Il “sacco di Venezia”

L'economista Francesco Giavazzi chiama così sul Corriere le manovre di cui accusa politica e imprenditoria intorno all'elezione del nuovo sindaco dopo gli scandali del 2014

A low exposure picture taken at night from the Riva degli Schiavoni street shows the lights of a huge ferry on the Grand Canal in Venice on November 28, 2014. AFP PHOTO / VINCENZO PINTO (Photo credit should read VINCENZO PINTO/AFP/Getty Images)
A low exposure picture taken at night from the Riva degli Schiavoni street shows the lights of a huge ferry on the Grand Canal in Venice on November 28, 2014. AFP PHOTO / VINCENZO PINTO (Photo credit should read VINCENZO PINTO/AFP/Getty Images)

Francesco Giavazzi, economista ed editorialista del Corriere della Sera, pubblica oggi in prima pagina un articolo dedicato più alla politica e in particolare a Venezia, città dove ha insegnato e con cui mantiene intensi rapporti. La ricostruzione di Giavazzi delle presunte manovre di imprenditoria, politica e classi dirigenti veneziane, per mantenere il modello di corruzione e spreco di soldi pubblici che aveva portato a una scandalosa inchiesta l’anno passato, è severissima.

Le primarie del Partito democratico per il sindaco di Venezia sono la dimostrazione che in Italia il consenso politico continua a poter essere acquistato. Con la differenza che ora comprarlo costa non più di qualche spicciolo: quanto necessario per organizzare poche migliaia di cittadini e spedirli a votare alle primarie del Pd. Decapitate dall’inchiesta sul Mose, le imprese che negli scorsi vent’anni, grazie a leggi ad hoc, hanno sottratto ai contribuenti 2,3 miliardi di euro (cifra documentata in Corruzione a norma di legge, Rizzoli 2015) sono rapidamente risorte e stanno per vincere di nuovo.La politica sembra non aver capito nulla. O meglio: io spero che non abbia capito nulla perché la drammatica alternativa è che ancora una volta essa sia connivente, come lo fu in passato quando approvò le leggi che hanno consentito che il Mose si trasformasse in un «furto legale» ai danni dei contribuenti.
Mentre Matteo Renzi commissariava i lavori in Laguna, le imprese che da quei lavori hanno lucrato i 2,3 miliardi si sono già spostate su un’altra partita: il grande porto off-shore che vogliono costruire con denaro pubblico in mezzo all’Adriatico. Costo previsto, poco più di 2 miliardi di euro. Per realizzare quell’inutile ma ricchissimo progetto serve una politica debole e un sindaco che non si opponga agli interessi delle imprese in campo. Un sindaco che nei fatti non impedisca il sacco di Venezia.

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(VINCENZO PINTO/AFP/Getty Images)