Ancora scontri a Bangkok
Proseguono le grandi manifestazioni contro il governo thailandese e le elezioni anticipate previste per febbraio: i media locali parlano di un agente morto e 48 feriti
Tra mercoledì 25 e giovedì 26 dicembre ci sono stati violenti scontri tra polizia e manifestanti fuori da uno stadio di Bangkok, in Thailandia, dove si stava svolgendo la registrazione dei candidati nelle liste elettorali in vista delle elezioni politiche anticipate del prossimo 2 febbraio. Gli scontri sono iniziati quando alcuni manifestanti armati con fionde hanno iniziato a lanciare pietre contro gli agenti e hanno tentato di sfondare i cordoni formati dalla polizia fuori dall’edificio. Gli agenti, in tenuta antisommossa, hanno risposto lanciando gas lacrimogeni e sparando proiettili di gomma. Secondo un primo bilancio, un agente sarebbe rimasto ucciso e almeno 48 persone sono rimaste ferite. Giovedì il governo ha respinto le richieste di rimandare le elezioni, contro il parere della Commissione elettorale che si era espressa per un rinvio per motivi di sicurezza.
Le proteste di piazza contro il governo e il primo ministro Yingluck Shinawatra, del partito populista Pheu Thai, proseguono da settimane: lo scorso 9 dicembre, per cercare di risolvere la crisi politica, Yingluck Shinawatra aveva annunciato lo scioglimento del Parlamento e le elezioni anticipate. Il suo partito, il Pheu Thai, ha molti consensi nelle zone più povere e rurali della Thailandia ed è probabile che alle prossime elezioni ottenga la maggioranza, lasciando sostanzialmente invariata la situazione politica.
I manifestanti, sostenuti dal principale partito di opposizione – il Partito Democratico che ha deciso di boicottare le elezioni – non hanno accolto in modo favorevole questo compromesso e non hanno fermato le proteste: chiedono che sia rivisto il funzionamento dell’intero sistema democratico nel paese e che Yingluck e la sua famiglia lascino il paese. Chiedono inoltre di sostituire l’attuale governo politico con uno tecnico che duri almeno 18 mesi per affrontare il tema delle riforme. Dopo i violenti scontri delle ultime ore, la commissione elettorale della Thailandia ha esortato il governo a considerare il rinvio delle elezioni, parlando di mancanza di «pace» nel paese e del rischio troppo alto che vengano commesse violenze contro i candidati. «Noi non possiamo organizzare delle elezioni libere e giuste, in queste circostanze», ha dichiarato Prawit Rattanapien, membro della commissione elettorale. Una risposta da parte del governo non è ancora arrivata.
Il primo ministro Yingluck è accusato in particolare di avere presentato una legge sull’amnistia al solo scopo di fare assolvere il fratello ed ex capo di governo Thaksin Shinawatra, in esilio volontario, condannato in contumacia a due anni di carcere per appropriazione indebita. Yingluck ha vinto le elezioni nel 2011, ma è stata spesso accusata di essere controllata dal fratello. Thaksin Shinawatra è stato primo ministro dal 2000 al 2006, anno in cui ci fu un colpo di stato organizzato dai generali che si dichiaravano fedeli alla monarchia. I sostenitori di Thaksin organizzarono due mesi di proteste a Bangkok accusando il nuovo primo ministro, Abhisit Vejjajiva, di avere ottenuto il potere illegittimamente, grazie ai brogli e al sostegno dei militari. Nel paese ci fu una grave crisi politica che causò scontri con la morte di almeno 90 persone e centinaia di arresti.
Da allora in Thailandia ci sono periodicamente proteste contro il governo, che talvolta degenerano in scontri violenti come accaduto nel 2010 e nel 2012. Il paese è diviso tra le élite di Bangkok vicine alla monarchia e le popolazioni povere delle aree rurali e delle città del nord del paese rimaste fedeli a Thaksin. Queste si vestono spesso con camicie rosse, per distinguersi dagli oppositori che erano soliti fare le loro marce di protesta con vestiti gialli, e sono spesso accusate di tollerare gruppi di violenti interessati solo ad acquistare potere. Il movimento delle “camicie rosse” raccoglie al suo interno fasce molto diverse di thailandesi, dagli operai alla borghesia che vorrebbe aumentare il proprio potere e la propria rilevanza economica.