Cosa succede al nostro corpo dopo un’abbuffata

Spiegato con le figure, che la settima portata di pranzi e cene di Natale comincia a farsi sentire (consiglio: poi, dopo, non sdraiatevi)

di Bonnie Berkowitz e Lazaro Gamio – Washington Post

Ok, siete pieni. State per scoppiare, per esattezza. Di norma, non avreste mangiato così tanto, oppure non avreste finito tutto quello che avevate nei piatti dei cenoni dei giorni scorsi. Ma siamo sotto le feste, e sarebbe un po’ maleducato non provare ogni piatto, eccetera. Una ricerca è riuscita a dimostrare una cosa che già sapevamo: il nostro cervello è in grado di ignorare facilmente i segnali che il nostro corpo ci manda per consigliarci di smettere di mangiare, anche quando conosciamo bene le conseguenze di un’abbuffata. Non stiamo parlando di malattie come l’obesità o il diabete, che hanno effetti a lungo termine, ma di disturbi poco piacevoli che si possono presentare dopo una giornata passata a consumare un pasto ad alto contenuto di grassi o calorie.

Non esiste una cosa come “il pasto medio”, secondo la dietologa Jennifer McDaniele, bensì un pasto compreso fra le 600 e le 800 calorie, che si inserisce nelle circa duemila calorie da consumare ogni giorno secondo le varie tabelle nutritive. Il guaio è che un cenone può raggiungere o superare da solo le duemila calorie, specialmente se prevede molti antipasti ed è accompagnato da vari bicchieri di vino. Secondo McDaniel il modo in cui l’abbuffata viene gestita dipende dai propri geni, dalla percentuale di grassi, ossa, acqua e muscoli nel nostro corpo, dalla nostra reazione al rilascio di certi ormoni e dalle abitudini alimentari e fisiche di ciascuno di noi. Ma cosa si può fare, una volta che il cenone è finito? Non stendersi, per esempio, cosa che può aggravare molti dei problemi descritti qui sotto. Aiutare a sparecchiare, invece, può essere un buon inizio per riprendersi: per un’ora di questa attività, per esempio, bruciamo circa 170 calorie.

(nelle didascalie, le cause di ciascun disturbo associato a una straordinaria assunzione di cibo)

©Washington Post