Renzi: «Dambruoso dovrebbe dimettersi»

E sulla durata del governo Letta: «Basta con il quanto dura! È un governo, non un iPhone»

MILAN, ITALY - DECEMBER 15: PD Secretary Matteo Renzi speaks during the Italian Social Democratic Party PD National Assembly on December 15, 2013 in Milan, Italy. Matteo Renzi won the PD primary elections with 68% of votes, becoming the leader of the Party. (Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)
MILAN, ITALY - DECEMBER 15: PD Secretary Matteo Renzi speaks during the Italian Social Democratic Party PD National Assembly on December 15, 2013 in Milan, Italy. Matteo Renzi won the PD primary elections with 68% of votes, becoming the leader of the Party. (Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

Intervistato da Claudio Tito su Repubblica, Matteo Renzi commenta molti recenti fatti politici – la discussione sulla legge elettorale, la situazione economica del paese, i casini alla Camera e gli insulti a Laura Boldrini – e dice la sua sulla gomitata del deputato Stefano Dambruoso alla collega Loredana Lupo.

Sul bipolarismo:

Ma non teme che Berlusconi si rafforzi? Mette insieme tutti i centristi, riunisce un bel po` di listine e batte di nuovo il centrosinistra.
«Ma la nostra vittoria non dipende dal sistema di voto. Sarebbe il fallimento della politica se affidassimo il nostro successo alla legge elettorale e non alla qualità delle proposte e delle leadership. Vinci se affascini gli italiani con le tue idee, non se pensi di farti la legge su misura».

Sulle alleanze:

Prendiamo Sinistra e Libertà di Vendola. Perché dovrebbe allearsi con lei se sa di non arrivare al 4%?
«Dovranno fare uno sforzo per superare lo sbarramento. Sarebbe strano non muoversi in questa direzione. Di certo non è accettabile che chi prende una percentuale minimale poi faccia il bello e il cattivo tempo. Ricorda il 2006 e l’agonia del governo Prodi causato proprio dai partitini?».

Nel 2008 invece Veltroni ottenne un buon risultato di partito ma perse le elezioni inseguendo la vocazione maggioritaria.
«Se siamo credibili, prendiamo un voto più degli altri. Certo, se per farci paura basta uno starnuto di Casini, allora “Houston abbiamo un problema”. Siamo il Pd, noi. Dobbiamo dire qual è la nostra idea di società. Non basta più essere contro Berlusconi. Dobbiamo salvare l`Italia e cambiarla a 360 gradi. E allora discutiamo se si fanno investimenti per la scuola e per la pubblica amministrazione. Parliamo della società, dei meriti e dell`uguaglianza».

Su Grillo:

«Per la prima volta rincorre, è in difficoltà. Se la politica fa le cose che promette, lui si sgonfia come un palloncino».

Ora però c`è qualcosa di più, gli insulti, i libri bruciati, l`assalto alle istituzioni, la violenza. Non vede una strategia del caos, un disegno eversivo?
«Sono tutti atti tecnicamente squadristi. Alcuni di loro sono dei bravi ragazzi, ma quando scendono Grillo e Casaleggio la linea è chiara. Sperare nel fallimento e aizzare il caos. Adesso i teorici dello streaming e della trasparenza si sono ridotti a chiedere il voto segreto come un partitino da prima Repubblica. Dovevano rendere il palazzo una casa di vetro, ma scommettono sui franchi tiratori».

Nella prima Repubblica il presidente della Camera non avrebbe mai ricevuto quegli insulti.
«Che sono squallidi. Del resto quando il pregiudicato Grillo ha l`insensibilità di dire cosa fareste in macchina con la Boldrini… Detto questo il questore Dambruoso dovrebbe dimettersi, perché non bastano le scuse dopo quello che abbiamo visto. La presidente della Camera avrebbe potuto gestire meglio l`ultima settimana anche nelle calendarizzazioni. Ma questo non può giustificare la volgarità e lo squallore dei grillini».

Sui rapporti con gli altri partiti:

«L’altro giorno nella mia stanza è venuto il capogruppo di Italia Popolare, una persona perbene come Dellai. Con lui si è presentato un deputato del suo schieramento e mí ha detto: “Se volete il nostro accordo, a noi cosa date?”. Gli ho chiesto di uscire dalla stanza. Siamo al governo del Paese, non al mercato del bestiame. Io mi occupo di cose concrete, dei cantieri da aprire in mille scuole, della riforma di una pubblica amministrazione barocca, della necessità di non doversi rivolgere a un capo di gabinetto per sbloccare una pratica, degli investimenti stranieri su cui tutti devono riflettere».

Sul governo Letta:

E Letta fino a quando andrà avanti?
«Basta con il quanto dura! È un governo, non un iPhone. Questa legislatura può durare fino al 2018, ma deve affrontare con decisione i problemi veri».