Matthias Müller è il nuovo capo di Volkswagen

Lo ha annunciato oggi l'azienda dopo lo scandalo delle auto "truccate" per mascherare le emissioni inquinanti: come la storia si è allargata fuori dagli Stati Uniti

Matthias Müller (BERND WEISSBROD/AFP/Getty Images)
Matthias Müller (BERND WEISSBROD/AFP/Getty Images)

Matthias Müller è il nuovo amministratore delegato di Volkswagen, lo ha deciso il consiglio di amministrazione della casa automobilistica tedesca oggi in seguito alle dimissioni dell’ormai ex CEO Martin Winterkorn, annunciate mercoledì scorso per lo scandalo legato alle auto diesel “truccata” in modo da risultare meno inquinanti nei testi di controllo rispetto al loro utilizzo su strada. Müller fino a oggi è stato amministratore delegato di Porsche, altra società controllata da Volkswagen. L’azienda ieri ha intanto ammesso che il problema non riguarda solamente il mercato statunitense e da giorni si parla di almeno 11 milioni di veicoli coinvolti. In molti paesi sono state aperte indagini sulla vicenda, in Italia la procura di Torino ha anche avviato un’inchiesta con varie ipotesi di reato compresa quella di frode in commercio.

Il nuovo CEO
Matthias Müller, già amministratore delegato di Porsche, era considerato da molti giornali e analisti come il più probabile successore di Winterkorn. Müller ha iniziato a lavorare nel 1977 in Audi, altro marchio controllato da Volkswagen, e nel 2003 è diventato responsabile di tutti i progetti di sviluppo dei nuovi veicoli della casa automobilistica. Ha una buona reputazione, è ben visto dai principali azionisti di Volkswagen e il suo nome era già circolato molto lo scorso aprile, quando diversi contrasti all’interno dell’azienda avevano fatto ipotizzare una sostituzione di Winterkorn, poi rientrata. Il problema delle auto modificate per risultare in regola ai controlli potrebbero però avere riguardato anche modelli Porsche, e questo complica le cose.

La cosa non riguarda più solo gli Stati Uniti
Su richiesta del governo tedesco, giovedì Volkswagen ha confermato che il software per falsare i controlli sulle emissioni è presente in diversi modelli venduti anche sul mercato europeo oltre a quello statunitense. La notizia non ha sorpreso analisti e osservatori, che avevano già fatto ipotesi in questo senso a inizio settimana quando Volkswagen aveva annunciato che il problema riguardava 11 milioni di veicoli diesel in tutto il mondo. In Europa dovrebbero essere interessate le automobili che montano motori diesel da 1,6 e da 2 litri. Nei prossimi giorni Volkswagen fornirà numeri più precisi.

Cosa succede in Italia
Giovedì la procura di Torino ha avviato un’inchiesta sul caso Volkswagen, in seguito alle notizie degli ultimi giorni sul fatto che il problema delle auto diesel modificate non riguarda solamente il mercato degli Stati Uniti. Al momento non risultano esserci indagati, ma le ipotesi di reato sono comunque pesanti e vanno dalla frode in commercio al disastro ambientale, giustificato dal fatto che i veicoli Volkswagen inquinano di fatto molto di più di quanto risultasse ai test di controllo. Oggi gli inquirenti inizieranno ad ascoltare i primi dirigenti di Volkswagen Italia, mentre sono state disposte verifiche su vari tipi di modelli di auto che saranno eseguite dai carabinieri del NAS.

Il governo italiano, ha detto intanto il ministro dei Trasporti Graziano Delrio, ha avviato una serie di controlli a campione che nei prossimi giorni interesseranno un migliaio di auto diesel di tutti i marchi. L’operazione dovrebbe costare intorno agli 8 milioni di euro e servirà per verificare le effettive emissioni dei veicoli, rispetto a quanto dichiarato dai produttori e certificato in precedenza.

Le altre inchieste
L’Italia non è l’unico paese ad avere avviato controlli e inchieste sulle automobili Volkswagen e più in generale sulle emissioni dei veicoli diesel. Ci sono verifiche in corso in Germania, Francia, Regno Unito e in altri paesi europei. In Repubblica Ceca il governo ha avviato un’inchiesta soprattutto legata a Skoda, altro marchio di Volkswagen, per verificare se i motori coinvolti nello scandalo siano ancora utilizzati e in che misura. Un’altra inchiesta è stata avviata in Giappone e il governo intende consultarsi con i dirigenti di Volkswagen per capire se siano stati venduti nel paese modelli “truccati”. Volkswagen sta inoltre valutando la possibilità di rinviare l’introduzione sul mercato giapponese di alcuni nuovi modelli.

Il titolo in Borsa, nel frattempo
La prospettiva di una campagna di richiamo di auto molto costosa, per modificare le centraline delle automobili diesel “truccate”, e la possibilità di multe da parte di diversi governi e autorità del commercio, ha messo in allarme gli azionisti con la conseguente vendita di milioni di azioni e la riduzione del loro valore. In meno di una settimana il titolo di Volkswagen ha perso circa il 30 per cento del suo valore e martedì ha toccato il suo minimo dell’ultimo anno. Secondo gli analisti, la società deve trovare rapidamente un nuovo CEO e dimostrare di essere pronta, e di avere le capacità per superare lo scandalo, riguadagnando in questo modo la fiducia degli azionisti e riducendo le perdite in borsa.

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E gli altri produttori di auto?
Volkswagen potrebbe non essere l’unica casa automobilistica ad avere utilizzato strumenti per falsare i test di controllo sulle emissioni, considerato che in molti paesi le prove sono eseguite con procedure antiquate e spesso poco efficaci. Giovedì il giornale tedesco Autobild ha pubblicato la notizia secondo cui almeno un modello di BMW produce emissioni oltre i limiti previsti dalla legge, stando a una serie di test indipendenti. La notizia ha contribuito a far perdere il 5 per cento in borsa a BMW, che ha risposto con un breve comunicato in cui si dice che l’azienda “rispetta i parametri imposti in ogni paese” e che “non manipola o falsa i test sulle emissioni”.

Negli Stati Uniti, dove le automobili diesel sono meno diffuse rispetto all’Europa, ci sono regole più severe sui livelli di emissioni, ma la responsabilità nella conduzione dei test ricade quasi tutta sulle case automobilistiche. L’Unione europea ha regole meno stringenti, dovute in parte alla maggiore diffusione dei sistemi diesel, ma prevede comunque che i test siano eseguiti alla presenza di tecnici indipendenti certificati dalle agenzie ambientali dei singoli stati membri. Il Guardian ha ottenuto alcuni documenti che dimostrano come i governi di Regno Unito, Francia e Germania abbiano fatto pressioni per mantenere test più antiquati sulle emissioni, chiedendo modifiche per ridurre la portata delle prove più rigorose che dovrebbero essere introdotte a partire dal 2017 nell’Unione Europea. Le pressioni sono tese al mantenimento delle vecchie procedure di valutazione, che nei fatti permettono alle case automobilistiche di mettere in circolazione automobili che producono il 14 per cento in più di anidride carbonica rispetto a quanto evidenziato dai test.