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  • Mercoledì 6 aprile 2016

Posti e persone dell’Aquila, 2016

Le fotografie di quelli che hanno riaperto un'attività tra le crepe del centro della città, a sette anni - oggi - dal terremoto

(foto di Andrea Signori)
(foto di Andrea Signori)

Il 6 aprile del 2009, sette anni fa, una forte scossa di terremoto distrusse la città dell’Aquila in Abruzzo, e luoghi e paesi intorno, uccidendo più di 300 persone. Il terremoto trasformò completamente la vita dei posti che aveva colpito, a cominciare dalla città che era capoluogo della regione e una delle più importanti e belle dell’Italia centromeridionale. La ricostruzione avvenne con grandi lentezze e inadeguatezze e di fatto non si è mai compiuta, lasciando il centro della città in condizioni che oggi sono in molte parti le stesse dei giorni dopo il terremoto.

Andrea Signori è un fotografo veneto di quarant’anni, che lavora spesso coi temi del lavoro e delle persone che lavorano nei territori italiani ma anche in altri posti del mondo. È andato all’Aquila con l’idea di “cercare di superare ciò che è stato rappresentato della città finora, ovvero macerie ed esclusivamente difficoltà”: e ha trovato in effetti macerie e difficoltà ma anche persone che hanno aperto delle attività nuove nel centro della città, convivendo con i segni del terremoto. Tra di loro una coppia di tatuatori, Sasha e Pelino, che hanno aperto il loro laboratorio in un antico palazzo aristocratico, François e la moglie, con la loro camiceria su misura davanti a S. Maria Paganica, Giuliano, che ha riaperto una libreria, Piotr, un artista di origine polacca che lavora sull’ossidazione delle monete, Paola che prepara panini; e poi Gino, venticinquenne liutaio, Andrea, gallerista d’arte e altri ancora. Tutti hanno aperto in centro all’Aquila.

Nonostante riaprano le prime attività nel centro storico, la situazione è ancora parecchio grave. Nel corso del 2015 sono partiti diversi cantieri, un fatto positivo ma che indica anche la lentezza con cui sta progredendo la ricostruzione. Le cose, ha raccontato Città Nuova, sono un po’ migliori fuori dal centro, dove gran parte delle case danneggiate dal terremoto sono state sistemate o ricostruite e “se non fosse per i cumuli di detriti che spuntano qua e là, sembrerebbe quasi che lì il terremoto non ci sia stato”. Ancora più fuori, dove sono state costruiti i palazzi del progetto C.A.S.E., la situazione è comunque difficile: le nuove costruzioni, edificate e progettate di fretta, si sono dimostrate anche poco solide. Le cose non sono meglio nemmeno negli altri comuni intorno all’Aquila che sono stati danneggiati dal terremoto e ci sono ancora centinaia di persone che attendono di poter tornare a casa.