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  • Domenica 2 novembre 2014

Gli errori del caso Cucchi

Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera mette in fila una serie decisiva di torti e negligenze subite da Cucchi nei sette giorni che passarono dal suo arresto alla sua morte

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
05-06-2013 Roma
Cronaca
Aula bunker di Rebibbia - Sentenza processo Cucchi
Nella foto I genitori di Stefano, Giovanni e Rita e la sorella Ilaria

Photo Roberto Monaldo / LaPresse
05-06-2013 Rome (Italy)
Judgment of Cucchi process
In the photo Giovanni, Rita, Ilaria Cucchi
Foto Roberto Monaldo / LaPresse 05-06-2013 Roma Cronaca Aula bunker di Rebibbia - Sentenza processo Cucchi Nella foto I genitori di Stefano, Giovanni e Rita e la sorella Ilaria Photo Roberto Monaldo / LaPresse 05-06-2013 Rome (Italy) Judgment of Cucchi process In the photo Giovanni, Rita, Ilaria Cucchi

Giovanni Bianconi racconta oggi sul Corriere della Sera la serie di errori e ingiustizie che hanno portato alla morte di Stefano Cucchi, 31enne romano arrestato a Roma il 15 ottobre 2009 perché in possesso di droga. Cucchi è morto sette giorni dopo all’ospedale “Sandro Pertini”, dopo che secondo l’accusa era stato prima picchiato e poi lasciato senza acqua e cibo (due giorni fa i medici, gli infermieri e gli agenti di polizia penitenziaria imputati nel processo per la sua morte sono stati tutti assolti in appello per insufficienza di prove). Bianconi, ad esempio, racconta che il giudice che convalidò l’arresto di Cucchi lo fece in quanto nel verbale della polizia risultava che l’uomo fosse senza dimora: questo, secondo Bianconi, perché «il verbalizzante aveva utilizzato sul computer il modello riempito in precedenza con i dati di un albanese, senza preoccuparsi di modificarli». Bianconi aggiunge che se in quella circostanza «fosse tornato a casa, sia pure da detenuto, probabilmente Stefano sarebbe ancora vivo».

La sentenza di assoluzione è il nuovo anello della catena di eventi relativi alla morte di Stefano Cucchi, non ancora l’ultimo. Altri se ne aggiungeranno, con il ricorso in Cassazione e i nuovi sviluppi giudiziari. Per adesso la Corte d’assise d’appello ha ritenuto insufficienti le prove raccolte contro tre guardie carcerarie e tre infermieri (per la seconda volta) e sei medici (ribaltando il giudizio di primo grado), dopo un’indagine che forse poteva essere condotta diversamente e di un’impostazione dell’accusa cambiata più volte in corsa.

Tuttavia le cause della drammatica fine di quel giovane entrato vivo e uscito cadavere dalla prigione in cui era stato rinchiuso risalgono a comportamenti precedenti a quelli finiti sotto processo, responsabilità di strutture statali che non sono mai state giudicate. Fin dalla sera dell’arresto di Cucchi, 15 ottobre 2009. Lo sorpresero con qualche dose di erba e cocaina, lo accompagnarono in una caserma dei carabinieri e Stefano ha cominciato a morire lì, prima stazione di una via crucis dalla quale non s’è salvato.

Nel verbale d’arresto i militari dell’Arma scrissero che Cucchi era «nato in Albania il 24.10.1975, in Italia senza fissa dimora»; peccato che fosse nato a Roma in tutt’altra data, e che l’abitazione in cui risultava ufficialmente residente fosse appena stata perquisita, senza esito, alla presenza sua e dei genitori.

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Bastava fare “Due” con la mano a Stefano Cucchi, di Mario Fillioley

nella foto: i genitori e la sorella di Stefano Cucchi (Roberto Monaldo / LaPresse)