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  • Martedì 8 ottobre 2013

Google penalizzerà i siti “Mugshots”

Cioè quelli che pubblicano le foto segnaletiche diffuse dalla polizia, e poi chiedono soldi per rimuoverle (sono legali, ma molto criticati)

Google ha annunciato di avere cambiato l’algoritmo che determina l’ordine dei risultati delle sue ricerche per sfavorire i siti che negli Stati Uniti pubblicano foto segnaletiche, i cosiddetti siti “Mugshots” (in inglese “mugshots” significa “foto segnaletiche”). Il fenomeno, che è cresciuto molto negli ultimi tre anni, è oggetto di critiche, ma per il momento è perfettamente legale. Di recente diversi stati americani hanno cercato di approvare delle norme per limitare la diffusione dei siti Mugshots, accusati di danneggiare irrimediabilmente la reputazione di coloro che sono finiti nelle foto segnaletiche pubblicate online (tra cui anche quelli che non hanno subìto alcuna condanna). La decisione di Google, che avrà certamente conseguenze sul traffico online di questi siti, ha fatto parlare anche più in generale della capacità del motore di ricerca di scegliere cosa far vedere e cosa no agli utenti del web.

I siti Mugshots, i cui nomi sono, per esempio, Mugshots, BustedMugshots e JustMugshots, finiscono spesso nelle prime posizioni delle ricerche di Google: come ha raccontato un articolo del New York Times il 5 ottobre, può capitare che scrivendo sul motore di ricerca di Google il nome di una persona che ha subìto un arresto, i primi risultati siano proprio i siti contenenti la sua foto segnaletica. Il problema, continua il NYT, è che l’obiettivo di questi siti è quello di fare soldi: in pratica è possibile rimuovere la propria foto pagando una cifra che va dai 30 ai 400 dollari circa per sito (questo non impedisce ad altri siti di ripubblicarla).

Per molte persone la cui foto segnaletica finisce nei siti Mugshots, si tratta di una specie di estorsione. L’esistenza di una foto segnaletica non significa per forza una colpevolezza accertata (al massimo un arresto), ma crea inevitabilmente una serie di problemi legati alla reputazione, alla vita famigliare e lavorativa delle persone ritratte nelle foto.

I siti Mughsots sono perfettamente legali – le foto sono diffuse dalla stessa polizia – e si finanziano con i metodi di molti altri siti: pagamenti tramite carte di credito o Paypal. Sono online ormai da diversi anni, ma sembra che abbiano cominciato a trasformarsi in un business profittevole dal 2010, quando Craig Robert Wiggens, ex detenuto, fondò il sito florida.arrests.org. Il sito di Wiggens ha molte foto segnaletiche, divise anche per contea e per tag, con a fondo pagina una sezione delle foto “più popolari”. Oggi si stima che i siti Mugshots siano circa 80: i loro gestori, scrive il NYT, sono difficili da trovare, o almeno da raggiungere per telefono.

Alcuni stati americani recentemente hanno cercato di frenare o vietare il fenomeno. La scorsa estate il governatore dell’Oregon ha firmato una legge che costringe questi siti a eliminare gratuitamente entro 30 giorni le foto segnaletiche di coloro che possono provare che la loro pratica non ha portato ad alcuna condanna. La Georgia ha approvato una legge simile a marzo, mentre la legge dello Utah proibisce agli sceriffi della contea di diffondere le foto segnaletiche ai siti a cui potrebbe poi essere chiesto di eliminarle.

Approvare delle leggi efficaci che limitino effettivamente la diffusione dei siti Mugshots non è semplice, e le resistenze sono molte. Per esempio, scrive il NYT, tra i più agguerriti sostenitori della diffusione delle foto segnaletiche ci sono alcuni giornalisti, che sostengono che le foto segnaletiche debbano rimanere pubbliche (e tirano in ballo il primo emendamento). Il Reporters Committee for Freedom of the Press, organizzazione statunitense no profit che tra le altre cose fornisce assistenza legale ai giornalisti, è tra i più fermi sostenitori dei siti Mugshots. Mark Caramanica, membro del Comitato dal 2010, ha detto: «Nessuno dovrebbe andare in un tribunale per scoprire che l’allenatore di baseball della squadra del figlio è stato arrestato, o che la persona che si sta frequentando è stata arrestata. Il nostro obiettivo è mettere online queste informazioni, senza dover arrivare a questo punto».

Foto: alcune foto segnaletiche dal sito Florida.arrest.org