Le architetture di Adalberto Libera

Che era nato oggi 110 anni fa, è raccontato in una bella mostra a Rovereto, e ha fatto una cosa che hanno visto tutti anche senza sapere che è sua

di Luca Molinari

1903-1963-2013; sono 110 anni dalla nascita e 50 dalla morte di Adalberto Libera, uno dei “maestri” ufficiali dell’architettura moderna italiana, e a cui il Mart di Rovereto sta dedicando una mostra a cura di Nicola di Battista.

Con una serie molto ristretta di architetture di Libera si può attraversare agilmente un frammento significativo della storia italiana e del paesaggio italiano partendo dai primi anni Trenta fino ad arrivare alle Olimpiadi di Roma del 1960.

Partendo dalle Scuole Elementari Raffaello Sanzio a Trento e dal palazzo delle Poste all’Aventino a Roma realizzati intorno al 1934 in cui Libera dimostra immediatamente un grande talento progettuale in cui controllo della qualità diffusa dello spazio, l’uso esperto delle materie e la tensione alla costruzione di un’architettura sinceramente moderna si combinano in maniera memorabile e potente.

Libera è di quella generazione “naturaliter fascista” che beneficerà fino alla guerra del legame strettissimo e dell’appoggio politico del Regime all’architettura moderna. Avanguardista della prima ora nel “Gruppo 7” , per primo, da Torino, Libera lanciò in Italia la necessità di un movimento razionalista nel nostro Paese e diventò uno degli architetti che progettarono le opere più notevoli e sintomatiche del fascismo: a partire dall’allestimento per la Mostra del Decennale della Rivoluzione fascista del 1932 fino al Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi all’E42 a Roma. Ma in questi stessi anni Libera – che era trentino – realizza quella che viene considerata il suo capolavoro, talmente unico da essere entrato anche nella conoscenza più pop per le sue raffigurazioni ripetute: la Villa Malaparte incagliata tra i faraglioni di Capri e i pini marittimi, sola davanti al Mediterraneo e dominata da una scalinata e da una terrazza che si lancia nel vuoto del mare e del cielo. Quella casa rossa, bassa, quasi nascosta tra le rocce ma impossibile da non vedere è diventata il simbolo di un mondo che stava terminando tragicamente e l’inizio di una fase nuova, attenta al paesaggio, alle sue curve e ai linguaggi della materia antica che ritroviamo tra Capri, Napoli e le sue città romane.

A partire dal dopoguerra Libera si divise nel lavoro tra Trento, dove costruì il bellissimo Palazzo della Regione alla fine degli anni Cinquanta, e Roma, a cui diede una serie di progetti residenziali a bassa densità come l’Unità di Abitazione orizzontale del Tuscolano del 1954, e il villaggio olimpico per il 1960, che ancora influenzano e creano suggerimenti su come potremmo immaginare case dignitose e a basso consumo di suolo per le nostre città.

Libera è uno di quegli autori che non si smetterebbe mai di scoprire e studiare, sofisticato e discreto ma insieme lucido nell’immaginare una modernità a misura d’uomo, che non schiacci con la sua arroganza, e che abbia la capacità lucida di costruire luoghi in cui è bello vivere o anche solo passarci davanti.

Luca Molinari è architetto e storico dell’architettura, oltre che blogger sul Post.

foto: elena_mch/Flickr