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    Altri risorti, oltre a Quello famoso

    Gabriel Garcia Marquez, Cent’anni di solitudine

    Quando la piccola Rebeca portò a Macondo “la peste dell’insonnia”, il contagio si diffuse e nessuno riuscì più a dormire: “Bambini e adulti succhiavano beatamente i deliziosi galletti verdi dell’insonnia e i teneri cavallini gialli dell’insonnia, di modo che l’alba del lunedì sorprese sveglio tutto il villaggio”. Ma la malattia dell’insonnia portò con sé anche l’oblio dei nomi delle persone e delle cose. Così gli abitanti di Macondo furono costretti ad appiccicare su ogni oggetto ed essere vivente, capre e teiere, orologi e banani, dei cartellini con il nome per continuare a sopravvivere e parlarsi. Ma il villaggio sprofondava ugualmente nella dimenticanza. Una sera arrivò “un uomo decrepito” che nessuno riconobbe. “Aprì la valigia zeppa di oggetti indecifrabili, e tra quelli prese una valigetta con parecchi flaconi. Diede da bere a José Arcadio Buendia una sostanza di colore gradevole, e la luce si fece luce nella sua memoria”. “Era Melquíades”. “Lo zingaro veniva deciso a restare nel villaggio. Era stato nella morte, effettivamente, ma era tornato perché non era riuscito a sopportare la solitudine”.

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    Altri risorti, oltre a Quello famoso

    I fratelli Grimm, Biancaneve

    Anche le storie di resurrezione possono essere edulcorate, poco a poco. Per Biancaneve – che in tedesco si chiama Schneewittchen – i fratelli Grimm ci misero 55 anni e tre edizioni. Nell’edizione delle Fiabe dei bambini e del focolare del 1812 è la madre, non la matrigna, a ordinare l’uccisione della fanciulla perché invidiosa della sua bellezza. È suo anche l’ordine al cacciatore di ucciderla nel bosco e di riportarle fegato e polmoni per mangiarseli con sale e pepe. Ed è sempre la mamma, travestita da vecchiaccia, a dare alla fanciulla la mela avvelenata. Nella versione originale, come se non bastasse, povera ragazza, a un certo punto si presenta anche il principe, che vedendola nella bara di cristallo così bella, se ne innamora e all’istante chiede ai nani di portargliela al castello per trascorrere giorno e notte a guardarla e a desiderarla. Non c’è traccia, invece, del bacio rivitalizzante, che probabilmente Disney prese in prestito dalla Bella addormentata nel bosco. Biancaneve si risveglia perché, molto più realisticamente che in Disney, sputa la mela a causa di un servitore che inciampando fa cadere la bara. Rimane intatta la morale: la bellezza del momento in cui si fiorisce è eterna e non può portartela via nessuno, neppure una matrigna – o una mamma – cattiva.

    La prima pagina di “Biancaneve” in un libro illustrato con le storie dei fratelli Grimm.

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    Stephen King, Incubi & deliri

    In Stephen King i morti ritornano in molti modi, e non hanno mai buone intenzioni. Tornano sotto forma di fantasmi come le gemelline di Shining, di animali zombie come in Pet Sematary, di parenti zombie come in Jerusalem’s Lot. In Incubi & deliri – che è una raccolta di racconti – ritornano due volte, la prima in modo terrificante, la seconda in modo inquietante ma con un minimo di ironia: in Parto in casa i vivi sono costretti a uccidere le persone amate che vengono rivomitate fuori dalle tombe; in E hanno una band dell’altro mondo (attenzione: spoiler) una giovane coppia giunge a Rock and Roll Heaven, un paese dell’Oregon dove le rockstar morte continuano a vivere: Janis Joplin fa la cameriera, e in città si aggirano Roy Orbison e Jim Morrison. I due tentano di fuggire, ovviamente, ma vengono fermati a un posto di blocco dal poliziotto Otis Redding. Poco dopo il sindaco Elvis Presley li informa che sono obbligati a rimanere e a sorbirsi, ogni maledetta sera, i maledetti concerti di John Lennon, Jim Croce, Marvin Gaye e Freddy Mercury.

