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  • Venerdì 3 giugno 2016

Non è ancora arrivata la fine della carta

Sopravviverà a Kindle e iPad, così come le lampadine non hanno ucciso le candele né il cinema ha spazzato via il teatro

di Michael S. Rosenwald - The Washington Post

(AP Photo/Jae C. Hong)
(AP Photo/Jae C. Hong)

L’ultimo libro a rientrare nel sempre più ampio genere letterario dedicato alla storia e alla capacità di sopravvivenza della carta è Paper: Paging Through History di Mark Kurlansky, già autore di un bestseller su un altro prodotto molto usato nella nostra vita quotidiana: il sale. Mentre il duraturo fascino del sale non è in discussione, come potrebbe confermare qualsiasi cardiologo, nel caso della carta le cose stanno diversamente. Migliaia di cartiere hanno chiuso, vengono venduti milioni di iPad e di Kindle e le grandi catene di librerie sono in difficoltà. Google, poi, è diventato il nostro dizionario. Quando è stata l’ultima volta che avete ricevuto una cartolina? O che avete trovato un elenco telefonico davanti al portone di casa?

La carta, però, non è morta. Le vendite degli e-book sono in calo, mentre crescono quelle dei libri stampati. Negli Stati Uniti le librerie indipendenti e specializzate in libri usati vanno molto bene. Gli studenti universitari preferiscono i testi cartacei a quelli elettronici. Di recente, poi, proliferano libri voluminosi che spiegano perché la carta non è morta e non morirà mai. Per numero di pagine, peso e aneddoti storici, il libro di Kurlansky, lungo 416 pagine, è simile a On Paper: The Everything of its Two-Thousand-Year History di Nicholas A. Basbanes (430 pagine), pubblicato a fine 2013. Confrontando velocemente i due indici si scopre che nel libro di Kurlansky, Gutenberg viene citato per la prima volta a pagina XVIII, mentre in quello di Basbanes accade a pagina 63.

Ci sono anche White Magic: The Age of Paper, pubblicato l’anno scorso, e The Paper Trail: An Unexpected History of a Revolutionary Invention, uscito a marzo; tra l’estate e l’autunno usciranno negli Stati Uniti libri sulla storia delle lettere e della calligrafia, e senza dubbio altri ancora sono in preparazione. Questa “corsa alla carta” non è ovviamente una moda editoriale paragonabile a quella per scoprire nuovi thriller nordici nata dopo la pubblicazione dei libri di Stieg Larsson. Per le case editrici in generale essere autoreferenziali e pubblicare libri che giustifichino la loro esistenza non è una novità: il genere esiste da moltissimo tempo (A History Of Paper: Its Genesis And Its Revelations, Origin And Manufacture, Utility And Commercial Value Of An Indispensable Staple Of The Commercial World fu pubblicato nel 1882).

La recente abbondanza di libri sulla carta, però, è importante perché tra le altre cose ci ricorda che l’arco della storia e dell’innovazione è più lungo del periodo tra un aggiornamento di iOS e un altro. Come ha scritto molto efficacemente Kurlanksy, la tecnologia non definisce la società: è la società a definire la tecnologia.

I cronisti che raccontano il ruolo della carta nella storia lo fanno spesso con affermazioni sopra le righe: l’architettura non sarebbe stata possibile senza la carta. Senza la carta non ci sarebbe stato il Rinascimento. Se non ci fosse stata la carta la Rivoluzione industriale non sarebbe stata possibile. Niente di tutto questo è vero. Questi sviluppi sono arrivati perché la società era arrivata a un punto in cui erano diventati necessari. Questo vale per tutte le tecnologie, ma è particolarmente evidente nel caso della carta.

Gli europei iniziarono a utilizzare la carta solo mille anni dopo che i cinesi l’avevano inventata. Non che prima non la conoscessero: per anni gli arabi avevano provato a vendergliela. Gli europei però se ne interessarono solo dopo aver imparato la matematica e la scienza degli arabi e aver ampliato la loro letteratura. A quel punto le pergamene di pelle animale – il materiale su cui avevano scritto fino a quel momento – erano diventate troppo lente e costose da produrre per soddisfare la crescita delle esigenze in Europa.

Tutte le volte che la carta viene data per spacciata, sostengono Kurlanksy e altri scrittori che si sono occupati del tema, si rivela dotata della stessa immunità comune ad altre invenzioni:

L’invenzione dei caloriferi a gas ed elettricità non ha comportato la fine dei camini. Con la stampa non si è smesso di scrivere a penna; la televisione non ha ucciso la radio, così come il teatro non è stato ucciso dai film, e le videocassette non hanno ucciso il cinema, nonostante tutte queste cose fossero state erroneamente previste. Con le calcolatrici elettroniche non abbiamo smesso di usare l’abaco, e oltre un secolo dopo che Thomas Edison ottenne un brevetto per una lampadina che ebbe un grande successo commerciale nel 1879, solo negli Stati Uniti ci sono ancora quattrocento fabbriche di candele, che danno lavoro all’incirca a settemila persone e con vendite annue superiori ai due miliardi di dollari.

Certamente non torneremo mai più a usare la carta come facevamo prima dell’arrivo dei computer. I dispositivi elettronici sono di gran lunga superiori alla carta per molte delle nostre attività quotidiane. Ma mentre ci abituiamo all’età dell’informazione, ancora una volta è la società a definire l’uso che facciamo della tecnologia, e non il contrario. Abbiamo bisogno della carta. Su Amazon si possono addirittura ordinare delle repliche di pergamena. «Le ho usate per fare 50 lettere di Hogwarts che ho fatto uscire dal mio camino durante una festa a tema “Harry Potter”», si legge in una recensione. «La carta era perfetta».

© 2016 – The Washington Post