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  • Domenica 23 giugno 2013

Il “caso Bobbitt”

La storia del processo alla donna che tagliò il pene al marito e di come entrò nella cultura popolare

John Bobbitt points during testimony in the sixth day of Lorena Bobbitt's sexual abuse trial against him at the Prince William Courthouse in Manassas, Va., Wednesday, Jan. 19, 1994. (AP Photo/Scott Applewhite)
John Bobbitt points during testimony in the sixth day of Lorena Bobbitt's sexual abuse trial against him at the Prince William Courthouse in Manassas, Va., Wednesday, Jan. 19, 1994. (AP Photo/Scott Applewhite)

La notte del 23 giugno del 1993, Lorena Gallo Bobbitt, 23 anni – originaria dell’Ecuador che viveva a Manassas in Virginia, negli Stati Uniti – tagliò il pene di suo marito John Bobbitt con un coltello. Fu un caso di cronaca che stette sulle prime pagine dei giornali a lungo, tornandoci fino alla conclusione del processo nel 1994. Lorena venne assolta perché, secondo la giuria, le violenze fisiche e psicologiche del marito l’avevano portata ad uno stato in cui non era temporaneamente più in grado di intendere e di volere. In quell’anno la storia divenne “il caso Bobbitt”, generando su due diversi piani un dibattito sulla reazione delle donne alle violenze familiari e un precedente boccaccesco per battute e aneddoti: ma alla fine prevalse soprattutto il secondo.

Il caso cominciò sulle prime pagine dei giornali locali della Virginia, ma già dopo poche settimane, quando vennero diffusi i primi dettagli delle udienze in tribunale, la grande stampa americana e internazionale cominciò a interessarsene. Il pubblicò si appassionò in fretta ai dettagli della vicenda: John Wayne Bobbitt era un ex marine che lavorava come buttafuori in un locale di spogliarelli, Lorena Bobbitt raccontò che il marito l’aveva torturata con tecniche «militari».

In uno dei primi interrogatori con la polizia Lorena Bobbitt – che aveva chiamato la polizia subito dopo – raccontò che poco prima dell’incidente era stata violentata dal marito: un’accusa che un processo non ritenne credibile. Dopo aver tagliato il pene del marito, Lorena salì in macchina e guidò per alcuni minuti. Gettò il pene amputato dal finestrino e infine chiamò la polizia. Dopo diverse ore di ricerca il pene venne ritrovato in un campo e messo nel ghiaccio. I medici riuscirono a riattaccarlo a John dopo un’operazione durata nove ore e mezza.

Ad attirare l’attenzione dei media di tutto il mondo contribuì anche il racconto che numerosi testimoni fecero delle violenze psicologiche che John Bobbitt aveva inflitto a sua moglie. Molte associazioni femministe si schierarono in difesa di Lorena Bobbitt. Il dettaglio dello stupro subito da Lorena da parte del marito contribuì al dibattito sullo spousal rape, cioè lo stupro della moglie da parte del marito che in alcuni stati americani non era un reato. Nel luglio del 1993 il North Carolina fu l’ultimo stato a rimuovere l’eccezione che permetteva ai mariti di non essere perseguiti, ma in molti stati, compresa la Virginia, lo spousal rape era considerato un reato più lieve dello stupro.

Il lavoro degli attivisti e di coloro che cercarono di utilizzare il caso per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle violenze domestiche non fu facile. Il dettaglio del pene tagliato sembrava fatto apposta per deviare il tipo di attenzione sul processo. In poche settimane le televisioni cominciarono a concentrarsi sui dettagli più “scabrosi” o frivoli del processo, come ad esempio gli spettatori che attendevano l’inizio delle udienze indossando magliette con il titolo della canzone Love Hurts (l’amore fa male). Il termine “to bobbitize” (Bobbittizzare) entrò nell’uso come sinonimo di evirare.

John Bobbitt contribuì a sua volta a creare un clima farsesco intorno al processo, cercando di sfruttare l’incidente in ogni modo per farsi pubblicità. Durante il processo girò un film porno, Uncut (“senza tagli”, ma anche “non tagliato”) che raccontava in maniera parodistica la sua storia. Il film uscì poco dopo il processo. Negli anni successivi girò altri due film per adulti. Prima ancora di darsi al porno aveva tentato – sempre durante il processo – la carriera musicale, fondando i Severed Parts (“le parti amputate”), un gruppo che non ebbe molto successo. Negli anni successivi tentò anche la carriera del cabarettista, assumendo un autore comico che gli scrisse battute come: «Il conto del mio medico e del mio avvocato è sopra i 750 mila dollari. Non per vantarmi, ma sono 95 mila dollari ogni tre centimetri».

Lorena Bobbitt venne assolta perché giudicata incapace nel momento dell’aggressione. Venne assolto in un diverso processo anche John Bobbitt, dall’accusa di violenza sessuale. Divorziarono nel 1995. Lorena Bobbitt – che ora ha un nuovo compagno e una figlia – dopo il processo non comparve molto in pubblico. Soltanto negli ultimi anni ha fatto alcune apparizioni in televisione – le ultime nel 2009, al programma di Oprah Winfrey, e in un’altra occasione assieme al suo ex marito, che le chiese scusa mentre lei raccontava di ricevere ogni anno le sue lettere per San Valentino.