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    Carolina Invernizio, La sepolta viva

    Ai suoi tempi Carolina Invernizio da Voghera era una star. I suoi romanzi d’appendice vendevano centinaia di migliaia di copie. Ne scrisse a centinaia – 126 solo per l’editore Salani, sette soltanto nel 1892 – rimestando senza pudore nel calderone degli istinti repressi delle donne italiane di allora. Dedicò libri ogni condizione e mestiere: La bella sigaraia, La guantaia di Torino, Storia d’una sartina, La bastarda, La figlia della portinaia, La commessa. Antonio Gramsci la definì «onesta gallina della letteratura italiana». La Invernizio replicò, non solo a lui: «Io ho dei critici un’allegra vendetta. Che le mie appassionate lettrici ed amiche sono appunto le loro mogli, le loro sorelle». Invernizio compare in questa galleria perché tra i temi che più la appassionarono – e che più appassionarono le sue lettrici – c’è il ritorno dalla morte. In titoli come La mano della morta, La rediviva, La sepolta viva e Il bacio di una morta, si compie una sfilata di donne che ritornano dalla morte per ricongiungersi ai loro necrofili amanti. Il desiderio maschile doveva apparire così travolgente da non fermarsi neppure davanti all’inanimato, quello femminile era così represso, punito e imbalsamato da potere essere raffigurato soltanto come resurrezione. Proprio per questo è difficile che – nonostante una coraggiosa riedizione di Einaudi del Bacio di una morta nel 2008 – anche la fortuna commerciale di Carolina Invernizio possa risorgere.

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    Altri risorti, oltre a Quello famoso

    Philip K. Dick, Ubik

    Quando gli oggetti incominciano a regredire a forme più arcaiche – i videotelefoni diventano telefonini in bachelite e i razzi aeroplani – tutti incominciano a morire, uno dopo l’altro. Quello di Ubik è un mondo in cui la resurrezione è impossibile perché la morte è stata abolita, e quando si muore si rimane sospesi per sempre in semi-vita all’interno dei moratorium, cliniche specializzate non per guarire ma per mantenere in vita, senza potersi muovere ma potendo comunicare telepaticamente con chi è rimasto dall’altra parte. In un mondo così, l’unica resurrezione possibile è scoprire di essere tutti già morti.

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    Baudoin de Condé, I tre vivi e i tre morti

    Una volta i morti tornavano per spiegare ai vivi come vivere meglio. Non erano incontri piacevoli, ma almeno non si veniva mangiati. Nel milleduecento in Europa si diffuse una storia che fu affrescata sulle pareti di almeno 92 chiese e riscritta decine di volte. Una delle prime versioni è Li troi mort et li troi vif, un testo di 164 versi scritti tra il 1240 e il 1280 dal menestrello e trovatore Baudoin de Condé. Racconta di tre giovanotti viziati che durante una battuta di caccia nei boschi si imbattono in tre morti – a quel tempo andavano forte gli scheletri – che graziosamente ricordano loro la vanità della vita e la realtà del destino che tutti ci attende. In antico provenzale l’ammonimento era «Tals co tu iest e ieu fui e tu seras tals co ieu sui», che si può tradurre: «Tu sei come io fui, e tu sarai come io sono». Si risorgeva soltanto per ricordarsi che bisognava morire.

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    Alexander Lernet-Holenia, La resurrezione di Maltravers

    «La notte prima del funerale, Georg Maltravers era tornato in sé verso le due o le due e mezzo del mattino. Pensava di avere solamente dormito e, benché intirizzito e irrigidito, si sentiva al contempo notevolmente ritemprato. Fece per rigirarsi nel letto, ma cadde dal catafalco con tutta la bara». In vita il conte Maltravers era stato un grande avventuriero e dilapidatore di patrimoni, da morto non si accorse di essere morto e neppure di essere vivo di nuovo. «Poiché aveva freddo, si avvolse nel drappo funebre di velluto e, così infagottato, rimase seduto sulla sponda della bara come una scimmia malata». Risorgere senza farlo sapere a nessuno, può comportare vantaggi. Per esempio, quello di potere morire di nuovo ma in un modo migliore, o di far rivivere a un altro la propria vita, azione per azione, godendosi il privilegio di non dover vivere in prima persona.

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    Max Brooks, World War Z

    L’epidemia zombie inizia in Cina e presto contagia tutto il mondo. Nell’infinita serie di libri e film sul ritorno in massa degli zombie, World War Z: An Oral History of the Zombie War – da cui è tratto il film con Brad Pitt – è l’unico che struttura il ritorno dei morti viventi come una Guerra mondiale. Per rendere il racconto più realistico e politico, e quindi spaventoso, il romanzo si basa su interviste a testimoni diretti, racconta di programmi segreti del Pentagono, descrive la reazione degli Stati e degli eserciti. Max Brooks – che è anche l’autore di Manuale per sopravvivere agli zombie, un testo di tecniche di guerriglia e sopravvivenza ai disastri – usa gli zombie come simbolo di tutte le catastrofi possibili, ambientali, nucleari o epidemiologiche, perché sa che gli zombie riassumono un’unica paura: che i vivi stiano costruendo quello con cui saranno sterminati.

