È morto Mario Dondero

Aveva 87 anni, era uno dei più importanti fotografi e fotogiornalisti italiani del Dopoguerra

(Akio Takemoto)
(Akio Takemoto)

Il 13 dicembre è morto Mario Dondero, a Fermo, nelle Marche, dove viveva: aveva 87 anni e era malato da tempo. Dondero era uno dei più importanti fotografi e fotogiornalisti italiani del Dopoguerra, conosciuto e apprezzato in Italia ma non solo per le sue immagini “umane” e impegnate («ho concepito la fotografia come documento, come denuncia, come incursione», aveva raccontato in un’intervista del 2014). Fu anche autore di tanti documentari per cinema e televisione.

Angelo Mastrandrea, sul Manifesto, ha raccontato Dondero nel maggio scorso in occasione della presentazione del documentario biografico a lui dedicato e intitolato “Calma e gesso”:

«Chiunque si sia trovato ad accompagnare Mario Dondero per un tratto della sua vita, per quanto breve possa essere stato, lo avrà visto socchiudere gli occhi e intonare Teresa di Sergio Endrigo o Ma l’amore no di Alberto Ravagliati o qualche altra hit da chansonnier d’oltralpe, lo avrà sentito passare da un aneddoto a un altro come un affabulatore d’altri tempi (uno su tutti: la conversazione sugli allevamenti bovini in Italia con Fidel Castro in un ascensore di Algeri, dove a salvarlo fu la competenza appresa in un reportage taurino).

Lo avrà visto imbracciare la fedele Leica a sorpresa e guardare nell’obiettivo con un’inconfondibile mimica facciale, pronto a fermare l’attimo di due galline in un pollaio così come avrebbe fatto con Reagan e Gorbaciov ai tempi della distensione nucleare.

Sarà rimasto sorpreso nel vederlo appassionarsi a cause strampalate o soffermarsi a discutere con interlocutori occasionali, o ancora intento a regalare un libro o una sua foto al cuoco di un ristorante o a una persona appena incontrata. Sarà stato a sua volta immortalato in un fermo immagine di cui perderà ogni traccia, salvo vederlo rispuntare anni dopo perché la foto ha bisogno di stagionare per acquistare valore, fosse pure solo simbolico o personale».

Dondero era nato il 6 maggio del 1928 a Milano, ma era di origine genovese. Da adolescente, durante la guerra, aveva partecipato alla Resistenza nel nord dell’Italia («sesta Brigata Garibaldi, divisione Piave, ma non ho fatto nulla di eroico»; «sono andato in montagna perché mia madre nascondeva in casa degli ebrei ed ero indignato per questo, il fascismo per me è qualcosa di ignobile»). Subito dopo iniziò a collaborare con diversi quotidiani, come L’Unità, L’Avanti, Milano Sera, il Manifesto, o ancora la rivista L’Ora, che riprendendo una frase del filosofo Walter Benjamin aveva lanciato lo slogan “una fotografia vale 1000 parole”: «Ho sempre creduto che non sarei stato capace di fare le foto, nemmeno di caricare la macchina fotografica. E poi pensavo alla scrittura, ero quasi sicuro che avrei seguito l’iter abituale dei reporter: cronista, poi gli elzeviri, la terza pagina, fino al caporedattore. Invece mi ha conquistato la libertà del fotografo, la solitudine, l’intimità con le persone che raramente un giornalista raggiunge. Il fotografo è in movimento, va in giro per il mondo», ha raccontato Dondero nel documentario “Calma e gesso”.

Nel 1955 Dondero si era trasferito a Parigi, dove aveva continuato a collaborare sia con la stampa italiana (L’Espresso e Epoca, tra gli altri) sia con quella francese (Le Monde, Le Nouvel Observateur). In Francia scattò una delle sue fotografie più famose, quella degli scrittori del “Nouveau Roman”, corrente letteraria nata negli anni Cinquanta, dove comparivano Alain Robbe-Grillet, Claude Simon, Claude Mauriac, Jérôme Lindon, Robert Pinget, Samuel Beckett, Nathalie Sarraute e Claude Ollier. In quegli anni cominciò a lavorare anprima1che con diverse riviste dedicate all’Africa per cui realizzò diversi reportage. Viaggiò anche in America Latina, a Cuba, in URSS e poi più di recente in Canada (2000), Afghanistan (nel 2004 con Emergency) e Russia (2006). La foto di Giuliana Sgrena tornata dal sequestro in Iraq, pubblicata sulla prima pagina del Manifesto e che fece immediatamente il giro del mondo, è sua.

– Giacomo Papi: Chi era Mario Dondero, che arrivava e spariva

Fu amico e ritrasse importanti scrittori, artisti, attori e intellettuali, tra cui Pablo Picasso, Man Ray, Francis Bacon, Alberto Giacometti, Giuseppe Ungaretti, Maria Callas, Yves Montand, Serge Gainsbourg, Juliette Greco, Orson Welles, Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Luchino Visconti, Pier Paolo Pasolini, Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Michel Foucault, Günther Grass, Pablo Neruda, Gabriel Garcia Marquez, Jorge Amado, Jean Genêt, Daniel Pennac, Elsa Morante, Alberto Moravia, Françoise Sagan. Ma anche molte e molti altri.

Mostra Pasolini

Dondero fu sempre impegnato politicamente ed espose le sue foto sia in Italia che all’estero: Parigi nel 2006, Bruxelles nel 2009 e Londra nel 2011, tra le mostre più importanti. Gli è stata dedicata una monografia pubblicata nel maggio 2011 dalle Edizioni Bruno Mondadori.