Come si elegge il presidente della Repubblica

Insomma: cosa succede ora che Giorgio Napolitano si è dimesso? Le cose da sapere

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse
20-04-2013 Roma
Politica
Camera - elezione Presidente della Repubblica Italiana
Nella foto: urne
Photo Mauro Scrobogna /LaPresse
20-04-2013 Roma
Politics
Chamber of Deputies - elections of the President of the Republic of Italy
In the picture: ballot boxes
Foto Mauro Scrobogna /LaPresse 20-04-2013 Roma Politica Camera - elezione Presidente della Repubblica Italiana Nella foto: urne Photo Mauro Scrobogna /LaPresse 20-04-2013 Roma Politics Chamber of Deputies - elections of the President of the Republic of Italy In the picture: ballot boxes

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è dimesso dopo nove anni di mandato. Cosa succede ora? Le cose fondamentali sono scritte in modo chiaro nell’articolo 86 della Costituzione:

Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato.

In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione.

Quindi: il presidente della Repubblica annuncia ai presidenti delle Camere le sue dimissioni, il presidente del Senato Pietro Grasso assume il ruolo di presidente supplente, mentre la presidenza del Senato viene assunta a turno dai suoi vice-presidenti. Dal giorno della comunicazione ufficiale delle dimissioni, il presidente della Camera ha 15 giorni per convocare il Parlamento in seduta congiunta ed iniziare le procedure per l’elezione del nuovo presidente (non c’è un limite massimo di tempo entro il quale queste elezioni devono essere concluse). La Camera ha comunicato che la prima votazione per eleggere il successore di Napolitano sarà il prossimo 29 gennaio alle 15.

Chi può votare
L’articolo 83 della Costituzione dice che il presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune, cioè dai componenti della Camera e del Senato, a cui si aggiungono alcuni delegati eletti dai consigli regionali: ogni consiglio regionale ne elegge tre, a eccezione della Valle d’Aosta che ne elegge uno.

Quindi, se è al completo, l’assemblea per l’elezione del presidente è formata da:

– 630 deputati
– 315 senatori eletti più i senatori a vita. In questo caso i 5 già nominati (Elena Cattaneo, Carlo Azeglio Ciampi, Mario Monti, Renzo Piano e Carlo Rubbia) più lo stesso Giorgio Napolitano, che torna a essere senatore a vita
– 3 delegati per 19 regioni
– 1 delegato della Valle d’Aosta

Il totale per questa elezione, sulla carta, è di 1009 persone, anche se è possibile che qualcuno non partecipi al voto. I componenti dell’assemblea – in particolare i delegati regionali – sono spesso chiamati dalla stampa “grandi elettori”: come i nobili che potevano eleggere l’imperatore del Sacro Romano Impero durante il Medioevo e i membri del collegio elettorale che elegge il presidente degli Stati Uniti.

La Costituzione prevede che i delegati regionali siano scelti in modo da assicurare “la rappresentanza delle minoranze”. Di conseguenza, i consigli regionali riservano uno dei tre delegati all’opposizione, mentre gli altri due sono scelti tra le cariche principali degli organi politici regionali: la scelta cade di solito tra il presidente della regione, il vicepresidente della giunta, il presidente del consiglio regionale o il capogruppo del partito di maggioranza in consiglio. Il delegato della Valle d’Aosta è di solito il presidente della regione.

Dove si vota
L’aula in cui si vota il presidente della Repubblica è la Camera dei deputati, a palazzo Montecitorio (c’è posto per tutti). Il presidente dell’assemblea è quello della Camera dei deputati, dunque Laura Boldrini, così come è della Camera il regolamento che si applica nelle sedute.

