L’intervista al professore di Saluzzo condannato per rapporti sessuali con le sue studentesse

Valter Giordano ha parlato con il Corriere della Sera di quello che è successo e per cui è stato condannato a due anni di carcere

(Andrea Negro / LaPresse)
(Andrea Negro / LaPresse)

Il Corriere della Sera ha pubblicato domenica 7 giugno un’intervista a Valter Giordano, un ex professore di un liceo di Saluzzo, in provincia di Cuneo, che nel 2014 ha patteggiato due anni di carcere per essere stato accusato di aver fatto sesso con due sue allieve minorenni. Giordano è rimasto soltanto un giorno in prigione e ha trascorso gli ultimi venti mesi in una comunità di recupero.

Prof, parliamo di quella storiaccia. Sesso con le allieve minorenni…
«Vede, a scuola ho sempre insegnato che se uno picchia la testa contro il palo non deve mai dargli la colpa. Io ho picchiato la testa contro il palo e quello non si è spostato. Colpa mia che gli sono andato addosso. Ho accettato la condanna fin dal primo istante, non discuto niente, non mi compiango e non invoco vittimismo. Ho sbagliato, ho pagato e ora sono un uomo libero, mi sono ripreso la mia dignità. Non devo più niente a nessuno».
Valter Giordano non vede né cerca scappatoie. Seduto dall’altra parte della scrivania, aspetta le domande come se fosse davanti a una commissione d’esame. «Passerò per ingenuo ma mi fido» annuncia.

Bene. Allora torniamo sulle responsabilità. Lei era il professore di Saluzzo amatissimo da tutti, quello appassionato di Dante, che ne conosce i canti a memoria… Come ha potuto abusare così del suo ruolo?
«La mia grande debolezza è stata non essere riuscito a controllare me stesso, la mia colpa più grave non aver soppesato con attenzione quello che stavo vivendo, non essere stato sufficientemente lucido nel comportamento che avrei dovuto mantenere in quel contesto. Ho sbagliato a non tener conto del mio ruolo e a non capire che dall’altra parte non ero Valter ma il professor Giordano. In un certo senso mi ero infilato in un tunnel e scavando furiosamente credevo di uscirne, invece più scavavo più ci entravo. Le dirò di più: per me l’arresto è stato una liberazione. Come nel primo canto della Divina Commedia, non so ben ridir com’io vi entrai… ».

Il prof guarda i suoi avvocati, Antonello Portera ed Enrico Gaveglio, cerca un cenno d’intesa. Come dire: vado bene così? Sembra di sì, argomento sdoganato, si può andare oltre.

Parliamo della condanna: patteggiamento a due anni per violenza sessuale con abuso di autorità, assolto dall’accusa di possedere materiale pedo-pornografico, divieto di insegnamento per il resto dei suoi giorni…
«Non mi sono mai permesso di parlare della Giustizia e di come viene amministrata e non lo farò nemmeno adesso. Sono convinto che la vita mi riserverà ciò che è giusto. Oggi ho 59 anni, fino a 55 non ho mai deragliato, diciamo così. In trent’anni di servizio non ho mai preso un giorno di mutua e all’insegnamento ho sempre dato il massimo e il meglio di me. Quello che so è che nessuna delle persone che mi conosceva prima ha cambiato idea sul mio conto e questo mi commuove. Ho sempre saputo che la vita non ha pietà per chi cade ma adesso so anche che è vera un’altra cosa: la vita ha molto rispetto per chi si rialza. E io sono in piedi».

Che cosa fa l’ex prof di lettere e storia, oggi?
«Scrivo molto. Appunti, poesie, racconti, un romanzo. Ho tradotto 12 canti della Divina commedia in patois. Scrivere per me è un calmante. Poi mi sto guardando attorno per cercare un lavoro vero, intanto aiuto mia suocera come contadino, sto aiutando mio fratello con le api, forse imbiancherò casa al vicino e presto comincerò a collaborare con la Comunità di Savigliano, dove ho passato un anno e otto mesi invece di finire in carcere. Ci torno volentieri perché quel luogo per me è stato il punto di partenza per arrivare a me stesso».

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