Cosa è successo a OVS

La storia di un supermercato di vestiti senza ambizioni ripensato e diventato "concept store" e che ora è il più grande distributore di abbigliamento in Italia e a novembre si quoterà in borsa

Il prossimo novembre si quoterà in borsa OVS, il più grande operatore nel mercato dell’abbigliamento italiano. OVS è una società posseduta dal Gruppo Coin e vende abbigliamento destinato in particolare ai clienti giovani. Fattura ogni anno più di un miliardo di euro, conta da sola per il 5 per cento dell’intero mercato dell’abbigliamento italiano e possiede quasi mille negozi (tra franchising e controllati direttamente) in Italia, Spagna, Europa orientale, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Cipro e Russia. E OVS è anche un marchio che negli ultimi decenni si è trasformato moltissimo, seguendo l’andamento di un mercato che è cambiato parecchio.

OVS oggi
Entrare in un negozio di OVS oggi è un’esperienza molto diversa rispetto a cinque anni fa. Fino quasi alla fine degli anni 2000, molti negozi Oviesse – come si chiamava un tempo il brand – ricordavano un supermercato: luci forti, colori accesi, file di vestiti disposti senza molte strategie, con una scelta di modelli piuttosto semplice (un posto dove una mamma non molto moderna avrebbe potuto comprare un vestito per i suoi figli adolescenti: o dove si vestisse Paolo Bonolis). Tra il 2007 e il 2009 l’azienda ha però lanciato una grande operazione di restyling: soltanto tra il 2007 e il 2009, 64 punti vendita sono stati messi a nuovo seguendo la logica del “concept store” (lo stesso è stato fatto per tutti i nuovi negozi).

Un “concept store” è in sostanza un negozio dove tutto, dalle luci all’arredamento fino alla disposizione degli abiti e alla musica, è studiato per comunicare agli acquirenti uno stile e un’immagine in linea con quello degli abiti che vengono venduti: è la costruzione di un’immagine complessiva riconoscibile e condivisa dal cliente, non definita solo dai prodotti ma anche dai luoghi in cui vengono venduti e dalla comunicazione per venderli. L’aspetto dei nuovi concept store di OVS è giovanile, ma piuttosto ricercato, in linea con la clientela principale a cui punta la catena e con dei chiari modelli americani di riferimento: più accogliente e creativo di un semplice “negozio”, e che estende su una scala piuttosto grande la sensazione di certe piccole boutique arredate.

Per quanto riguarda i prodotti, OVS decise di orientarsi su quella che in gergo si chiama “athleisure”, cioè la tendenza a utilizzare capi sportivi in ogni momento informale. Il modo in cui ha descritto il cliente ideale Stefano Beraldo, l’amministratore delegato del Gruppo Coin (la società che possiede OVS) è: «La donna fitness che esce di casa indossando abiti sportivi e comodi con grande disinvoltura. A New York e Londra è già di moda: giovani vestite come attrici ma con pantaloni confort tipo tuta. Come se fossero in casa, ma ordinate e trendy».

Dopo il cambiamento OVS si presenta come una versione italiana di Zara o di H&M, ma con negozi che hanno un stile e una caratterizzazione (il “concept”) più forti di quello della concorrenza. Quella compiuta è stata quindi una complessa operazione di “rebranding” – l’intero marchio è stato cambiato passando da Oviesse a OVS Industry e poi a OVS –  dettata dai mutamenti del mercato dell’abbigliamento e si inserisce in una lunga storia di altri cambiamenti lunga più di quarant’anni, durante i quali ha OVS continuato a trasformarsi: da outlet degli invenduti a moderna catena di negozi di moda; da società familiare a multinazionale posseduta da fondi di investimento.

La storia di Oviesse
In un certo senso, OVS nacque in seguito ad un’operazione fallita. Nel 1968 Coin (con l’accento sulla i, è il cognome del fondatore), la principale catena di abbigliamento italiana all’epoca (e anche la prima, in un’epoca in cui nel nostro paese il concetto di “grande distribuzione” era appena arrivato) lanciò “Coinette”, una serie di negozi che vendevano prodotti di abbigliamento esplicitamente mirati a una fascia di consumatori medio-bassa. Coinette, in modo non molto diverso da un moderno outlet, vendeva le rimanenze di Coin, che con i suoi grandi negozi soprattutto nelle città del Nord era con la Rinascente il maggiore marchio della grande distribuzione di fascia medio-alta.