Come si vota
Si vota con scrutinio segreto e a chiamata nominale: ogni elettore scrive il cognome di chi desidera votare in un biglietto e lo ripone in un’urna. Nei primi tre scrutini è richiesta la maggioranza di due terzi (in questo caso 672 membri), mentre dalla quarta votazione in poi basta la maggioranza assoluta (il 50 per cento più uno, che in questo caso corrisponde a 505 membri): votano prima i senatori, poi i deputati e, per ultimi, i delegati regionali. Lo spoglio delle schede viene fatto dal presidente della Camera, che legge ad alta voce i nomi dei candidati.

Diversi presidenti della Repubblica sono stati eletti al primo scrutinio grazie ad accordi tra i partiti prima del voto: l’ultimo è stato Carlo Azeglio Ciampi nel 1999. Giorgio Napolitano è stato eletto per la prima volta al quarto scrutinio il 10 maggio 2006, quando dunque era sufficiente la maggioranza assoluta dei componenti dell’Assemblea, che allora erano mille. Napolitano ottenne 543 voti, senza quelli dell’allora opposizione di centrodestra (che votò scheda bianca). In quella votazione arrivò al secondo posto Umberto Bossi (42 voti) e poi Massimo D’Alema (10 voti). Il 10 aprile del 2013 Giorgio Napolitano è stato eletto per un secondo mandato, al sesto scrutinio e con 738 voti: più o meno quelli del centrosinistra e quelli del centrodestra, esclusi SEL e il M5S. Era la prima volta che un presidente rimaneva in carica per più di un mandato. Il presidente che fu eletto dopo il maggior numero di scrutini fu Giovanni Leone, nel 1971, che ottenne 528 voti al ventitreesimo scrutinio. Nessuna donna è stata mai eletta presidente della Repubblica italiana.

Chi può essere eletto
Secondo l’articolo 84 della Costituzione può essere eletto presidente della Repubblica «ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età e goda dei diritti civili e politici. L’ufficio di presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica». Il presidente della repubblica più giovane è stato Francesco Cossiga, eletto a 57 anni. Il più anziano, dopo Pertini eletto a 82 anni, è stato Giorgio Napolitano.

Che aria tira
Bisogna tenere a mente che i numeri in Parlamento sono gli stessi del 2013: gli stessi che contribuirono a portare alla situazione incerta e bloccata da cui si arrivò alla straordinaria rielezione di Napolitano. Il PD è il partito di maggioranza relativa (415 tra deputati e senatori) ma non ha i numeri per eleggere il presidente da solo, nemmeno se decidesse di sostenere un candidato comune con SEL che ha 33 esponenti tra Camera e Senato (al Senato sono 7 all’interno del gruppo misto): si arriverebbe dunque a 448. Le strade per arrivare una maggioranza consistente sono quindi due: un’alleanza con il centrodestra, sul modello di quella alla base degli accordi sulla legge elettorale e le riforme costituzionali, oppure una col Movimento 5 Stelle. La prima ipotesi permetterebbe in teoria di superare il quorum già al primo scrutinio, la seconda no. I numeri, comunque, sommando deputati e senatori, sono questi:

Sinistra Ecologia e Libertà: 26 (alla Camera, i 7 membri al Senato sono nel gruppo misto)
Partito Democratico: 415 (307 alla Camera, 108 al Senato)
Scelta Civica: 32 (25 alla Camera, 7 al Senato)
Per l’Italia: 13 (13 alla Camera)
Movimento 5 Stelle: 137 (100 alla Camera, 37 al Senato)
Lega Nord e Autonomie: 35 (20 alla Camera, 15 al Senato)
Area Popolare (NcD e UdC): 70 (34 alla Camera, 36 al Senato)
Forza Italia: 130 (70 alla Camera, 60 al Senato)
Fratelli d’Italia: 9 (alla Camera)
Misto: 52 (26 alla Camera, 26 al Senato)
Grandi Autonomie e Libertà: 15 (al Senato)
Per le autonomie: 16 (al Senato)

La collocazione alla Camera (dal sito della Camera dei deputati):

Camera

La collocazione al Senato (dal sito del Senato):

Senato