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  • Lunedì 2 settembre 2013

Le proteste in Messico

Migliaia di persone hanno manifestato di nuovo contro le riforme sulla scuola e l'energia volute dal presidente Peña Nieto: ci sono stati scontri e molti feriti

Masked protesters clash with riot police during a march in Mexico City, Sunday, Sept. 1, 2013. Teachers, anarchists and and other groups protesting against the proposed energy and education reforms are marching separately towards the national congress as Mexican president Enrique Pena Nieto sends his Interior Minister to congress to deliver the written version of his first State of the Nation and a day later, Pena Nieto will offer his State of the Nation address. (AP Photo/Eduardo Verdugo)
Masked protesters clash with riot police during a march in Mexico City, Sunday, Sept. 1, 2013. Teachers, anarchists and and other groups protesting against the proposed energy and education reforms are marching separately towards the national congress as Mexican president Enrique Pena Nieto sends his Interior Minister to congress to deliver the written version of his first State of the Nation and a day later, Pena Nieto will offer his State of the Nation address. (AP Photo/Eduardo Verdugo)

Domenica 1 settembre, migliaia di persone hanno protestato a Città del Messico contro le riforme sull’istruzione, sul petrolio e sull’elettricità promosse dal presidente Enrique Peña Nieto. Le manifestazioni proseguono da giorni: ieri, come sabato, ci sono stati anche violenti scontri con i circa 34 mila agenti schierati in tenuta antisommossa, decine di persone sono rimaste ferite e almeno 16 sono state arrestate: tra loro, anche alcuni giornalisti. I manifestanti, per lo più studenti e insegnanti, hanno sostenuto che le violenze sono il risultato di alcune infiltrazioni nel loro movimento e insistito sulla natura pacifica della loro protesta.

Il disegno di legge per la riforma del sistema educativo, in discussione in queste ore alla Camera, ha come obiettivo dichiarato quello di migliorare la qualità dell’istruzione messicana. Gli insegnanti, raggruppati nella CNTE (Coordinadora Nacional de Trabajadores de la Educación), sostengono invece che viola i loro diritti come lavoratori, e i movimenti studenteschi lo accusano di mettere a rischio la gratuità dell’educazione. La riforma, oltre a favorire il tempo pieno e a migliorare la qualità delle mense scolastiche, sottopone gli insegnanti a un sistema di valutazione costante che prevede la possibilità di licenziamento dei docenti non idonei e rende gli istituti più autonomi. Fa infatti esplicito riferimento all’istituzione di un Sistema di Informazione e Gestione e al rafforzamento dell’«autonomia gestionale delle scuole».

Le manifestazioni di questi ultimi giorni hanno coinvolto anche molti cittadini messicani – in gran parte attivisti dei partiti di opposizione al governo – contro la riforma presentata a metà agosto che prevede la privatizzazione del settore del petrolio e dell’elettricità. Il presidente del Messico ha infatti dichiarato la propria intenzione di mettere fine al monopolio statale sulla produzione di gas e petrolio: la compagnia petrolifera di Stato Pemex fu creata dopo l’esproprio pubblico delle risorse deciso il 18 marzo del 1938 dal generale Lázaro Cárdenas che si schierò a fianco dei lavoratori del petrolio nel conflitto che li contrapponeva ai loro datori di lavoro americani e britannici per l’aumento dei salari e maggiori diritti. Il 18 marzo, “El Dia de la Expropriacion Petrolera“, è per il Messico una specie di festa nazionale e il 77 per cento dei messicani si è dichiarato contrario alla privatizzazione. Il nuovo  progetto, nonostante preveda di mantenere la proprietà delle risorse del sottosuolo, il controllo e la regolamentazione delle attività di esplorazione, prevede infatti la possibilità di offrire contratti di sfruttamento delle riserve petrolifere alle compagnie internazionali.