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  • Giovedì 28 gennaio 2016

Il caso di Celeste Saieva

Un omicidio avvenuto nel 2009 e molto noto in Sicilia sarà affrontato stasera su Raitre

Stasera grazie alla trasmissione televisiva Storie Maledette – in onda su Rai 3 e condotta da Franca Leosini – si tornerà a parlare di uno dei casi di cronaca nera più noti fra quelli avvenuti in Sicilia negli ultimi anni: quello di Celeste Saieva, una donna di Sciacca, in provincia di Agrigento, che nel 2013 è stata condannata in via definitiva a 30 anni di prigione per avere organizzato l’omicidio di suo marito insieme col suo amante. Della vicenda di Saieva, che all’epoca dell’omicidio aveva 22 anni e aveva già avuto due figli, si interessarono all’epoca molti giornali locali e diversi quotidiani nazionali: anche perché Saieva si è sempre dichiarata innocente, posizione che mantiene ancora oggi.

Il marito di Saieva si chiamava Michele Cangialosi: all’epoca della sua morte aveva 35 anni e lavorava come operaio. La storia del suo omicidio inizia nel maggio del 2009: Saieva si presentò ai carabinieri di Sciacca spiegando che suo marito era sparito di casa da circa due settimane. Alla domanda sul perché non ne avesse denunciato prima la scomparsa, Saieva disse che la cosa era successa diverse altre volte. Cangialosi fu cercato per settimane ma il suo caso ebbe una svolta solo in ottobre.

Stando alle ricostruzioni dei giornali locali, in quei giorni si presentò alla polizia un minorenne locale che sostenne di aver partecipato all’omicidio di Cangialosi. Il ragazzo accusò Saieva di avere organizzato un piano per uccidere Cangialosi, e altre due persone – oltre a lui – di avere materialmente eseguito l’omicidio. Il ragazzo indicò anche il luogo dove Cangialosi sarebbe stato seppellito: nel luogo indicato dal ragazzo il 17 ottobre 2009 le autorità di Sciacca ritrovarono effettivamente il corpo di Cangialosi. Due giorni dopo Saieva venne arrestata assieme a due uomini di Sciacca, Nicola Piazza – cioè il suo amante, come ammesso anche dalla stessa Saieva – e Paolo Naro. Tutti e tre vennero accusati di omicidio.

Il contesto della vicenda fra Saieva, Piazza e Cangialosi è stato raccontato da Malgrado Tutto, un giornale online di Sciacca.

Figlio di un agente di polizia, Piazza lavora come autista presso un’associazione di volontariato che si occupa del trasporto di emodializzati. La relazione con Celeste è già nota a tanti. Giunge anche alle orecchie dello stesso marito ingannato. Che, ci tiene a far sapere Celeste agli inquirenti, è un violento e, talvolta, non esita a picchiarla. La donna rende nota una situazione familiare esasperante. Al punto che, secondo gli investigatori, gli amanti architettano un piano: assassinare e far sparire Michele, facendo credere a tutti che l’uomo se ne sia andato per sempre di sua spontanea volontà. Ma non se la sentono di agire da soli. Ecco che entrano in scena gli amici di Piazza: uno è Paolo Naro, l’altro è un ragazzino che non ha neanche diciotto anni.

Secondo l’accusa, Piazza, Naro e il ragazzo minorenne avevano rapito e ucciso Cangialosi mentre si trovava a casa propria, per poi seppellirlo in una zona di campagna fuori Sciacca (fra l’altro di proprietà della famiglia di Piazza). Saieva sarebbe invece stata responsabile di avere ideato il piano. Il sito di news locali LiveSicilia ha scritto che «Cangialosi fu colpito con un corpo contundente alla testa, al torace e ad un braccio, quindi venne strangolato. L’omicidio dell’operaio risale alla notte tra il 20 e 21 aprile 2009». Nella macchina di Piazza vennero inoltre trovate tracce di sangue compatibili con quelle di Cangialosi. Le posizioni della difesa sono state riassunte da Tele Radio Monte Krono, una tv locale di Sciacca:

[Le] Dichiarazioni [del ragazzo minorenne sono state] ritenute inattendibili dalla difesa dei tre imputati, sia in primo grado che in appello. Gli avvocati di Celeste Saieva, Giuseppe Dacquì e Agata Maira hanno contestato lo stesso movente passionale, sostenendo che Cangialosi era al corrente della relazione tra la moglie e Piazza. I legali di Piazza, Giovanni Todaro e Pino Scozzola, hanno anche riprodotto un video, in aula, ricostruendo il tragitto tra l’abitazione di Cangialosi e l’appezzamento di terreno dove fu scoperto il cadavere, sostenendo che la Citroen C3 che sarebbe stato utilizzato per il trasporto non avrebbe potuto percorrere la stradina impervia che porta alla zona.

In primo grado Saieva, Piazza e Paro sono stati condannati a 30 anni per l’omicidio di Cangialosi. La sentenza è stata confermata sia in appello sia dalla Cassazione. Il ragazzo minorenne è stato condannato invece a 9 anni e 4 mesi. Saieva è attualmente rinchiusa nel carcere di Bollate, in provincia di Milano.