L’operazione non funzionò: i negozi Coinette erano in periferia (quelli di Coin si trovavano invece nei centri città), lo spazio espositivo in genere era ridotto e la scelta di vestiti piuttosto limitata: più che un modo per conquistare un nuovo mercato, Coinette somigliava a un tentativo di gestire le scorte invendute. Dopo circa tre anni Coin si ritrovò a possedere circa quindici negozi Coinette, tutti in perdita. Nel 1972 l’operazione fu interrotta e Coinette viene sostituita dall’Organizzazione Vendite Speciali, che in pochi anni sarebbe diventata OVS.

I negozi di OVS all’inizio rimasero piccoli, come quelli di Coinette, ma divennero molto più semplici e spartani: non più piccole boutique, ma supermercati di vestiti. All’uscita di ogni negozio venne installata una barriera casse, i prezzi furono abbassati, rendendo il marchio davvero accessibile anche alla fascia di mercato medio-bassa: lo slogan della nuova catena divenne “Tutto per tutti”. Il cambiamento ebbe successo e tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta fu introdotta una nuova evoluzione che sarebbe durata per più di quindici anni. L’invenduto di Coin cominciava a non bastare per soddisfare una rete di negozi che continuava a crescere, così cominciarono ad essere venduti prodotti di altre marche. Inoltre, seguendo l’esempio di altri grandi magazzini, come Standa, OVS (che all’epoca fu ribattezzato “Oviesse”) cominciò a mettere in vendita anche altri prodotti oltre ai vestiti. E divenne un cosiddetto “variety store”, dove accanto a cappotti e pantaloni si vendevano anche giocattoli, profumi, prodotti di cartoleria e articoli casalinghi. Mentre la società principale del gruppo, Coin, rimaneva stabile nella fascia medio-alta, OVS divenne una delle principali catene nella fascia medio-bassa.

Le cose cambiarono nuovamente a metà degli anni Novanta. Fu un momento in cui la famiglia Coin, che controllava il gruppo da tre generazioni, cambiò la struttura di governance della società lasciando ai manager un margine di manovra sempre più ampio. Mentre i principali concorrenti, Upim e Standa, restavano legati al modello del “variety store”, OVS si indirizzò verso uno “speciality store”, in cui i prodotti venduti erano soltanto abiti e profumi. L’idea era che in quegli anni i clienti stessero diventando più esigenti e non entrassero più in un negozio sapendo precisamente cosa volevano acquistare (un paio di scarpe, un cappotto): i nuovi clienti volevano essere “indirizzati” all’acquisto ed erano disposti a comprare sia un paio di scarpe, che un cappotto e magari anche una camicia: l’importante era che il negozio offrisse una sufficiente varietà di prodotti da poter tentare i gusti del cliente. In poco tempo, quindi, i casalinghi e la cartoleria sparirono, lasciando spazio soltanto a vestiti e profumi.

In quegli anni avvenne anche una ristrutturazione della società. Nel 1998 Coin acquistò tutti i grandi magazzini del ramo non alimentare di Standa. OVS e Coin divennero due società indipendenti, ma possedute al 100 per cento dal Gruppo Coin, che venne quotato in borsa nel 1999. Con il denaro ottenuto dalla quotazione i magazzini Standa vennero riconvertiti in un’operazione che durò circa quattro anni. I conti della società crebbero molto in quegli anni: il fatturato passò da 531,9 milioni di euro nel 2000 a 647,3 milioni nel 2001. La scelta successiva, nel 2007, fu portare il marchio al livello della concorrenza internazionale, iniziando l’operazione “concept store”. Nel 2005 la famiglia Coin è definitivamente uscita dal gruppo, vendendo le quote di maggioranza a un fondo d’investimento. Dal 2011 il Gruppo Coin è posseduto, attraverso alcune società, dal fondo d’investimento BC Partners che ha sede a Londra.

La quotazione
Nonostante i buoni risultati di OVS, il mercato dell’abbigliamento italiano è molto frammentato rispetto al resto del mondo. In Svezia, ad esempio, H&M possiede circa il 18 per cento del mercato, in Spagna Zara è intorno al 15 per cento. In Italia, l’intero Gruppo Coin è intorno al 6 per cento, con OVS che fa da sola circa il 5 per cento. Questo, secondo Beraldo, rappresenta una grande opportunità di crescita per il gruppo. Anche per questo motivo il Gruppo Coin ha deciso di quotare in borsa OVS. Al momento le pratiche sono ancora in attesa dell’approvazione dell’Antitrust e della CONSOB (l’agenzia che si occupa di vigilare sulla borsa) che dovrebbe arrivare entro ottobre: OVS dovrebbe entrare in borsa a novembre. Il Gruppo Coin metterà in vendita tra il 35 e il 40 per cento della società, conservando una quota di controllo. La società punta a ottenere dalla quotazione più di 250 milioni di euro.