La crisi delle sigarette elettroniche

Nel 2013 l'intero settore ha avuto un forte calo e molti rivenditori stanno chiudendo: Leonard Berberi sul Corriere spiega perché

A person smokes an electronic cigarette on March 05, 2013 in Paris. AFP PHOTO / KENZO TRIBOUILLARD (Photo credit should read KENZO TRIBOUILLARD/AFP/Getty Images)
A person smokes an electronic cigarette on March 05, 2013 in Paris. AFP PHOTO / KENZO TRIBOUILLARD (Photo credit should read KENZO TRIBOUILLARD/AFP/Getty Images)

Da qualche mese il mercato delle sigarette elettroniche, che sembrava andare molto forte nel 2012, è in forte calo, spiega Leonard Berberi sul Corriere. Secondo l’Anafe (Associazione nazionale fumo elettronico) i rivenditori di molte città italiane stanno chiudendo a causa dell’aumento delle tasse su questo prodotto e di una pubblicità negativa. E per la seconda metà del 2013 ci si aspetta un ulteriore calo.

Dal boom allo «sboom». È già finita la «moda» delle sigarette elettroniche? A leggere le cifre, pare di sì. Giusto il tempo di introdurre nuovi termini come «e-cig» e «svapare». Di incuriosire per quel combinato di vapore acqueo, aromi, microprocessore, luce Led, batteria e nicotina. E di vedere immortalati tanti vip con in mano questo congegno elettronico: da Lindsay Lohan a Kate Moss, da Sean Penn a Jack Nicholson.

Poi è arrivata la tassa governativa che, in Italia, le equipara alle «bionde» normali. E, denunciano le organizzazioni di categoria, ci si è messa pure «una pubblicità negativa». Così i segni più, anche a tre cifre, sono precipitati verso il meno. Tanto da spingere l’Associazione nazionale fumo elettronico (Anafe) a parlare di «omicidio premeditato». Mentre il sindacato Confesercenti dei rivenditori e produttori di vaporizzatori elettrici dice che il settore è «sotto attacco da parte del Fisco». Settore che, in Italia, occupa più di cinquemila persone in oltre tremila punti vendita da Nord a Sud.

Se nel nostro Paese gli «svapatori» hanno raggiunto quota 1,5 milioni (il 15% sul totale dei fumatori), sono i dati sui rivenditori a sintetizzare un mercato che, da giugno registra soltanto segni meno. A Genova, per esempio, ha chiuso il 20-25 per cento dei negozi. A Torino si è passati dal +71,9 per cento del 2012 al -2,4. Se poi si vanno a vedere le catene di franchising, ecco il bilancio parziale dell’Anafe: -123 punti vendita in soli due mesi (maggio-giugno), -99 per cento nella richiesta di nuove aperture.

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