Il caso del presunto quadro di Peter Doig è stato risolto

L'artista scozzese è riuscito a dimostrare in tribunale di non aver dipinto un quadro realizzato 40 anni fa

Il quadro che Peter Doig doveva dimostrare di non aver dipinto (Bartlow Gallery, Ltd. via AP)
Il quadro che Peter Doig doveva dimostrare di non aver dipinto (Bartlow Gallery, Ltd. via AP)

L’artista scozzese Peter Doig, uno dei pittori viventi più conosciuti e quotati al mondo, ha vinto la causa in cui doveva dimostrare di non aver dipinto un quadro realizzato nel 1976. Doig è cresciuto tra Trinidad, l’isola più a sud dei Caraibi, e il Canada, e nel 1975 frequentava un corso di arte alla Lakehead University, a Thunder Bay, in Ontario: l’uomo che gli aveva fatto causa, l’ex guardia carceraria Robert Fletcher, sosteneva (e sostiene tuttora) che in quel periodo Doig gli abbia venduto un quadro. L’opera in questione rappresenta un deserto roccioso, non ha un titolo ed è firmata “Pete Doige 76”, un nome leggermente diverso da quello del famoso pittore scozzese.

Doig ha sempre detto di non aver mai dipinto quel quadro, ma della storia si è parlato molto quando il tribunale ha chiesto a lui di dimostrare di non averlo dipinto (e non il contrario, che sarebbe sembrato più logico). Il 23 agosto, comunque, il giudice del tribunale di Chicago in cui si svolgeva il processo gli ha dato ragione.

Questo è il quadro.

quadro peter doig

Doig è riuscito a dimostrare di non essere l’autore del quadro grazie alla testimonianza di Marilyn Doige Bovard, sorella di Peter Edward Doige, l’uomo morto nel 2012 che ha effettivamente realizzato il quadro. Il giudice ha stabilito che tutta la storia sia stata un caso di errore di identità.

La storia aveva attirato l’attenzione dei media non solo perché Doig è un artista molto noto, le cui opere sono solitamente vendute a cifre record dalla casa d’aste londinese Sotheby’s, ma perché non era mai capitato che un artista vivente dovesse provare di non aver realizzato un’opera. Solitamente le disquisizioni sulla paternità di un’opera d’arte avvengono dopo la morte dei presunti autori: in questo caso la testimonianza di Doig era messa in discussione perché secondo Fletcher il pittore avrebbe negato di aver dipinto il quadro in quanto testimonianza di un periodo passato in prigione.

Secondo Fletcher, Doig avrebbe dipinto il quadro mentre era detenuto nel carcere in cui Fletcher lavorava per un’accusa legata all’uso di LSD. Doig ha però negato di essere mai stato in prigione, fatto che non poteva essere facilmente provato dato che non si sono trovate informazioni sul carcere in cui lavorava Fletcher antecedenti il 1985. Ora che però la testimonianza di Marilyn Doige Bovard ha chiarito la storia, non dovrebbero esserci più dubbi sul fatto che Doig ha sempre detto la verità. Dopo il processo l’artista ha detto che “non dovrebbe mai succedere che un artista vivente debba difendere la paternità delle sue opere”. L’avvocato di Robert Fletcher, William Zieske, ha detto invece che il suo cliente ha fatto causa a Doig in buona fede e che esistono possibilità di appello.