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    Saki, La finestra aperta

    Per fare tornare i morti a volte basta spostare un dettaglio. Saki, vero nome Hector Munro, fu uno scrittore inglese di brevi racconti perfetti. Morì durante la Prima guerra mondiale. La finestra aperta (attenzione, spoiler) racconta la storia di un uomo malato di nervi che va in visita nella casa di campagna di persone che non conosce. Ad accoglierlo trova una ragazzina che lo fa accomodare in salotto dove c’è una porta-finestra socchiusa che dà sulla campagna. La ragazzina gli racconta della tragica morte dello zio e dei cugini, annegati in una palude l’anno precedente durante una battuta di caccia. Il sole incomincia a calare e il freddo a filtrare da fuori. L’uomo domanda se la finestra possa essere chiusa. Ma la ragazza dice, no, non è il caso, dopo la tragedia, sa, la zia è impazzita dal dolore, e si è convinta che lo zio possa ritornare, tornava sempre a quest’ora, e ogni volta fischiava per avvisarla. L’uomo si volta verso la finestra. Nella penombra, in fondo al prato, alcuni uomini vengono verso casa, intorno a loro ci sono dei cani da caccia e in mano hanno dei fucili, uno di loro inizia anche a fischiare.
    I racconti di Saki, piuttosto difficili da trovare, ormai. Ma il Saggiatore sta per pubblicare una nuova traduzione.

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    Ernst Bloch, Tracce

    Brigadoon è un film di Vincente Minnelli del 1954 con Gene Kelly e Cyd Charisse, che racconta l’arrivo di due turisti americani in uno sperduto villaggio della Scozia non toccato dalla modernità. Gli abitanti hanno vestiti antichi e non ci sono automobili. Naturalmente il protagonista si innamora di una ragazza del luogo. Scoprirà che il villaggio si risveglia una volta ogni cent’anni, e poi per altri cento scompare. E che lui è capitato lì proprio quel giorno. La storia è tratta – ma nei credits di Brigadoon non ce n’è traccia – da un racconto popolare dell’Ottocento di Friedrich Gerstäcker, citato dal filosofo Ernst Bloch in Tracce. Bloch scrive che gli abitanti si intristivano ogni volta che la campana suonava, perché i rintocchi consumavano l’unico giorno che avevano per essere vivi. Nel racconto non c’è lieto fine, a differenza che nel film: quando il giorno seguente il protagonista ritorna, il villaggio non c’è più. Invece c’è un uomo che alle sue richieste, risponde: «Lasciamo in pace i morti, soprattutto quelli che non sono veramente in pace, ed escono fuori ora qua ora là, come gli pare e piace». La morte, forse, è andare fuori tempo.

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    Patrick Modiano, Dora Brüder

    Nel 1988 uno scrittore legge un annuncio a pagamento uscito sul quotidiano Paris Soir l’1 gennaio 1941, durante l’occupazione nazisti. Dora Bruder, una ragazzina ebrea di 15 anni è scomparsa e i genitori chiedono se qualcuno l’ha vista. Indossava scarpe da ginnastica, un cappello e un pullover bordeaux. Lo scrittore decide di cercarla, vuole scoprire chi era, se è ancora viva, ritorna nella casa dove viveva, al 41 di boulevard Ornano, il convento in cui si rifugiò – lo stesso dove nei Miserabili Victor Hugo nasconde Jean Valjant e Cosette –, intreccia le strade di Dora alle proprie, i suoi ricordi si sovrappongono ai luoghi dove anche lei ha vissuto. Trova un’unica traccia – il nome di Dora Bruder compare in una lista di deportati ad Auschiwitz nel settembre 1942 – ma è tutta Parigi che sembra ancora abitata dai morti – tedeschi, collaborazionisti, portinaie, suore, ragazzine – che come Dora Bruder hanno lasciato una presenza di sé nei luoghi abitati, in attesa di essere resuscitati dall’attenzione dei vivi.

