I 240 siti web del governo

Il Sole 24 Ore ha fatto qualche conto sui siti governativi italiani che nel corso del tempo si sono moltiplicati, spesso disordinatamente

Il Sole 24 Ore ha fatto qualche conto sui siti istituzionali che nel corso del tempo sono stati aperti dal governo italiano. Dal conteggio è risultato che sono almeno 240 e che molti di questi non sono aggiornati o risultano clonati, per successive aperture di altri portali.

Un esempio per tutti: una decina di domini web si sono alternati nel corso degli anni per comunicare lo stato di avanzamento delle riforme. Risale al giugno 2005, sotto il terzo governo Berlusconi, la registrazione di attuazioneprogramma.gov.it (non più attivo). Sempre la sua presidenza, ma nella legislatura successiva, ha battezzato il quasi omonimo attuazione.gov.it. A seguire si è preferito puntare su programmazioneconomica.gov.it, poi su programmagoverno.gov.it, riformeistituzionali.gov.it, riforme.gov.it, attuazioneriforme.gov.it e così via: tutti domini che fanno capo a Palazzo Chigi, ma non più accessibili. Fino al più recente passodopopasso.italia.it lanciato dal premier Matteo Renzi per scandire il countdown dei famosi “mille giorni” di riforme (che oggi, con 169 giorni già consumati alle spalle, ancora ospita in basso a destra nella homepage la scritta “versione beta”).
Eppure, le tante iniziative del Governo sul web devono fare i conti con norme avanzate che regolano in modo rigido la comunicazione online tra Pa e cittadini. All’Agenzia per l’Italia digitale (Agid) spetta il compito di accreditare le amministrazioni per il rilascio dei domini.gov.it. Fanno capo alla presidenza del Consiglio, inclusi i suoi dipartimenti, e ai ministeri 154 indirizzi web registrati dal 2002 a oggi (di cui 64 risultano inattivi), a cui si aggiungono altri 87 siti tematici che vengono richiamati nelle homepage istituzionali.

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