La Fed ha alzato i tassi d’interesse

Non accadeva dal 2006 e sono stati innalzati dello 0,25 per cento: cosa vuol dire e che conseguenze ha

La governatrice della Fed, Janet Yellen.
(Chip Somodevilla/Getty Images)
La governatrice della Fed, Janet Yellen. (Chip Somodevilla/Getty Images)

La Federal Reserve (Fed) – la banca centrale degli Stati Uniti d’America – ha annunciato di avere alzato i tassi d’interesse dello 0,25 per cento. La decisione è stata presa dopo una riunione della Federal Open Market Committee, una commissione che gestisce le decisioni della Fed rispetto alle operazioni di mercato, iniziata ieri. Quella di oggi era l’ultima occasione per la Fed di alzare i tassi entro il 2015: il consiglio direttivo si riunisce ogni sei settimane circa. I tassi degli Stati Uniti non venivano alzati dal 2006, quindi da prima che uscisse il primo modello di iPhone, per dare un’idea: quasi tutti gli analisti si aspettavano un innalzamento dei tassi. La decisione è stata presa dalla commissione all’unanimità.

Il Federal Funds Rate, il tasso d’interesse a cui le banche “normali” si scambiano denaro – depositato presso la Fed – è stato alzato dallo 0,25 per cento allo 0,5 per cento. In ogni caso si tratta di un innalzamento molto leggero. Nel comunicato rilasciato dalla Fed in seguito all’annuncio è scritto che ci saranno solamente altri «graduali» aumenti dei tassi se l’economia continuerà ad espandersi al ritmo previsto.

Molti si aspettavano un innalzamento dei tassi già quando la la commissione si era riunita lo scorso 17 settembre, ma allora era stato deciso di lasciarli invariati. Molti membri della commissione avevano detto che i tempi erano maturi per un innalzamento entro l’anno. Oggi lo erano ancora di più: gli ultimi rapporti sul lavoro dell’economia statunitense mostrano un livello di impiego vicino, se non uguale, a quello considerato “ottimale”. Quando c’è poca disoccupazione vuol dire che l’economia va bene: ma qual è il legame tra tassi d’interesse e andamento dell’economia?

Di quali tassi stiamo parlando

I tassi d’interesse di cui si sta parlando sono quello a cui le banche “normali” e anche la banca centrale si prestano soldi fra loro, spesso per periodi molto brevi. La banca centrale decide il tasso a cui le banche “normali” possono chiederle soldi, e quello a cui possono depositare presso di lei del denaro quando ne hanno troppo. Da questi tassi dipendono tutti gli altri, anche se non in misura perfettamente corrispondente: se i tassi decisi dalla banca centrale si alzano, si alzerà alla fine anche quello a cui le banche concedono i mutui alle famiglie.

I tassi d’interesse sono uno degli strumenti principali che le banche centrali hanno per influenzare l’economia. Se l’economia cresce troppo velocemente e c’è il rischio che l’inflazione superi il limite considerato sano (in Europa e negli Stati Uniti questo limite è del 2 per cento l’anno) la banca centrale alza i tassi d’interesse: prendere soldi in prestito diventa più costoso, allo stesso tempo diventa più conveniente tenere i soldi depositati in banca – perché crescono al tasso d’interesse, appunto – anziché spenderli. Quindi l’economia rallenta, o meglio, cresce in modo più graduale e senza portare a un aumento eccessivo dell’inflazione e una svalutazione della moneta.

Quando l’economia cresce poco, invece, la banca centrale di norma abbassa i tassi d’interesse: le imprese possono prendere soldi in prestito più facilmente per finanziare i loro progetti e crescere, mentre i privati non traggono un gran vantaggio dal tenere i soldi in banca e quindi spendono.

I pro e i contro di alzare i tassi d’interesse

L’Economist ha messo insieme i pro e i contro che derivano da un innalzamento dei tassi d’interesse per la Fed.

PRO

– La disoccupazione negli Stati Uniti è a un livello bassissimo – intorno al 5 per cento; per capirci, in Italia è all’11,5 – e normalmente quand’è così vengono aumentati gli stipendi e cresce rapidamente l’inflazione.

– Finora l’inflazione è stata tenuta bassa da una riduzione dei prezzi del petrolio e da un dollaro abbastanza forte, ma entrambi questi effetti potrebbero svanire nel 2016.

– Alzare i tassi adesso potrebbe evitare alla Fed di dovere fare ulteriori manovre nel corso del prossimo anno: prima si interviene e meglio è.

– I tassi sono stati quasi allo 0 per cento per circa sette anni, incentivando l’acquisto di titoli in borsa e anche la speculazione; un innalzamento dei tassi potrebbe invertire questa tendenza evitando il crearsi di bolle finanziarie.

– La Fed aveva sostanzialmente già detto che avrebbe alzato i tassi entro il 2015: se non lo avesse fatto oggi avrebbe perso credibilità.

CONTRO

– L’inflazione attuale è ancora molto bassa e anzi c’è il rischio di una deflazione, reso maggiormente probabile da un innalzamento dei tassi.

– La disoccupazione è bassa, è vero, ma negli Stati Uniti è bassa anche la partecipazione alla forza lavoro: la percentuale di persone che stanno svolgendo un lavoro o lo stanno cercando, rispetto alla popolazione totale. Negli Stati Uniti questa percentuale è al 62,4 per cento, il livello più basso da 38 anni.

– L’economia globale non va benissimo: cresce ma lentamente, e le stime recenti sono state riviste al ribasso. Un innalzamento dei tassi porterà a un rafforzamento del dollaro, che renderebbe complicata la vita per chi – nei paesi emergenti – ha contratto dei debiti in dollari.

– Se davvero la Fed è preoccupata della formazione di bolle finanziarie, ci sono molti altri strumenti che può utilizzare.

– Molte altre banche centrali pensavano che i tempi fossero maturi per un innalzamento dei tassi, ma si sono dovute ricredere e hanno cambiato programma.