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    Edgar Allan Poe, I racconti

    
I racconti di Edgar Allan Poe sono pieni di morti viventi. Il cuore dei vivi può riprendere a battere, o comunque a essere sentito, anche dopo che li hai uccisi e murati. Ma in Poe chi ritorna sono donne, soprattutto. C’è Ligeia, la prima amatissima moglie di un uomo che si è risposato con una che detesta. Quando anche la seconda moglie muore, resuscita subito ma si trasforma progressivamente in Ligeia. E c’è Morella, per cui il marito prova un tale terrore da desiderarne la morte. Ma quando anche Morella muore, dà alla luce una bambina identica a lei, un’altra Morella. In entrambi i racconti, mostruosamente, la morte di una donna coincide con la sua resurrezione.

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    Emilio Salgàri, Sandokan Le Tigri di Mompracem

    «– Vedi queste pillole, diss’egli a Marianna, che pareva spaventata. – Esse m’aiuteranno per tentare la mia fuga. Sono formate di parecchi veleni delle foreste di Maludu e hanno la proprietà di addormentare o meglio di sospendere la vita per sei ore, dopo le quali colui che le inghiottì si risveglia perfettamente senza provare la menoma alterazione fisica». Lady Marianna all’inizio protesta, ma poi si convince: «Sì, tu hai ragione, adorato Sandokan, sarebbe la morte per entrambi. Sì, rimarrò, tornerò a Labuan e lì aspetterò la tua resurrezione». Un vero eroe è così figo che sa ingannare anche la morte. Quando Emilio Salgàri decise di morire in un bosco sulle colline di Torino, per non sbagliare preferì tagliarsi la gola con un rasoio.

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    William Shakespeare, Romeo e Giulietta

    Per fare vivere tutti felici e contenti sarebbe bastato un sms, forse anche solo un emoticon SMILE. La cosa irritante di Giulietta e Romeo è quanto sarebbe stato facile scongiurare la catastrofe. Lei che, senza avvisare Romeo, beve la pozione medicamentosa di Frate Lorenzo e per quarantadue ore giace in stato di morte apparente, lui che vedendola non trova di meglio che togliersi la vita – «E così con un bacio io muoio» – lei che risvegliandosi trova lui morto e questa volta, come Salgàri, si pugnala. Nessuna resurrezione è stata più inutile. La triste storia di Giulietta e Romeo è l’opposto di Biancaneve: il bacio invece che resuscitare annuncia la morte, e la resurrezione non è la fine, ma soltanto una piccola pausa dentro la morte.

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    Pär Lagerkvist, Barabba

    Uno sta per essere condannato a morte, ma viene graziato e viene graziato perché a morte mandano il figlio di Dio. È naturale che, dopo, si senta confuso. Sceso dalla croce, Barabba va a incontrare i vecchi amici, ma qualcosa gli manca: la sua permanenza in vita assomiglia all’inizio di una nuova vita. Assomiglia a una resurrezione. (E anche questo è un tema: che fare se si potesse o dovesse ricominciare tutto da zero?). Barabba ha bisogno di dare un senso ulteriore alla sua vita, desidera trovare la fede, vuole verificare se davvero le cose stavano come diceva Gesù, e se davvero la morte era soltanto una pausa per resuscitare a una vita più grande. Così va a incontrare Lazzaro, l’unico uomo che, essendo tornato, potrebbe testimoniare che una vita dopo la morte esiste davvero. Lazzaro conferma, ma gli appare triste e distante perché, gli spiega, il Regno dei morti c’è, ma è il nulla.

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    John Niven, A volte ritorno

    Il mondo è un disastro e l’Amministratore delegato da se stesso – cioè Dio – decide di rispedire suo Figlio sulla Terra. Gesù arriva a New York oggi, o ieri, comunque adesso, e per mandare il suo messaggio all’umanità decide di partecipare ai provini del talent show American popstar. Naturalmente li supera e diventa una star, ma viene cacciato quando critica il papa. Così fonda una comunità hippy in Texas, circondandosi di derelitti dediti alla marijuana e all’amore libero. Le autorità decidono di intervenire e assaltano la comunità facendo una strage. Il processo a Gesù è una farsa. La condanna a morte – per iniezione letale – già scritta. Viene sepolto, ma dopo tre giorni il suo cadavere scompare. Prima di essere ucciso di nuovo Gesù ha il tempo di lanciare un ultimo messaggio ai suoi fan. Dice soltanto: «Fate i bravi».

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    Il Post è una testata registrata presso il Tribunale di Milano, 419 del 28 settembre 2009 - ISSN 2610-9980

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