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  • Giovedì 11 febbraio 2016

La rivolta nel carcere di Topo Chico, in Messico

Un tentativo di evasione si è trasformato in una rissa tra due bande di narcotrafficanti e poi in scontri con le guardie: ci sono 52 morti

I parenti dei prigionieri del carcere di Topo Chico fuori dal penitenziario a Monterrey, in Messico, l'11 febbraio 2016 (JULIO CESAR AGUILAR/AFP/Getty Images)
I parenti dei prigionieri del carcere di Topo Chico fuori dal penitenziario a Monterrey, in Messico, l'11 febbraio 2016 (JULIO CESAR AGUILAR/AFP/Getty Images)

Durante una rivolta in un carcere in Messico, 52 persone sono morte e 12 sono rimaste ferite. Durante una conferenza stampa, le autorità hanno spiegato che i disordini nel penitenziario di Topo Chico – che si trova a Monterrey, nel nord-est del paese – sono iniziati alle 23:30 del 10 febbraio quando i membri dell’organizzazione di narcotrafficanti Cartello del Golfo, guidati da Jorge Iván Hernández Cantú, detto “El Credo”, hanno cominciato a scontrarsi con il gruppo rivale dei Los Zetas, guidati da Juan Pedro Saldívar Farías, “El Z 27”. Le guardie del carcere non sono riuscite a sedare le violenze e le autorità statali hanno inviato l’esercito. Le persone morte erano tutti detenuti del carcere, non è ancora chiaro quante sono state uccise da altri detenuti e quante dalle guardie e dall’esercito.

Nel frattempo si era sviluppato un incendio in una parte del carcere, e il fumo ha attirato all’esterno della prigione i parenti dei detenuti per avere informazioni sulla salute dei loro familiari. Dopo qualche ora i parenti sono stati lasciati entrare nella struttura, insieme al personale sanitario.

Nelle prigioni messicane vivono circa 250 mila detenuti: le rivolte sono molto frequenti, anche a causa del sovraffollamento. Il 27 aprile 2013, per esempio, 12 detenuti del carcere di La Pila, nello stato di San Luis Potosí, morirono durante una rivolta e 65 rimasero feriti. In quel caso i disordini furono causati dai membri di una gang che derubavano e molestavano altri detenuti. Un altro grave problema delle carceri messicane è il potere dei gruppi della criminalità organizzata, come il Cartello del Golfo e i Los Zetas, che nel 2010 si sono separati dal primo gruppo di cui erano il braccio armato. I membri originari dei Los Zetas erano disertori delle forze speciali dell’esercito messicano e dell’esercito del Guatemala. Oltre al traffico internazionale di droghe, sono responsabili di rapimenti a scopo di estorsione e altre attività illecite in tutta la zona del Centroamerica. Il leader dei Los Zetas, Omar Treviño Morales detto “El Z42”, è stato arrestato il 4 marzo 2015.

La sovrappopolazione dei carceri del Nuevo León, lo stato di Monterrey, è uno dei problemi principali del governatore Jaime Heliodoro Rodríguez Calderón, detto “El Bronco”: quando ha assunto l’incarico, a ottobre 2015, c’era un 40 per cento di detenuti in eccesso. In totale, ci sono 8.120 detenuti in Nuevo León, di cui circa 1.600 sotto la giurisdizione federale. Il carcere di Topo Chico in particolare aveva una sovrappopolazione del 40 per cento nella parte riservata agli uomini e del 63 per cento nella sezione femminile. Dopo la fine della rivolta, Martín Sánchez, direttore dell’organizzazione non governativa per la riforma del sistema penale messicano Renace, ha detto che da molti anni lo stato non aveva il controllo del penitenziario di Topo Chico, in mano ai gruppi criminali.

Domani Papa Francesco arriverà in Messico e il programma del suo viaggio prevede per il 17 febbraio una visita al carcere di Ciudad Juárez, dove qualche anno fa i gruppi criminali organizzarono addirittura delle corse di cavalli. Il Papa sarà presente alla liberazione di 50 prigionieri.