai elaborando approfonditamente il testo, né apprendendo più cose. Spesso le seconde letture sono sbrigative e pericolose, perché ti danno l’impressione di sapere molto bene la lezione, mentre in realtà ci sono dei buchi».
Altri metodi che non funzionano bene come pensiamo
Dunlovsky ha scoperto che sottolineare frasi sui libri con l’evidenziatore non funziona per tutti gli studenti: se per alcuni è il modo più efficace di ricordarsi le cose sfruttando la memoria visiva, per altri può portare a un apprendimento frammentato e con molte lacune. Anche lo studio per parole chiave, dice lo studio di Dunlovsky, è efficace solo in un numero ridotto di casi, e ha pochi risultati sull’apprendimento a lungo termine. Un altro sistema che può rivelarsi poco produttivo, in rapporto al tempo che richiede, è riassumere in forma testuale i capitoli dei libri di testo. Dunlovsky dice che spesso questo metodo ha risultati simili alle riletture.
Quindi che si fa? Ora cominciamo.
Domande e schemi: ✔
Al posto di leggere e rileggere molte volte le stesse cose, alcuni importanti studi consigliano di adottare tecniche più stimolanti e varie, come farsi delle domande su quello che si è letto per la prima volta, prendendole direttamente dal testo di studio – se ci sono – o inventandosele. È utile per verificare quello che non si è capito: accorgersi di non sapere qualcosa e andare a rivederselo è un modo efficace di fissarlo nella testa. Le domande migliori sono quelle che prevedono risposte articolate: le cause di un evento storico, per esempio. Roediger e McDaniel consigliano anche di provare a fare collegamenti tra le nuove informazioni che si apprendono e quelle più sedimentate che conosciamo bene.
Non c’è unanimità sull’efficacia di ripetere ad alta voce quello che si è studiato: per molte persone però funziona come sistema per far capire al cervello che qualcosa è importante, se fatto almeno un paio di volte. Vale però soprattutto per le nozioni, come eventi storici, coniugazioni verbali e materie scientifiche. Diversi studi consigliano anche di fare schemi che stimolino la memoria visiva, con diagrammi e tabelle. Soprattutto, dicono Roediger e McDaniel, è utile provare a compilare degli schemi senza consultare i testi, per mettere alla prova quello che si è imparato.
Cambiare spesso posto
Il libro “How We Learn: The Surprising Truth About When, Where and Why It Happens”, giornalista scientifico del New York Times, consiglia di cambiare di volta in volta il luogo in cui si studia. Invece di starsene sempre alla stessa scrivania, sul divano del salotto o chini sul tavolo della cucina, è consigliabile trovare posti nuovi dove studiare. In questo modo il cervello riceve maggiori stimoli e impara ad associarli a ciò che si sta studiando, rendendo più semplici i processi cognitivi che permettono di ricordare le cose. Al cervello piace variare, scrive Carey, “si vuole muovere e ha bisogno periodicamente di pause” e distrazioni. Mentre studia a memoria la tavola periodica degli elementi, uno studente può essere per esempio “distratto” dal suono del telefono, o da un cane che abbaia per strada. Ma inconsciamente il cervello può associare quei rumori alle cose che si stanno studiando, rendendole più facili da ricordare. Se quindi la volta successiva si studia in un bar, altri rumori o fatti che avvengono al suo interno possono essere associati a ciò che si sta memorizzando.
Come hanno dimostrato molti studi, e ha raccontato Joshua Foer nel suo bel libro sull’uso della memoria, la nostra mente funziona molto per associazioni visive e spaziali. Spesso si ricorda il contenuto di una conversazione o di una telefonata, o una notizia ricevuta, proprio in relazione al luogo dove ci si trovava.
Tempi
I tempi sono altrettanto importanti, soprattutto in relazione all’importanza di quello che si sta studiando. Se si sta preparando un esame o una verifica su un argomento che non servirà conoscere in futuro, può essere efficace concentrare lo studio nei giorni immediatamente precedenti. Questo metodo però è poco efficace per imparare qualcosa sul lungo periodo: è molto probabile che le informazioni che si sono stipate nel cervello nel giro di qualche decina di ore spalmate in poche sessioni scompaiano molto presto. Per fare capire al cervello che si tratta di informazioni importanti è bene invece parlarne con qualcuno, raccontando che cosa si è da poco studiato. Insomma, il vecchio consiglio della maestra di ripetere la lezione a un fratello o alla nonna è in effetti un ottimo sistema per dare un rinforzo alla propria memoria.
Sempre per quanto riguarda i tempi, Carey suggerisce la tecnica del “distanziamento”, cioè di aumentare le sessioni di studio ma di ridurre la loro durata. Usando un’efficace analogia, Carey dice che si può annaffiare il proprio giardino una sola volta la settimana per 90 minuti, o che si può ottenere un risultato migliore se lo si annaffia mezz’ora per tre volte la settimana, ottenendo un prato più rigoglioso. Un altro sistema spesso consigliato è studiare argomenti e materie diversi in una stessa sessione, invece di concentrarsi a lungo su un argomento per poi passare in blocco a uno completamente diverso. Tra lo studio e le sessioni di ripasso è opportuno lasciare passare qualche giorno.